Basilicata Saudita

Sembra paradossale che tra i progetti intrapresi a sostegno dei giovani in Basilicata ci sia stata un’iniziativa di Eni dedicata ai talenti: un buon segnale, se non fosse un’evidente iniziativa di comunicazione per “la crescita formativa e culturale” sul territorio in cui opera, forse tesa più a calmare gli animi di un dibattito molto accesso negli ultimi tempi. […]

Sembra paradossale che tra i progetti intrapresi a sostegno dei giovani in Basilicata ci sia stata un’iniziativa di Eni dedicata ai talenti: un buon segnale, se non fosse un’evidente iniziativa di comunicazione per “la crescita formativa e culturale” sul territorio in cui opera, forse tesa più a calmare gli animi di un dibattito molto accesso negli ultimi tempi.
Si tratta del bluff dell’oro nero lucano, che non ha portato né soldi alla popolazione, né lavoro ai giovani, che continuano a emigrare. Altro che “Libia di casa nostra” come diceva il governatore Pd De Filippo: le royalties sono troppo basse – si legge su Il Fatto – alla regione restano le briciole di un grande business che arricchisce multinazionali e Stato italiano. Così la Basilicata resta la più povera d’Italia”.

Attualmente, infatti, la questione petrolio riveste una grande importanza, sia su scala mondiale e nazionale, che a livello regionale e comunale. Quest’ultimo aspetto assume un’importanza notevole, perché le scelte locali sono quelle che si ripercuotono anche nel breve periodo sulle singole comunità o sul singolo cittadino. Oggi l’esempio più importante è relativo all’affare petrolio in Basilicata, regione nella quale emerge un forte contrasto tra salvaguardia dell’ambiente e sfruttamento delle risorse naturali.

Ma osserviamo qualche dato, riferito al DIME, il documento di “rilevazione dati fornitori beni e servizi e occupati diretti di eni Distretto Meridionale”.

Basilicata Saudita

Basilicata Saudita

Il territorio lucano costituisce la più grande riserva petrolifera d’Italia, su cui operano diverse compagnie petrolifere, la più importante delle quali è l’Eni. Qui si estrae il 70,6% del petrolio e il 14% del gas nazionale. L’estrazione petrolifera è localizzata principalmente nella zona centro meridionale, che prende il nome di Val d’Agri, dove sorge il piccolo comune di Viggiano, considerato come la capitale del petrolio italiano. In questo paese ricadono 20 dei 27 pozzi attivi in regione, ed ogni giorno dalle sue viscere si estraggono complessivamente 3,4 metri cubi di gas e 81.868 barili di petrolio.

Sono queste cifre a fare di questa valle il più grande giacimento onshore dell’Europa occidentale, come la definisce l’Eni. Paradossalmente, Viggiano è il comune europeo più ricco di petrolio ed è situato in una delle regioni più povere d’Italia. Oltre alle compagnie petrolifere, nell’affare dell’oro nero sono coinvolti tanti imprenditori, aziende ed esponenti della politica, lucana e non, che, attraverso accordi e negoziati, sfruttano questa importante risorsa energetica per arricchirsi ed acquisire potere a livello regionale e nazionale.

L’estrazione petrolifera sicuramente ha consentito la creazione di nuovi posti di lavoro, il che è importante soprattutto in una regione povera come la Basilicata, da cui i giovani sono costretti a fuggire per mancanza di occupazione, ma, contemporaneamente, ha contribuito a produrre tanto menefreghismo, irresponsabilità ed incoscienza per quanto riguarda la tutela dell’ambiente e la salute dei cittadini.

Basilicata Saudita

Il recente scandalo relativo a due filoni distinti del centro oli di Viggiano, di proprietà dell’Eni, e ai progetti in corso per la costruzione da parte della Total del nuovo sito d’estrazione Tempa Rossa a Corleto Perticara e che ha portato all’arresto di sei persone e sessanta indagati ,tra cui nomi illustri della politica e dell’imprenditoria italiana, ha messo in luce il malfunzionamento delle politiche ambientali lucane, per quanto riguarda il controllo del territorio e lo smaltimento di rifiuti speciali.

Come diretta conseguenza di tutto ciò, la Basilicata presenta un tasso di inquinamento alle stelle, e i territori interessati dall’estrazione petrolifera hanno un tasso di sviluppo di tumori tra i più alti in Italia; ma a quanto pare questo non interessa a nessuno, perché il business del petrolio genera, per gli interessati, un guadagno elevatissimo a cui non si vuol rinunciare.

La gestione dell’affare petrolio in Lucania è strettamente correlata al fenomeno del clientelismo o familismo: posti di lavoro per posizionare qualche bandierina elettorale, fratelli, parenti, amici, amici degli amici, insomma chi più ne ha più ne metta. Raccomandazioni e compromessi sono all’ordine del giorno e rappresentano il lascia passare per chi vuol far carriera o diventare qualcuno, a danno della meritocrazia.

Basilicata Saudita

Molti lucani, giovani e meno giovani, si vendono, accettando di lavorare per le varie compagnie petrolifere, piegandosi al potere delle lobbies e delle politiche affaristiche, spinti dal desiderio di guadagnare, dalla volontà di accaparrarsi un posto di lavoro sicuro, o, come quasi sempre accade, dalla disperazione derivante da situazioni di estrema povertà.

Basilicata Saudita

Queste persone hanno rinunciato alla difesa dei propri valori, dei propri principi, e, soprattutto, della propria terra, incuranti di contribuire alla distruzione della propria vita, di quella degli altri e dell’intero territorio in cui vivono. Appare quindi evidente che il business dell’oro nero in terra lucana non produce solo un inquinamento di natura ambientale, ma forse, e sarebbe bene sottolinearlo, produce anche un inquinamento delle coscienze.

Giovani, occupazione e petrolio in terra lucana: intervista ad un giovane lucano, dipendente Eni

Marco(pseudonimo) è un giovane dipendente Eni lucano che non vuole farsi riconoscere, da circa due anni lavora per questa grande compagnia petrolifera che opera nella sua terra, la Basilicata. Il giovane ha accettato gentilmente la mia intervista rispondendo ad alcune mie domande, per capire soprattutto il suo punto di vista sulla questione “petrolio” e le motivazioni che lo hanno spinto a lavorare per questi “grandi uomini d’affare” .

Marco perché hai accettato di lavorare per Eni?
“Fino a qualche anno fa, ero un giovane disoccupato come tanti e non sapevo cosa fare, quando mi hanno proposto questo lavoro non ci ho pensato due volte”.

Pensi che sia stato conveniente , dal punto di vista economico, accettare questo lavoro?
“Sono un semplice dipendente, ho uno stipendio normale che mi consente di sopravvivere e mi reputo fortunato perché ho tanti amici che non lavorano e vivono disagi di estrema povertà”.

Secondo te la tua carriera è in ascesa grazie a questo incarico?
“Questo non lo so, per il momento mi basta lavorare e riuscire, in tempi difficili come questi, a mantenere ben saldo il mio lavoro”.

Cosa pensi della questione delle trivelle e dell’estrazione petrolifera che riguarda la Basilicata?
“Sicuramente la questione delle trivelle e dell’estrazione petrolifera in Basilicata è una situazione molto particolare. Sono pienamente consapevole che l’oro nero nella mia terra ha contribuito solo in parte all’occupazione e allo sviluppo ed ha portato di conseguenza sopratutto tanti aspetti negativi come la sporcizia e l’inquinamento, arricchendo in particolar modo le lobbies petrolifere e i governanti affaristici. Però allo stesso tempo non posso di certo gettare fango su chi mi dà da mangiare e chi mi ha dato un posto di lavoro. Ripeto sono uno dei pochi fortunati a lavorare nella mia regione e voglio tenermi stretto questa opportunità”.

Ok, ma il rapporto con le malattie che si diffondono a causa di queste estrazioni? Non hai paura di ammalarti?

“Bè si, questo è un problema, riconosco che il mio lavoro sotto certi aspetti è abbastanza rischioso. Non mi vergogno a dirti che ogni giorno convivo con la paura  di ammalarmi, oppure che qualche malattia possa colpire qualcuno della mia famiglia o i miei amici, perché purtroppo l’inquinamento ambientale in Basilicata, a causa dell’estrazione del petrolio, è cresciuto fortemente e di conseguenza anche le malattie, particolarmente i tumori, che sono diventati oggi un incubo per tutti. Però cosa posso fare, questo è il mio lavoro e non posso di certo abbandonarlo. Convivo con il pericolo e cerco di andare avanti”.

Conosci persone che si sono ammalate a causa dell’inquinamento ambientale?

“Sì, purtroppo sì, diverse persone nel mio piccolo paese si sono ammalati di tumore, tanti giovani sono cresciuti senza i loro padri o senza le loro madri.Queste brutte malattie hanno distrutto intere famiglie e attualmente il rischio di ammalarsi e di morire di tumori è ancora più elevato”.

Non ti senti anche tu responsabile attraverso il tuo lavoro di contribuire alla distruzione della tua terra e della tua gente?

“Tante volte ci ho pensato e ancora adesso continuo a farlo, ma mettiti nei miei panni, vivo in una regione povera dove non c’è lavoro, dove crearsi un futuro è molto difficile, dove i giovani come me se vanno, dove l’impoverimento è molto elevato, sono stato quasi costretto ad accettare questa occupazione e devo anche ritenermi fortunato di questo”.

Pensi che in futuro, se ti capitasse l’occasione, cambieresti il tuo lavoro?

“Sicuramente sì, se mi capitasse l’occasione lo farei di sicuro, perché ci tengo alla salute della mia gente e della mia terra. Per ora resta solo un sogno lontano ma se le cose dovessero cambiare e la politica cominciasse davvero a pensare alle cose serie e a creare occupazione per tanti giovani come me , senza distruggere la nostra terra e la salute dei nostri cittadini, allora tutto questo potrebbe diventare realtà”.

La storia di questo giovane lucano ci permette di capire come l’affare petrolio in Basilicata , è una storia tutta italiana, dove in mezzo c’è un popolo, quello lucano, che masochisticamente gode nel non riuscire mai a rendersi liberi dalle catene e dagli abiti antichi imposti dall’alto per colpa dei cosiddetti “poteri forti” bravi soltanto a difendere i loro interessi, ma irresponsabili e incoscienti a tutelare la salute della loro terra e della loro gente.

Questo è il bluff dell’oro nero lucano che non ha portato né soldi e né lavoro, in una regione che povera era e povera rimane, dove restano solo le briciole di un grande business che arricchisce unicamente multinazionali petrolifere e politiche affaristiche.

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