Claudia Mori, Clan Celentano: “Le multinazionali della musica? Pesano troppo sulla libertà”

“Ciao Claudia. Ti ho chiamato perché volevo proporti una conversazione per il quindicinale online Senza Filtro sull’industria discografica italiana, su come si muove un’etichetta indipendente come il Clan Celentano in un mondo ancora dominato dalle grandi multinazionali. Che ne dici?” “Vuoi intervistare me o Adriano?”, mi chiede a bruciapelo Claudia. “Voglio intervistare te, visto che […]

“Ciao Claudia. Ti ho chiamato perché volevo proporti una conversazione per il quindicinale online Senza Filtro sull’industria discografica italiana, su come si muove un’etichetta indipendente come il Clan Celentano in un mondo ancora dominato dalle grandi multinazionali. Che ne dici?”

“Vuoi intervistare me o Adriano?”, mi chiede a bruciapelo Claudia.

“Voglio intervistare te, visto che come amministratore delegato del Clan hai una lunga esperienza del mondo discografico che mi pare risalga a circa 25 anni fa, quando ne prendesti le redini.”

La nostra conversazione è andata più o meno così. Anno di nascita 1944, romana, moglie di zio Adriano da oltre cinquant’anni, attrice, cantante, ideatrice e produttrice di fiction televisive tra cui, ad esempio, la vita di De Gasperi e di Einstein, amministratrice della casa discografica che Celentano fondò nei primi anni Sessanta: Claudia Mori conosce bene il mondo della musica e dello spettacolo, e ne conosce da vicino anche tutte le criticità. Dunque accetta volentieri di parlarne, come di consueto con una certa schiettezza.

“Oh, non chiamarmi zia, mi raccomando! Preferisco Claudia.”

 

Claudia Mori e Adriano Celentano

 

Va bene, sarà fatto. E allora, Claudia, proviamo a partire dalla tua lunga esperienza alla direzione del Clan. Come si naviga tra Internet e le major?

Tieni conto che l’esperienza del Clan è del tutto atipica rispetto al panorama discografico italiano. Intanto perché a capo di questa etichetta c’è un artista come Adriano, che da sessant’anni domina le scene della musica del nostro Paese; e poi, lo diciamo con orgoglio, il Clan resta l’unica etichetta totalmente italiana. Per dirla in altro modo siamo gli unici che hanno resistito alle grandi fusioni societarie operate dalle major negli anni passati. È rimasto, questo vorrei sottolineare, lo spirito e la volontà di indipendenza che ispirò Adriano nel 1962 quando dal nulla fondò il Clan. Quella stessa indipendenza, condita di imprevedibilità, che ha ispirato tutta la sua carriera artistica. E dato che credo che la musica sia una forma di cultura, io e Adriano siamo felici di aver contribuito per parte nostra alla ricchezza culturale e musicale del nostro Paese.

Mi stai dicendo però che il sistema oligopolistico delle major limita l’indipendenza. È davvero così?

Sia chiaro, io non voglio demonizzare le grandi multinazionali. Anzi, credo che per un certo periodo abbiano avuto un ruolo positivo, hanno consentito a grandi artisti di emergere; ma è certo che il sistema di regole che viene instaurato da questo tipo di mercato così ristretto, così concentrato in poche grandi aziende straniere, pesa molto sia sul piano artistico e economico per chi vuole essere totalmente indipendente.

Fammi un esempio di un vincolo invalicabile.

La prima cosa che mi viene in mente è che, per quanto tu possa essere indipendente, se vuoi mettere sul mercato il tuo prodotto devi passare dalla catena della distribuzione che è interamente nelle mani delle major.

C’è un’altra particolarità che vi caratterizza: il Clan è l’unica casa discografica ad avere soltanto un artista. Non avete mai pensato di promuovere la musica e cercare talenti tra le giovani generazioni?

In passato lo abbiamo fatto, ma poi abbiamo deciso che non eravamo completamente liberi nelle nostre scelte e abbiamo rinunciato. D’altronde Adriano da solo è come una multinazionale, nella sua lunga carriera ha venduto qualcosa come 250 milioni di dischi. E poi, insisto, Adriano ci ha garantito comunque la massima indipendenza. Le sue scelte artistiche hanno sempre come faro l’indipendenza. Lo sanno molto bene in Rai quando è stato chiamato a fare show o interventi televisivi.

Tu però hai avuto un’esperienza di talent: sei stata giudice di X Factor e hai lanciato un artista come Marco Mengoni.

Sì ricordo quella bella esperienza. Tra i giudici c’era anche Morgan, un artista che io amo molto. In quel caso lui rinunciò a Marco Mengoni. Io avevo un mio candidato che ho scartato per consentire a Mengoni di salvarsi e di emergere, avevo capito che lui aveva una marcia in più.

Stefano Senardi, in una conversazione che comparirà su questo numero di Senza Filtro, sostiene che il futuro della musica è tutto nella rete Internet. E che le major non hanno capito la dimensione di questa grande rivoluzione tecnologica. Tu sei d’accordo?

Sì, credo anch’io che il futuro sia lì a portata di mano, in Internet, e che le major non abbiano capito la portata di questa tecnologia. Avvenne lo stesso per le radio libere. Però attenzione: all’inizio era tutto molto spontaneo nella rete internet, si lasciava molto spazio alla creatività. Se però Internet si struttura con regole troppo rigide e con vincoli di ogni genere si ritorna alla logica delle multinazionali. Detto questo credo che Senardi abbia ragione quando dice che i direttori artistici non esistono più. Con la nascita della rete Internet è cambiato radicalmente il rapporto tra pubblico e artisti. È il pubblico che decide chi ascoltare o guardare su YouTube.

Se tu dovessi dare un consiglio a un giovane che vuole fare il mestiere del cantante che cosa gli diresti?

Io in genere sono molto restia a dare consigli. Intanto per cantare bisogna essere intonati. Il tipo di voce non è la cosa più importante. Se proprio dovessi dare un consiglio a un giovane che vuole fare il cantante gli direi di mettersi davanti a un telefonino con i suoi strumenti e la sua voce e dare libero sfogo alla sua creatività e passione. Però anche qui attenzione: non è sempre un bene che non esistano più direttori artistici. Se un giovane artista riceve due milioni di like non è arrivato, è appena partito, e a quel punto ha bisogno di qualcuno che lo gestisca per consolidare il suo successo sulla rete.

Un’ultima riflessione: non mi pare che Adriano abbia utilizzato le grandi potenzialità della rete. Finora i suoi grandi successi si sono celebrati in tv. Come mai?

Adriano ha un blog con moltissime visualizzazioni. Abbiamo provato a essere presenti su Facebook, ma poi ci siamo resi conto che era ingovernabile. Tuttavia possiamo dire che Adriano sta pensando seriamente a utilizzare la rete, e non escludo affatto che in un futuro vicino ci possano essere delle novità importanti.

Foto: Archivio privato Claudia Mori-Adriano Celentano

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