Chiudendo le giostre si ferma anche il design italiano

Lo chiamano spettacolo viaggiante, ma è fermo da più di un anno. Ferdinando Uga, presidente ANESV: “Nonostante gli investimenti per riaprire in sicurezza abbiamo perso l’estate 2020 per colpa dei sindaci. Dallo Stato 970 euro a famiglia, la situazione è drammatica”.

Un raduno di suoni, colori, profumi, luci, emozioni. Questi ma non solo i principali ingredienti di un “mondo” che si sposta da un luogo all’altro ormeggiando ogni volta la propria atmosfera inconfondibile, conosciuta fin dall’infanzia: parliamo delle giostre, alias luna park.

L’ambito al quale ci riferiamo è quello degli esercenti dello spettacolo viaggiante (comunemente chiamati “giostrai”, ma è un termine non apprezzato dai referenti perché veicolo di stereotipi), una realtà variegata e che coinvolge un nutrito numero di lavoratori e lavoratrici la cui attività ha una missione ben precisa: far divertire le persone, senza esclusioni di età.

La testimonianza di ANESV: “Manifestiamo perché la politica tace o ci osteggia”

Per affrontare in maniera puntuale le problematiche e i punti di forza del settore ci siamo confrontati con l’Associazione Nazionale Esercenti Spettacoli Viaggianti (ANESV), attiva da oltre settant’anni. A risponderci è il presidente Ferdinando Uga, entrato in carica a luglio 2020.

“Conosco bene questo mestiere perché ci sono nato e lo vivo come una missione”, racconta con entusiasmo. La mansione di presidente la svolge a titolo volontario e possiamo confermare di persona quanto sia impegnativa. A dimostrarlo le numerose chiamate che riceve, durante la nostra intervista, da parte degli operatori delle imprese del settore.

“Anche il nostro settore sta affrontando un periodo drammatico”, spiega. A questo proposito il 26 marzo scorso ANESV ha organizzato una grande manifestazione dal titolo “Lo spettacolo viaggiante italiano scende nelle piazze” e che ha avuto luogo in 11 territori italiani da Nord a Sud. “Si è trattato di un evento scenografico dedicato al nostro pubblico. Di appelli alle istituzioni ne sono stati fatti a dozzine, ma la politica non ci ha mai veramente ascoltati”, sottolinea Ferdinando Uga. “I destinatari principali a cui è stata rivolta la nostra dedica sono i bambini, i più dimenticati dalla pandemia e che non si vedono in giro: una grande mancanza”.

Una foto della manifestazione organizzata da ANESV in 11 città italiane. Piazza Duomo, Milano.

La manifestazione è stata anche l’occasione per un assaggio concentrato del mondo dello spettacolo viaggiante, tra fascino e nostalgia: “La nostra attività è tra le più antiche forme popolari di spettacolo”, evidenzia. “Nasce con le prime giostre trainate dai cavalli veri fino ad arrivare alle attrazioni dei giorni nostri, sia low cost che ad alta tecnologia. Tanti cambiamenti che però mantengono un filo conduttore un po’ felliniano del tirassegno, dello zucchero filato o della vincita del pupazzo. Insomma, si guarda molto al futuro ma senza dimenticare mai il passato. Possiamo definirci il contraltare della preoccupazione e dello stress: oggi più che mai abbiamo bisogno di sorrisi e spensieratezza”.

Una funzione riconosciuta anche a livello normativo dalla legge del 18 marzo 1968, n.337: “Lo Stato riconosce la funzione sociale dei circhi equestri e dello spettacolo viaggiante. Pertanto sostiene il consolidamento e lo sviluppo del settore”.

E a proposito dell’attività lavorativa dello spettacolo viaggiante, c’è una competenza che non deve mai mancare, avverte Uga: “Se non hai un minimo di capacità organizzativa in questo ambito non vai da nessuna parte, anche perché occorre essere abituati ad affrontare gli imprevisti dati dagli eventi atmosferici, dal politico leghista locale che ti contrasta, dalla stessa azione di decentramento dei luna park nel periodo a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila. Poi le amministrazioni comunali hanno capito di aver sbagliato”. E sottolinea: “Dalla gente invece ci siamo sempre sentiti ben accolti, come fossimo loro concittadini: le persone ci sostengono molto”.

Giostre in pandemia: “Bloccati da più di un anno, l’estate 2020 un’occasione persa”

Guardando al territorio nazionale, il settore dello spettacolo viaggiante è composto da circa 6.200 imprese (i dati ci sono forniti da ANESV secondo rilevazioni effettuate dalle Camere di Commercio).

“Teniamo presente che ogni licenza ha alla guida una conduzione di tipo famigliare”, specifica Ferdinando Uga. “Si tratta di un’attività tramandata dai genitori ai figli, e non è solo un lavoro, ma una vera e propria scelta di vita. Il tour di lavoro di un’impresa di questo tipo tocca circa 20-25 tappe e dura da gennaio a dicembre, in pratica tutto l’anno”.

Una dinamica che permea diversi tasselli del quotidiano e che richiede allo stesso tempo una grande capacità di adattamento fin dall’infanzia: “Si vive in moduli abitativi che si muovono di città in città mentre i bambini e i ragazzi cambiano scuola di volta e in volta. Se promossi rivedono a ogni tappa gli stessi compagni e insegnanti dell’anno precedente, se bocciati è a maggior ragione un colpo e un ulteriore cambiamento molto forte”.

A imporre la più grande sfida al settore ci ha pensato la pandemia da Coronavirus, che ha infierito molto duramente sui lavoratori dello spettacolo viaggiante. Chiediamo se si possa quantificare il danno economico subito fino ad oggi.

“È molto elevato perché il nostro lavoro è completamente bloccato da fine febbraio 2020”, chiosa il presidente di ANESV. “La delusione più grande l’abbiamo però avuta la scorsa estate, quando abbiamo avuto modo di lavorare soltanto in qualche comune, questo nonostante le curve di contagio fossero molto basse e avessimo messo a punto tutte le precauzioni previste”.

“Abbiamo consultato esperti e ministero, investito per riaprire in sicurezza, e siamo stati bloccati dai sindaci”

Oltre al danno per il settore è scattata infatti un’amara beffa, come ci viene illustrato: “Dopo esserci confrontati con esperti scientifici e aver realizzato una lunga trattativa con conferenze di Stato e regioni, ci siamo subito attivati, investendo parecchio tempo e molti soldi, per adottare tutti gli strumenti precauzionali previsti dal Ministero della Salute. Nonostante ciò, arrivato il momento di aprire, quindi a luglio 2020, i sindaci di vari comuni si sono messi di traverso e hanno annullato tutto il programma con una facilità disarmante: come mangiare caramelle, quasi non si rendessero conto del danno enorme causato a numerose imprese e famiglie. Il nostro sacrificio è stato inascoltato”.

Per capire meglio l’investimento effettuato chiediamo qualche esempio: “Abbiamo firmato il protocollo sicurezza e speso quattrini per acquistare i totem automatici per provare la temperatura, i semafori per contingentare gli ingressi, i paletti con bandelle per segnare le distanze, i detergenti approvati dal Ministero della Salute per disinfettare le attrazioni e poi quelli per il pubblico, eccetera”. A pesare è una grande contraddizione di fondo: “Premetto che ci rendiamo perfettamente conto della situazione creata dalla pandemia, noi stessi abbiamo perso parenti e amici, ma ribadisco che proprio perché gestiamo questo lavoro a livello famigliare diamo molta importanza all’aspetto della prevenzione e della sicurezza”.

“I paradossi sono vari. Primo: siamo più sicuri noi di altri contesti, essendo all’aperto. Secondo: sarebbe meglio lasciar frequentare ai giovani uno spazio presidiato e con regole da rispettare come quello dei luna park, dove c’è un monitoraggio meticoloso da parte degli esercenti stessi, piuttosto che lasciarli al fai dai te, con ritrovi in casa e senza possibilità di divertimento sicuro. Perché a tutto questo non si è pensato?”

I ristori insufficienti e l’ombra dell’usura

Trascorsa l’estate il settore si è trovato con un nuovo pugno di sabbia in mano: “A fine ottobre 2020 la situazione a livello dei contagi è peggiorata e in seguito sono saltate le piazze più importanti come Genova, Mantova, Varese, Como, eccetera”.

Parliamo anche di ristori, altro tasto dolente: “Il nostro ministero di riferimento è quello delle Attività culturali, che ha stanziato circa 970 euro a famiglia per 6.000 imprenditori; alle partite Iva sono arrivati 600 euro per due volte. Capiamo che tutto ciò non serve a molto e che la situazione è drammatica”.

La preoccupazione s’inasprisce ancora di più se pensiamo alla dinamica della conduzione familiare dove la disoccupazione artiglia un intero nucleo portando a situazioni di indigenza repentina. In pratica non c’è un’altra occupazione che possa tamponare la situazione.

“Abbiamo famiglie in grave stato di disagio: c’è chi sta lavorando come svuota-cantine per portare qualcosa a casa”. A gravare l’ombra degli usurai: “Abbiamo avuto approcci da parte di ‘organizzazioni’ molto vicine all’approccio usuraio, c’è chi tenta di strumentalizzare la nostra situazione”, commenta con rammarico Ferdinando Uga.

“Rischiamo sia la fine per noi e per chi fabbrica le giostre”

La sabbia nella clessidra scorre veloce e per un settore come quello dello spettacolo viaggiante il tempo è non solo denaro, ma proprio possibilità di rialzarsi. Ferdinando Uga ribadisce senza mezzi termini un punto focale della questione.

Noi non siamo come un centro commerciale, che spegne le luci e dopo una fase di chiusura riapre, riaccendendole e facendo le pulizie. Se vogliamo ripartire dobbiamo organizzarci fin da ora! Chi opera in quest’ambito ha a che fare con macchinari tecnologici che richiedono fasi complesse: occorre collaudare le attrazioni, rimontarle, verificare che tutto funzioni e che gli impianti siano sicuri. Una mole di lavoro enorme da concretizzare prima che lo spettacolo stesso venga allestito”.

Riflettiamo anche sul fatto che il danno subito da questo settore scatena un effetto domino non meno serio su un altro: quello di chi fabbrica le giostre. “Le giostre prodotte nel nostro Paese vengono esportate in tutto il mondo: lo Stato non si rende conto che sono il fiore all’occhiello del design italiano. Vengono costruite a mano da artigiani localizzati nel polo della giostra a Bergantino, in provincia di Rovigo e nell’Emilia. Il blocco riguarda quindi anche tutta questa filiera che coinvolge centinaia di aziende: rischiamo di fermare un mondo di lavoratori e di indotto”.

Quanto costa gestire una giostra e gli alti e bassi con i comuni

Il tema s’intreccia di nuovo al discorso di una ripartenza che possa garantire la sostenibilità e la tenuta dell’impresa. Parliamo infatti dei costi di gestione di un’attrazione. “Ognuna ha dei costi fissi di manutenzione, di lubrificazione e di pulizia”, spiega Ferdinando Uga. Chiediamo il costo per farci un’idea: “Circa 150 euro al giorno, a cui dobbiamo aggiungere la tassa di occupazione del suolo pubblico e il costo dell’energia elettrica, che si eleva nel caso di giostre adrenaliniche”.

Essenziale resta il rapporto con il territorio: “La gente ci ha sempre accolto con molto calore”, ribadisce Uga. “Anche diverse amministrazioni comunali hanno compreso la nostra situazione, e quando siamo stati sui loro territori durante la pandemia ci hanno fatto pagare solo il minimo sindacale di tassa del suolo pubblico, comportandosi virtuosamente. Abbiamo avuto invece problemi con Novara, che per 25 moduli abitativi aveva chiesto 112.780 euro tramite agenzia di riscossione dei canoni. Alla fine è stata trovata una soluzione intervenendo come associazione”.

Lo spettacolo viaggiante inoltre porta valore aggiunto al territorio: “Sì, anche a livello di indotto economico se pensiamo che i lavoratori di queste imprese fanno acquisti nella zona in cui fanno sosta. Non dimentichiamo poi il discorso di attrazione turistica e la funzione di socializzazione, al primo posto”.

Photo by Eepeng Cheong on Unsplash

CONDIVIDI

Leggi anche