Anemia imprenditoriale per la Fiera di Bologna

In Italia è un tabù la sola domanda – figuriamoci l’analisi! – sull’imprenditorialità delle nostre fiere e dei nostri aeroporti. La Fiera di Bologna è malata. La cura? “Una bella dose di management”, dice il Presidente di Unindustria. E se il male fosse, invece, una grave anemia d’imprenditorialità? Ma guai, a Bologna, chiedersi chi sia […]

In Italia è un tabù la sola domanda – figuriamoci l’analisi! – sull’imprenditorialità delle nostre fiere e dei nostri aeroporti.

La Fiera di Bologna è malata. La cura? “Una bella dose di management”, dice il Presidente di Unindustria. E se il male fosse, invece, una grave anemia d’imprenditorialità? Ma guai, a Bologna, chiedersi chi sia mai l’imprenditore dell’impresa fieristica. E lo stesso vale per il suo scalo aeroportuale. “Dietro ogni impresa di successo c’è qualcuno che ha preso una decisione coraggiosa”, diceva Peter Drucker, il guru del management.

Poiché le decisioni audaci che anticipano il successo sono prese dagli imprenditori, la Fiera non può fare a meno di una forte leadership imprenditoriale. Ed è proprio l’assenza di una marcata impronta imprenditoriale il tallone d’Achille dell’ente fieristico bolognese.

Quel tallone era stato identificato dall’ex Sindaco Cofferati nel 2007 e da Bruno Filetti, ex Presidente della Camera di Commercio, nel 2010, con una governance inadeguata alle prospettive di crescita della Fiera, “vero motore economico della città e del territorio” – diceva allora Filetti.

In quegli stessi anni l’ideatore del Motor Show, Alfredo Cazzola, vedeva la Fiera zoppicare a causa degli storici soci privati che “vivono di rendita grazie alla status quo“: come dire che sono le idee nuove anziché le vecchie a far paura. Dal 2008, gli anni terribili della Grande Recessione hanno provocato altro dolore al punto debole della Fiera. La quale oggi si trova a contrastare la forza di gravità esercitata dalla Fiera di Milano, la sola italiana tra le prime 10 fiere in Europa e in alto nella graduatoria mondiale per metri quadri di esposizione, con Bologna molto distanziata.

Una guida imprenditoriale troverebbe il bandolo della matassa tra quattro modelli di confronto con Milano: negoziazione, collaborazione, competizione (come vorrebbero i milanesi) e gerarchia (con la locomotiva di Milano a trainare il vagone bolognese).

È zoppo il dibattito sulla necessità di irrobustire il management, affiancando al presidente un amministratore delegato con ampi poteri. Se a trainare l’ente fieristico provvedesse un imprenditore, il management potrebbe guardare lontano. Intanto non cessa il vento di bora che ha già soffiato contro il Motor Show e portato via da Bologna l’esposizione di Lineapelle, oggi alla Fiera di Milano.

E mentre il vento spira forte, il consiglio di amministrazione della Fiera felsinea non fa che alzare barriere antivento, anziché costruire un mulino a vento per generare energia imprenditoriale. Troppo presi gli azionisti dalla controversia sul mix più conveniente tra soci pubblici e privati per occuparsi dell’impronta imprenditoriale.

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