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Alfonso d'Ambrosio - Informazione senza filtro

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Informazione senza filtro


<p>Sono numeri non da poco conto, che vanno via via aumentando, quelli dei <strong>medici ospedalieri e non</strong>, vittime del <strong>burnout</strong> causato <strong>dallo stress pandemico</strong>: <strong>circa 15.000</strong>. Un esercito di camici bianchi reduci da una guerra invisibile e non ancora del tutto finita. Medici che già dalla prima fase emergenziale, sono stati chiamati in prima linea per fronteggiare qualcosa di sconosciuto e spaventoso.</p>



<p>Li hanno chiamati <strong>eroi</strong>, non considerando che dentro quelle tute bianche, dove anche andare in bagno diventava&nbsp;difficoltoso, nascoste da visiere in plexiglass e&nbsp;mascherine protettive, c’erano e continuano a esserci persone. Esseri umani che per onorare il giuramento di Ippocrate si sono sottoposti a turni massacranti per gestire una situazione che fin dall’inizio ha dimostrato la sua difficoltà. Hanno vissuto la paura del contagio, quella di infettare i propri cari. Hanno visto colleghi ammalarsi e altri purtroppo morire, ma non hanno mai fatto un passo indietro.</p>



<p><strong>Ma tutto questo a che prezzo?</strong> Durante questi due anni e mezzo in cui il virus da&nbsp;<strong>SarS-CoV2</strong>&nbsp;ha tenuto stretto ogni angolo del pianeta nella sua morsa di angoscia e paura, un enorme numero di operatori sanitari è stato travolto da questo fenomeno, tanto da farlo diventare un problema che ha spinto più di un medico o infermiere a chiedere aiuto, e nei casi più insostenibili a licenziarsi. Il COVID-19 però è stato solo la punta di un iceberg pronto all’impatto.</p>



<p>La pandemia ha slatentizzato tutta una serie di problematiche che il sistema sanitario attraversa da tempo. Criticità come la <strong>carenza di personale</strong>, che durante l’emergenza sanitaria ad esempio ha spinto il personale medico a turnazioni estenuanti; la <strong>mancanza di dispositivi medici</strong> – uno dei problemi maggiori, all’inizio del coronavirus, è stato quello di trovare un numero di mascherine sufficiente a permettere a chi lavorava negli ospedali di farlo in sicurezza; i <strong>continui tagli</strong> a un sistema già di per sé precario. Queste problematiche sono tutte venute alla luce, mettendo sotto pressione un sistema che per logica dovrebbe essere salvaguardato in ogni sua forma, trattando la salute dell’essere umano. </p>



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<h2 id="h-io-medico-in-burnout-lascio-la-professione-per-lavorare-nell-azienda-di-famiglia">“Io, medico in burnout, lascio la professione per lavorare nell’azienda di famiglia”</h2>



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<p>“Il COVID-19 è stata un’emergenza senza precedenti. Ci ha colto impreparati e come medici abbiamo provato a gestirla al massimo delle nostre forze psicofisiche e delle competenze scientifiche”.</p>



<p>Inizia così il racconto di&nbsp;<strong>M.</strong><strong>,</strong><strong>&nbsp;</strong><strong>medico pediatra</strong> – preferisce mantenere l’anonimato&nbsp;– che dopo 26 anni di onorata carriera in un importante ospedale ha preso in seria considerazione di smettere di indossare il camice bianco e cambiare del tutto vita.&nbsp;</p>



<p>“Per me, ma non solo, la pandemia è stata un momento storico dove sia a livello professionale – pur non lavorando in emergenza, come ad esempio gli anestesisti o tutti coloro che lavoravano nel Pronto Soccorso mi sono vista stravolta il lavoro dal punto di vista organizzativo – sia a livello personale. Un giro di boa che, passata la tempesta, mi ha fatto fermare e riflettere. Quello che mi ha portato rendere questa idea una scelta concreta è stato il <strong>post</strong> coronavirus. Mi sono trovata a essere stanca, svuotata, priva di entusiasmo verso qualcosa – la mia professione – che ho sempre amato molto, a cui ho dedicato tutta la mia persona da quando ho iniziato a lavorare.” </p>



<p>“Durante il COVID-19 si è lavorato in una condizione complicata, dove la carenza di personale e la mancanza di dispositivi medici hanno aggravato il nostro lavoro, rendendo tutto difficile da gestire. C’è da dire una cosa però, che mi piacerebbe sottolineare: <strong>noi, come personale sanitario, siamo arrivati a gestire questa emergenza già in affanno</strong>. Il COVID-19 ha solo scoperchiato il vaso di Pandora che cercava di tener chiusi i problemi che la sanità attraversa da tempo. Una situazione già precaria, e il virus ha portato alla luce una serie di difficoltà preesistenti. Queste situazioni si sono connesse allo stress a cui siamo stati sottoposti, la paura di infettarci o tornare a casa e contagiare i nostri cari, pazienti che sono morti, medici che sono morti (non dimentichiamoci che le stime parlano di oltre 300 medici colpiti dal virus che purtroppo non ce l’hanno fatta): impossibile non soffrire di burnout.”</p>



<p>“Ho sempre dato il massimo. Sono arrivata a non farcela più. Non avevo orari, una vita sociale sacrificata insieme a quella famigliare; questo però anche prima dello scoppio della pandemia. Una situazione che mi ha portato ad avere un malessere interiore molto forte. <strong>Da qui ho detto basta</strong>. La mia fortuna è quella di avere un’azienda a conduzione famigliare, così da poter cambiare del tutto vita. Certo non è facile, ma ho preferito scegliere cosa davvero sentissi nel cuore”.</p>



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<h2 id="h-il-paziente-in-quanto-persona-non-esiste-piu-ma-non-e-colpa-del-covid-19">“Il paziente in quanto persona non esiste più”. Ma non è colpa del COVID-19</h2>



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<p>Diversa per scelta ma non dissimile nella sostanza è la storia di<strong>&nbsp;A.,&nbsp;</strong><strong>medico</strong> <strong>in trincea&nbsp;</strong>durante l’emergenza COVID-19 perché nella sua specializzazione, <strong>pneumologia</strong>, ha dovuto affrontare il maremoto pandemico in prima linea. Medico ospedaliero in una grande struttura, ha toccato con mano che cosa è stata la potenza deflagrante di questa emergenza sanitaria sotto il punto di vista più importante: quello della malattia.&nbsp;</p>



<p><strong>“</strong>Parto dal presupposto che <strong>noi medici</strong>, insieme con il personale sanitario tutto, <strong>siamo stati e continuiamo a essere soggetti a burnout</strong>. Credo sia pressoché impossibile ad oggi trovare, nell’agosto 2022, un collega o un operatore della sanità che non abbia delle difficoltà oggettive nella propria vita lavorativa che poi si riflettono nella vita personale. C’è da dire, però che <strong>il COVID-19 non ha peggiorato la nostra attività lavorativa</strong>; ha portato a galla tutta una serie di problematiche preesistenti, perché le fondamenta del sistema sanitario erano e sono assolutamente fragili.”</p>



<p>Di fatto un medico o operatore sanitario colpito dalla sindrome di burnout vive una costante tensione nel riuscire a tenere in piedi un precario equilibrio psicofisico, <strong>a discapito anche del rapporto medico/paziente</strong>. E questo A. lo sa bene, tanto da specificare come “negli anni, nella sanità, i ritmi, le carenze croniche di personale, la scarsità di materiali, hanno creato un paradosso: <strong>il paziente in quanto persona non esiste più</strong>. Esistono dei numeri, esistono delle faccende da fare; tutto questo ha disumanizzato la professione per cause esogene”. </p>



<p>“Con quello che è accaduto in questi due anni, queste precarietà, aggiunte allo Tsunami che ci ha investito, hanno aggravato la nostra condizione. Personalmente ne ho risentito sia a livello psicofisico che a livello famigliare. <strong>Tutta la vita si è incentrata sul lavoro</strong>. Tornavo a casa a orari impensabili – quando tornavo. Le notti in ospedale trascorrevano tra il continuo studio per cercare di conoscere questo virus e gestire le continue emergenze che arrivavano in Pronto Soccorso. Nel 2020, prima fase coronavirus, mediamente riuscivo a <strong>dormire due, massimo tre ore a notte</strong>. Una situazione al limite del dramma.” </p>



<p>“Tra medici, sparsi su tutto il territorio, le notizie nei gruppi delle chat erano avvilenti: persone che morivano di ora in ora. In tutto questo marasma, dove il tempo si è letteralmente congelato, ho sentito un enorme sovraccarico di tensione. Non ne ha risentito solo la parte mentale ed emotiva: ho iniziato ad avere dei veri e propri <strong>problemi di salute fisica</strong>. Problemi che mi porto dietro ancora adesso, e come medico so esser <strong>nati dallo stress lavorativo</strong> che ho vissuto in questi due anni e mezzo, adesso quasi tre. Aggiungo però che, seppur ne pago le conseguenze, questa situazione mi ha portato ad amare ancora di più quel giuramento che feci come medico”.</p>



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<h2 id="h-burnout-dei-medici-la-psicoterapeuta-manca-stress-emotivo-e-fisico-non-se-ne-esce-in-maniera-fulminea">Burnout dei medici, la psicoterapeuta Manca: “Stress emotivo e fisico, non se ne esce in maniera fulminea”</h2>



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<p><strong>Che cos’è il burnout</strong>, questa sindrome che letteralmente significa “esaurito”, lo abbiamo chiesto alla dottoressa <strong>Maura Manca</strong>, psicoterapeuta, presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza. </p>



<p>“Il burnout è una <strong>sindrome </strong>definita anche <strong>stress lavoro correlato</strong>. Se analizziamo la parola, vuol dire esaurire le risorse psichiche e fisiche. Quindi è un discorso legato sia a sintomi psicologici che fisici”, sottolinea la dottoressa Manca. “Quindi una risposta del nostro corpo, di stress emotivo e fisico: ciò significa che devono esserci queste due componenti in maniera persistente. <strong>Ansia</strong>, <strong>depressione</strong>, <strong>disturbi del sonno</strong>, <strong>stanchezza cronica</strong>, sono tutte patologie che possono insorgere se si è colpiti da burnout”.</p>



<p>Un disagio del corpo che, essendo sempre in uno stato di attivazione, rilascia <strong>cortisolo</strong>, ormone legato allo stress, in una quantità così eccessiva da farlo andare in sofferenza. Una situazione che schiaccia tutto il motore della macchina umana, facendo perdere la capacità di ricorrere alle proprie risorse interiori, non avendo da dove attingere. <strong>Come se ne può uscire?&nbsp;</strong><strong></strong></p>



<p>“Quando si arriva a questo stato, significa starci in maniera persistente. <strong>Purtroppo non se ne esce in maniera fulminea</strong>”, continua la psicoterapeuta. “Bisogna innanzitutto rendersene conto: ci si arriva pian piano, e quando ci si accorge del troppo affaticamento psicofisico, è in quel caso che bisogna intervenire. Per prima cosa è importante <strong>cambiare atteggiamento nei confronti di quello che genera burnout</strong>, cercando di capire cosa iniziare a <strong>togliere</strong>. Essendosi creato un forte sbilanciamento, è necessario riprendere il contatto con la parte più profonda del proprio sé, anche con il supporto di terapeuti e famigliari, e poi spezzare il problema come piccoli pezzi di un puzzle e iniziare ad agire per fasi. Un problema visto nella sua interezza spaventa, suddiviso in microaree permette il procedere verso la soluzione per tappe”. </p>



<p>È<strong> </strong>importante che, <strong>all’interno delle strutture sanitarie</strong>, ci siano <strong>luoghi appositi</strong>, dedicati all’<strong>ascolto</strong> e all’<strong>accoglienza psicologica </strong>degli operatori sanitari, così da garantire un supporto a tutte quelle figure che si prodigano per l’altro. Figure che, nel comparto della società, rappresentano una colonna portante.</p>



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<hr class="wp-block-separator has-text-color has-black-color has-css-opacity has-black-background-color has-background is-style-wide" />



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<p><em>Photo credits: stateofmind.it</em></p>


Ci siamo bruciati i medici: 15.000 i sanitari in burnout


<p><strong>Quanto costa l’estate dei genitori?</strong> Siamo l’unico Paese in cui la scuola è chiusa per più di tre mesi all’anno consecutivi (quest’anno dal 6 giugno al 15 settembre), quindi ci siamo chiesti come si organizzano i genitori italiani di diverse Regioni e come cambiano i prezzi di centri estivi, campi estivi e centri sportivi. Le differenze di costi e di offerta sono evidenti da Nord a Sud, ma anche da città a provincia. Ma l’estate dei genitori è sempre cara.</p>



<p>Anzi facendo un paragone con l’estero possiamo dire che è <strong>molto cara</strong>, non soltanto perché è più lunga che in altri Paesi, ma anche perché negli altri Paesi i centri estivi costano meno in proporzione al reddito. Certo, presentando l’ISEE si ottengono dei rimborsi, ma non per tutti i centri: solo per quelli convenzionati con il Comune. Altro tasto dolente tutto italiano è il <strong>mese di</strong> <strong>agosto</strong>. Inutile dire che l’<strong>offerta</strong> di centri estivi è <strong>risicatissima</strong>. O hai i nonni a disposizione o sei costretto a prendere le solite ferie comandate delle due/tre settimane a cavallo di Ferragosto.</p>



<p>Le testimonianze raccolte partono da Genova e arrivano a Lecce.</p>



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<figure class="wp-block-image size-large"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/07/Quanto-costa-lestate-dei-ragazzi-1.png"><img width="768" height="1000" data-id="51630" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/07/Quanto-costa-lestate-dei-ragazzi-1.png" alt="Dati dei centri estivi da Genova a Lecce: costi e rimborsi." class="wp-image-51630" /></a></figure>



<figure class="wp-block-image size-large"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/07/Quanto-costa-lestate-dei-ragazzi-2.png"><img width="768" height="1000" data-id="51631" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/07/Quanto-costa-lestate-dei-ragazzi-2.png" alt="Dati dei centri estivi da Genova a Lecce: costi e rimborsi." class="wp-image-51631" /></a></figure>
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<h2 id="h-genova-centri-estivi-fino-a-250-euro-a-settimana-ma-con-rimborsi-per-isee-fino-a-50-000-euro">Genova, centri estivi fino a 250 euro a settimana, ma con rimborsi per ISEE fino a 50.000 euro</h2>



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<p>A parlare è <strong>Rina</strong>, pensionata e volontaria nel campo estivo di Monte Leco, sulle alture di <strong>Genova</strong>.</p>



<p>“A giugno nel nostro territorio si trovano facilmente <strong>centri estivi</strong> che tengono i bambini dalle 8.00 del mattino fino alle 17.00. Molti offrono il servizio mensa, altri ti fanno scegliere se portare il pranzo da casa. La media dei prezzi dove non ci sono attività particolari (si fanno passeggiate, lavoretti e giochi) è sui <strong>135 euro a settimana</strong> (da 120 a 150 euro), ma quelli che organizzano attività sportive o che hanno la piscina sono molto più cari, possono arrivare anche a <strong>250 euro a settimana</strong>. I centri che fanno tennis o calcio, ad esempio, hanno un prezzo che supera sempre i 200 euro a settimana. Molto più economici sono i centri parrocchiali, ho un nipote che ha frequentato quello del suo quartiere e pagava 40 euro a settimana con i pranzi compresi.”</p>



<p>“Invece il <strong>campo estivo</strong> (diverso dal centro estivo perché comprende il pernotto) in cui faccio la volontaria dura una settimana, da domenica a domenica, e costa <strong>195 euro</strong>. La tariffa comprende vitto e alloggio, i genitori consegnano i ragazzi la domenica e li vanno a riprendere la domenica successiva. È una soluzione molto comoda, perché somiglia molto a una vacanza, ma questi campi non ci sono per tutta l’estate, riusciamo a organizzarli solo nel mese di luglio, mentre ad agosto sul nostro territorio non si trova quasi nulla. L’altra mia nipote la tengo praticamente tutto il mese di agosto perché i suoi genitori lavorano. Per fortuna abbiamo il mare e anche se stiamo in città riusciamo a cavarcela”.</p>



<p><strong>A Genova il Comune prevede dei</strong> <strong>rimborsi sotto forma di voucher </strong>abbastanza sostanziosi per le famiglie residenti o domiciliate in Liguria. Per i bambini e i ragazzi da 6 a 17 anni l’importo del voucher arriva a 70 euro per ogni settimana di frequenza, e con <strong>un’ISEE non superiore a 50.000 euro</strong>, che è un importo piuttosto alto; questo significa che quasi tutte le famiglie che mandano i figli in un centro estivo convenzionato riescono ad avere accesso ai voucher.</p>



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<h2 id="h-bologna-posti-risicati-e-agosto-scoperto-servono-piu-strutture-e-prezzi-piu-accessibili">Bologna, posti risicati e agosto scoperto: “Servono più strutture e prezzi più accessibili”</h2>



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<p>A giugno <strong>Lucia</strong>, infermiera di <strong>Bologna</strong>, ha mandato suo figlio di sette anni all’Estate Ragazzi, il <strong>centro estivo organizzato dalla parrocchia</strong> del suo quartiere. Questi centri raccolgono molti bambini, quest’anno gli iscritti erano quasi 120 e il costo di tre settimane (dalle 8.00 alle 17.00) con i pasti compresi è stato di circa 190 euro (poco più di <strong>60 euro a settimana</strong>).</p>



<p>“Il prezzo è contenuto – spiega Lucia – perché <strong>i bambini vengono gestiti da</strong> <strong>volontari</strong> che hanno tra i 15 e i 18 anni, <strong>non ci sono educatori professionisti e non si pratica sport </strong>come invece succede in altri contesti. Purtroppo l’Estate Ragazzi copre solo tre settimane nel mese di giugno, e nel mese di luglio per mandarlo in un altro centro estivo ho pagato <strong>136 euro a settimana </strong>dalle 8.30 alle 16.30, quindi in totale 544 euro con i pasti compresi. Il costo aumenta di 25 euro a settimana (quindi 100 euro al mese) se si richiede l’orario prolungato dopo le 16.30. So che per quest’ultimo sono <strong>previsti dei rimborsi comunali</strong>, ma io non ho ancora presentato l’ISEE, quindi non so di preciso quanto mi verrà rimborsato.”</p>



<p>In realtà i rimborsi sono abbastanza sostanziosi, ma a differenza del caso di Genova è più difficile accedervi perché l’ISEE prevista per avere i rimborsi è molto più bassa. Tutti i nuclei familiari con <strong>ISEE fino a 28.000 euro</strong> e figli da 3 a 13 anni che frequenteranno i centri estivi convenzionati con il Comune di Bologna avranno uno sconto sulla retta di frequenza fino a 112 euro settimanali, per un massimo di 336 euro, per ogni figlio. Praticamente il Comune di Bologna rimborsa 3 settimane di centro estivo, ma le settimane di chiusura della scuola sono esattamente 14.</p>



<p>“E infatti – prosegue Lucia – <strong>il problema principale per me è agosto</strong>. Per le prime tre settimane sono in ferie, ma il 22 rientro al lavoro e non ho trovato nessun centro estivo per mio figlio se non a moltissimi km da casa. Quindi sono costretta a lasciare Francesco dai miei genitori in Puglia, del resto la scuola ricomincia il 15 settembre, non ho altre soluzioni. A settembre alcuni centri ripartono, ma <strong>per l’ultima settimana di agosto se non avessi i nonni sarei del tutto scoperta</strong>, oppure sarei costretta a prendere le ferie scaglionate rispetto a quelle di mio marito. <strong>Servono più strutture e prezzi più accessibili</strong>. Vero ci sono i rimborsi, ma non sono per tutti. Non tutti, per esempio, riescono a presentare l’ISEE nei tempi giusti. Inoltre il Comune dovrebbe aumentare l’offerta perché quest’anno c’è stata una vera e propria corsa alle iscrizioni: noi mamme avevamo l’ansia che non prendessero i bambini per questioni di posti disponibili e numeri chiusi”.</p>



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<figure class="aligncenter size-large"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/07/IMG_20220718_181346-scaled.jpg"><img width="1024" height="683" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/07/IMG_20220718_181346-1024x683.jpg" alt="" class="wp-image-51628" /></a></figure></div>


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<h2 id="h-centri-estivi-in-romagna-da-rimini-alla-provincia-la-situazione-cambia">Centri estivi in Romagna, da Rimini alla provincia la situazione cambia</h2>



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<p>Parla<strong> Bruno</strong>, papà di<strong> Sant’Agata Feltria</strong>, paese di 2.000 abitanti sulle colline del Montefeltro, in provincia di<strong> Rimini</strong>.</p>



<p>“Mia figlia fa tutto il mese di luglio al centro estivo del nostro Paese, che è gestito da un’associazione. Il centro era aperto anche a giugno e continua fino alla prima settimana di agosto, ma io non ho iscritto la bambina perché in quel periodo sono in ferie. Il prezzo del centro è <strong>80 euro a settimana</strong> esclusi i pasti e l’ingresso in piscina (5 euro). Però facendo tutto il mese ho usufruito dell’offerta e ho speso 250 euro per 4 settimane (62 euro a settimana), e in piscina pago le entrate singole. L’orario è molto comodo perché posso portare la bambina alle 7.30 del mattino e andare a prenderla alle 18.00, quindi copre tutta la mia giornata lavorativa e non devo pagare nessun supplemento pre e post centro estivo. Volendo il centro prevede anche una soluzione part time, solo al mattino o solo al pomeriggio, e quindi copre diverse esigenze dei genitori del Paese. L’anno scorso il centro chiudeva a luglio e ad agosto c’era la possibilità di mandare i bambini in un agriturismo qui in zona. Ora la ragazza che lo gestisce ha avuto un figlio e non può ospitare i nostri bambini, ma le ragazze del centro estivo si sono organizzate per non lasciarci scoperti”.</p>



<p>Il centro estivo di Sant’Agata Feltria però <strong>non è convenzionato con il Comune</strong>, e quindi non si può chiedere il rimborso con l’ISEE. Però Bruno lavora in un’azienda del territorio e con il welfare aziendale ha la possibilità di avere il rimborso.</p>



<p>Passando dalla provincia alla <strong>città di Rimini</strong> la situazione cambia, e qui è possibile frequentare centri estivi anche ad agosto. Evidentemente in Romagna molti genitori in quel periodo lavorano e l’offerta si è adattata. La retta complessiva dei centri estivi comunali è pari a 452 euro per i mesi di luglio e agosto (quindi <strong>56 euro a settimana</strong>). La <strong>soglia ISEE</strong> è come quella di Bologna, <strong>28.000 euro</strong> per accedere ai contributi, 112 euro a settimana, con un contributo massimo di 336 euro a bambino.</p>



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<h2 id="h-puglia-i-centri-estivi-costano-e-durano-meno-la-rete-famigliare-e-piu-forte">Puglia, i centri estivi costano (e durano) meno: la rete famigliare è più forte</h2>



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<p><strong>Luigi</strong>, papà di Bologna, ha mandato suo figlio dai nonni in Puglia, precisamente a<strong> Trepuzzi</strong>, paese di 15.000 abitanti in provincia di<strong> Lecce</strong>.</p>



<p>“Samuele è <strong>dai nonni in Puglia</strong> da quando è finita la scuola e ha frequentato il centro estivo del nostro paese a Trepuzzi. <strong>Lì non c’è tanta offerta</strong> perché il contesto del Sud è molto diverso da quello bolognese. I centri estivi sono pochi, ma anche perché <strong>la richiesta è minore</strong>. Del resto al Sud c’è ancora una rete famigliare e parentale molto forte, e spesso i bambini riescono a stare a casa coi nonni o con la mamma. Il lavoro sta crescendo anche in Puglia, ma non ancora tutte le famiglie hanno sia il papà che la mamma che lavorano. Infatti, il centro estivo che ha frequentato Samuele non dura neanche tutto il giorno, ma è una sorta di <strong>part time</strong>: i bambini si possono portare dalle 8 alle 9 del mattino e si vanno a prendere alle 13.00 prima di pranzo. <strong>Il costo della settimana è di 35 euro</strong>”.</p>



<p>Un prezzo sicuramente più basso e più accessibile, che agevola i genitori. Tanto che Luigi non ha neanche pensato di chiedere se è convenzionato con il Comune e se è previsto un rimborso con l’ISEE. Comunque, nel Comune di Lecce l’entità del contributo è pari a un massimo di 50 euro a settimana, fino a un massimo di 4 settimane con soglia limite di 200 euro. Il <strong>valore dell’ISEE</strong> che permette di accedere al contributo è però decisamente più basso che in altre Regioni, perché è di <strong>15.000 euro</strong>. E anche qui ad agosto non c’è nulla. Luigi e sua moglie hanno le ferie in quel periodo, quindi torneranno a prendere Samuele, che poi farà le ultime due settimane prima dell’inizio della scuola al centro estivo della piscina di Borgo Panigale, a Bologna, al costo di 120 euro a settimana.</p>



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<h2 id="h-cosa-succede-all-estero-l-esperienza-del-belgio">Cosa succede all’estero? L’esperienza del Belgio</h2>



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<p>L’ultima testimonianza è di <strong>Sara</strong>, mamma di due figli a<strong> Bruxelles</strong>.</p>



<p>“In <strong>Belgio</strong> il sistema sta cambiando; dal 28 agosto i miei figli andranno <strong>a scuola per 8 settimane</strong> e poi faranno <strong>due settimane di pausa</strong>. Sarà così <strong>per tutto l’anno, per tutte le scuole</strong> dalla materna al liceo. <strong>I centri</strong> che accolgono i ragazzi in quel periodo <strong>qui si chiamano stage</strong>, e possono essere frequentati da bambini dai tre anni fino all’adolescenza. Sono gestiti da associazioni che possono essere convenzionate con il Comune o private. Il privato è più caro ma prevede anche attività più strutturate, come gite, escursioni, attività sportive, atelier di bricolage e anche stage a tema teatrale. Io per mia figlia, che ha quattro anni, ho scelto uno stage basico e ho speso <strong>70 euro a settimana</strong>. La tariffa non comprende il pranzo, ma è scaricabile nella dichiarazione dei redditi. Io ho scelto uno stage non troppo impegnativo economicamente, ma ci sono altri stage, dove appunto fanno attività più strutturate, che costano <strong>tra i 150 e i 200 euro</strong>”.</p>



<p>In valore assoluto il prezzo degli stage in Belgio sembra molto simile a quello dei centri estivi italiani, ma bisogna considerare che il reddito medio nel Paese è molto più alto del nostro (si pensi che un operaio guadagna in media 2.000 euro al mese) e che le settimane senza la scuola sono molte meno che in Italia (circa 10 settimane contro le 17 italiane, considerando l’estate, Natale e Pasqua).</p>



<p>In sostanza, cercando di spendere il meno possibile un genitore italiano in <strong>città</strong> deve calcolare un budget di almeno <strong>190 euro a giugno</strong> (se frequenta un centro parrocchiale), <strong>500 euro a luglio</strong> e <strong>250 euro per le due settimane di settembre</strong>. Se non si vogliono frequentare i centri parrocchiali il costo delle 3 settimane di giugno si aggira attorno ai <strong>350 euro</strong>.</p>



<p>In provincia e al Sud il costo è decisamente inferiore, ma in tutta Italia <strong>i rimborsi coprono soltanto 3 settimane</strong>, quando la scuola è chiusa per 14 settimane in estate. E il problema di tutti riguarda <strong>agosto</strong>, dove o si hanno i nonni, o si è in ferie, o si lasciano i bambini a casa da soli.</p>



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Centri estivi, da Nord a Sud differenze di oltre 100 euro a settimana. Agosto problema comune

<p>Concita de Gregorio ieri ha dichiarato che Draghi è come un professore di Harvard che si è ritrovato a fare supplenza nell&#8217;alberghiero di Massa Lubrense.</p>
<p>Vorrei ritornare sulla vicenda e lo faccio esprimendo a braccio un pensiero che mi sta a cuore da mesi.</p>
<p>Ho visto molte persone di scuola, docenti e colleghi dirigenti scolastici, indignati per una battuta (che proverò alla fine a spiegare dal mio punto di vista) che in realtà nasconde tante questioni irrisolte.</p>
<p>Innanzitutto i molti che si sono scandalizzati secondo me a Massa Lubrense non ci sono mai stati e forse sono gli stessi che quando gli dico: <em>vieni a Napoli, magari nei bellissimi Quartieri Spagnoli o nella Sanità</em> (luoghi che porto nel cuore quando allungavo dopo i laboratori di fisica che erano ancora a Mezzocannone e mi spingevo fino da Nennella a mangiare pasta e fagioli o al Cimitero delle Fontanelle ) rispondono: &#8220;<em>per carità, Napoli? quei quartieri? Io ho visto Gomorra in TV&#8230; lì si ruba, c&#8217;è brutta gente non fanno nulla e prendono il reddito di cittadinanza</em>&#8220;.</p>
<p>Ora Massa Lubrense è in provincia di Napoli. Non è Napoli sia chiaro, ma è come se lo fosse. In realtà tutta la zona che va da Napoli e provincia fino a Pompei e oltre (mia terra natia: Angri) è come se fosse un unico territorio. Una unica grande famiglia, con tutte le sue bellezze e le sue contraddizioni.</p>
<p>Ma ci difendiamo tra noi, talvolta ci incazziamo per le cose che non vanno, in maniera anche atroce.</p>
<p>Perché vedete, tutti si sono indignati della battuta della giornalista, tutti hanno voluto esprimere solidarietà agli alberghieri e al Sud ma a distanza di ore, nessuno fa nulla e tutto rimarrà uguale.</p>
<p>Diciamolo chiaramente: anche molti docenti o dirigenti scolastici sono convinti che andare ad insegnare o a dirigere un istituto professionale al Sud o anche solo in provincia, sia da serie B.</p>
<p><strong>Vuoi mettere il liceo o un super tecnico del centro o di una cittadina di una bella provincia del Nord?</strong> <strong>Vuoi mettere le scuole belle e nuove dove non ci sono supplenti e magari sono tutti docenti di ruolo?</strong></p>
<p>La frase della giornalista sarà anche infelice, ma in sostanza voleva dire che l&#8217;ex ministro Mario Draghi è passato da un contesto non da tutti (forse il concetto è risultato anche spocchioso e altisonante) per ritrovarsi in qualcosa di assolutamente poco adatto a lui.</p>
<p><em>Ti prendi la prima scuola che capita perché hai bisogno di lavorare e di punti.</em></p>
<p>Non credo si volesse offendere un paesino specifico, neppure una terra o un ordine di studi.</p>
<p>Semplicemente si è fatta una battuta, meno atroce di altre che quotidianamente si fanno all&#8217;indirizzo del Sud o sui ragazzi e le ragazze che hanno difficoltà e per i quali &#8220;<em>è meglio se vai al professionale, perché il liceo non fa per te, lì si studia sodo e tu non puoi farcela</em>&#8220;. E preghiamo che possa concludere gli studi.</p>
<p>Tutti si indignano delle parole della giornalista, docenti e anche dirigenti scolastici blasonati, ma cari docenti e cari dirigenti pensate davvero che la nostra scuola italiana sia come Harvard?</p>
</p>
<p>In questo momento sono a pochi km da Massa Lubrense. Sono territori che mi ispirano ogni giorno, anche quando sono su al Nord, in Veneto, ormai da 15 anni, come docente prima e dirigente scolastico poi. Avete capito bene, porto dentro di me il Sud, Massa Lubrense e i posti vicini.</p>
<p>Non porto solo il sole ed il mare. Porto la creatività, la fantasia, ma anche le contraddizioni di una terra dove i &#8220;c&#8217;amma fa&#8217;&#8221; si confondono con i &#8221; cia&#8217; putimm&#8217; fa &#8221; e i &#8220;aizammece e cagnamm tutt &#8216;e cos&#8221;.</p>
<p>E sono le stesse contraddizioni e ingiustizie che lamentava Don Lorenzo Milani 60 anni fa.</p>
</p>
<p>La realtà è che se nasci al Sud Italia, ancora oggi o resisti o scappi.</p>
<p>Credo dunque, che prima di lanciare appelli di scuse verso una giornalista che sa poco di scuola, sono proprio le persone di scuola che dovrebbero investire il loro tempo affinché si possa discutere delle grandi ingiustizie ancora presenti nel nostro sistema scolastico. E le ingiustizie sono spesso nelle teste delle persone e poi nelle azioni. </p>
</p>
<p>Perdonate se le mie riflessioni sono semplici e non certo blasonate come quelle di illustri miei colleghi dirigenti o docenti che siano, ma io sono cresciuto in questa terra.</p>
<p>Sono un uomo di scuola ed amo i fatti, come amo cambiare le cose (e non solo per indignarsi e basta)</p>
<p>E dimenticavo: amo anche le battute e chi sa raccoglierle con ironia.</p>
</p>
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Indignarsi per Concita perché tutto resti uguale

Concita de Gregorio ieri ha dichiarato che Draghi è come un professore di Harvard che si è ritrovato a fare supplenza nell&#8217;alberghiero di Massa Lubrense. Vorrei ritornare sulla vicenda e lo faccio esprimendo a braccio un pensiero che mi sta a cuore da mesi. Ho visto molte persone di scuola, docenti e colleghi dirigenti scolastici, [&hellip;]

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Alfonso d'Ambrosio

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