Consulenze ambientali alle prese col 5G

La Next Generation Mobile Networks Alliance ritiene che la rete 5G debba essere presentata entro il 2020 per riuscire a soddisfare le richieste dei consumatori e delle imprese. Le tecnologie di quinta generazione promettono prestazioni eccellenti, ad alta velocità, con copertura ed efficienza dei segnali migliorata e potenziata. Gli obiettivi perseguiti supportano la tesi che […]

La Next Generation Mobile Networks Alliance ritiene che la rete 5G debba essere presentata entro il 2020 per riuscire a soddisfare le richieste dei consumatori e delle imprese.

Le tecnologie di quinta generazione promettono prestazioni eccellenti, ad alta velocità, con copertura ed efficienza dei segnali migliorata e potenziata. Gli obiettivi perseguiti supportano la tesi che il 5G rappresenti una vera e propria rivoluzione nel campo dello sviluppo dei sistemi di telefonia mobile: dispositivi connessi simultaneamente, area di copertura più vasta, affidabilità delle comunicazioni, super veloce e senza fili.

Ma quali potrebbero essere i reali effetti sulla salute umana?

 

Il 5G, un rischio per la salute umana e non solo

Elena Rojac, consulente ambientale triestina, ci spiega in che cosa consiste esattamente la copertura 5G.

“La nuova tecnologia che ha portato all’implementazione della recente tecnica trasmissiva, quale il 5G, e caratterizzata da specifiche frequenze di emissione, supporterà un traffico dati 1000 volte superiore con una velocità di trasmissione dei dati 10 volte maggiore rispetto alla precedente tecnologia mobile (4G). Per assicurare più banda agli utenti, il 5G si propagherà attraverso ‘onde millimetriche’ (erroneamente definite, poiché ci si riferisce a piccole lunghezze d’onda; in tal senso si osserva che la lunghezza d’onda della luce visibile è enormemente più ridotta di quella delle microonde utilizzate per il 5G) su frequenze ancora poco impiegate. Le radiazioni millimetriche non oltrepassano i muri degli edifici e tendono a essere assorbite sia dalla pioggia sia dalla vegetazione; quindi, ai fini di non perdere il segnale, ciò comporterà un’installazione maggiore di antenne, (installate anche su stazioni base fino a cento porte), pari a un numero che sarà circa il triplo di quello attuale.”

Quella che ci viene descritta come la svolta epocale, che porterebbe innovazione e miglioramento nella nostra vita quotidiana, sarà in realtà un dispiegamento di antenne di cui non conosciamo ancora i possibili rischi sanitari.

“Le ricadute sanitarie”, denuncia la Rojac, “in termini di principio di precauzione a fronte di una ‘società di potenziali rischi’ legati alla tecnologia, devono essere approfondite prima di ulteriori installazioni di impianti di comunicazione mobile, in particolar modo se successivamente di difficile abbattimento. Tant’è che le scarse ricerche e i soli tre studi sul 5G hanno portato, nel 2018, 180 scienziati indipendenti e internazionali a firmare un appello, chiedendo alle istituzioni europee di bloccare la nuova tecnologia, in attesa di comprendere i potenziali gravi effetti sulla salute e quindi in termini di ‘prevedibilità del danno’”.

“Uno tra i 180 scienziati, svedese, ha spiegato come le terminazioni nervose sulla pelle sono molto ricettive a questo tipo di onde millimetriche da 5G, poiché permane l’assorbimento dall’epidermide non penetrando invece nel corpo, in profondità. Però tutto ciò non è stato ancora studiato in maniera approfondita, e quindi c’è una mancanza in termini di responsabilità sanitaria; mentre a Bologna, grazie a Fiorella Belpoggi, l’Istituto Ramazzini ha condotto uno studio indipendente che ha permesso di dimostrare che le onde elettromagnetiche sono pericolose. Per 13 anni sono stati studiati gli effetti su 1.500 cavie come se fossero esposte all’interno di un condominio e a una frequenza di 1.800 Mhz (simile a quella delle antenne) per 19 ore al giorno, sette giorni su sette, ed è emerso un aumento dei tumori delle cellule cerebrali, come anche del tumore del cuore, negli animali trattati con 50 V/m, e sono i medesimi studi che sono stati osservati anche sull’uomo a seguito di esposizione da antenne mobile. In tal senso il gruppo di lavoro costituito nel 2018 e creato da Martucci con Alleanza Italia, e della quale io e alcuni membri del coordinamento regionale FVG ne facciamo parte, ha permesso a #STOP5G di realizzare un evento in Parlamento Europeo in tema 5G. In tal senso sarà presente il biochimico Martin Pall, dell’Università di Washington, che parlerà dei seri rischi legati alle caratteristiche del 5G, ed è considerato il più importante medico e scienziato internazionale che si occupa di malattie ambientali.”

Martin Pall, professore di Biochimica e Scienze mediche di base all’Università statale di Washington, afferma che con l’avvento del 5G saremo esposti a campi elettromagnetici 7,2 milioni di volte troppo alti. Pall sostiene che saranno duramente colpite le piante, che hanno foglie e organi riproduttivi, il che porterebbe a una sorta di catastrofe ecologica. L’esposizione ai campi elettromagnetici renderebbe le piante infiammabili, quindi i rischi di incendi potrebbero aumentare. Una rigenerazione di questo tipo, secondo il professore Martin Pall, avrà sicuramente un impatto sulle nostre vite.

 

I negazionisti del danno ambientale

Quando si tratta di salute pubblica la comunicazione dovrebbe essere obbligatoria e ben sviluppata. Il parere sanitario da parte del Ministero della Salute potrebbe sciogliere i dubbi o confermare le ipotesi di questi scienziati. 

La consulente ambientale Elena Rojac precisa che “recentemente abbiamo avuto una notizia favorevole dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha affermato che valuta seriamente i rischi da radiofrequenze anche in base agli studi dell’Istituto Ramazzini. Come si sa bene, le ‘linee guida sulla protezione della popolazione mondiale dall’esposizione alle radiofrequenze e microonde’ considerano solo gli effetti termici a breve termine (escludendo quelli cronici, N.d.R.) simulati su manichini riempiti di gel; questi studi derivano dalla c.d. Commissione Internazionale sulla Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP), ovvero da un organismo privato con sede in Germania già al centro di numerose polemiche e attacchi da parte di scienziati, medici e ricercatori di mezzo mondo, che lo accusano di conflitti di interesse e scarsa trasparenza nell’operato. Per questo motivo tali studi non vengono considerati dai tribunali italiani, poiché l’ICNIRP seguita a perorare una tesi negazionista sui cosiddetti effetti non termici a medio-lungo termine, ovvero rimane ferma su parametri obsoleti e superati dalla letteratura biomedica, che invero attesta effetti biologici da irradiazione a radiofrequenze”.

“La Commissione ICNIRP è costituita da fisici, ingegneri e altri professionisti, senza la necessaria conoscenza sulla biologia molecolare degli organismi viventi. Martin Pall, nel commento dell’8 ottobre 2018 alle ‘linee guida’ dell’ICNIRP, ha denunciato il pericolo per la salute umana correlato alle radiofrequenze compreso il 5G, sottolineando storture, falle metodologiche e grossolani limiti di contenuto nel controverso documento diffuso dalla Commissione. Personalmente ritengo che il Ministero della Salute abbia un ruolo attivo e di prevenzione riguardo i concreti rischi sulla salute derivanti da esposizione a radiofrequenze; pertanto andrebbero comunicati obbligatoriamente nei casi in cui ci sia un evidente e comprovato dubbio scientifico.”

 

Il mondo del lavoro e il crescente bisogno di consulenze ambientali

Entro la fine del 2019, si prevede un incremento nel settore delle professioni legate alla green economy. Quella del consulente ambientale è una figura sempre più necessaria come punto di contatto tra azienda e territorio. Elena Rojac esercita questa professione da vent’anni, è socia dell’Unione Italiana Consulenti Ambientali, e tiene a precisare di cosa si occupa realmente questa figura e di quanto sia vasta la sua formazione.

“Il consulente ambientale è una figura professionale specializzata in uno o più settori relativi alla tutela e alla sicurezza ambientale, e supporta cittadini, imprese ed enti pubblici nella gestione di attività o pratiche ambientali. In particolare, il lavoro dei consulenti ambientali può riguardare sia gli aspetti tecnici connessi con la tutela dell’ambiente, ad esempio consulenze di tipo tecnico, scientifico o ingegneristico-architettonico, sia gli aspetti economici, amministrativi e interpretativi; in questo caso si parla di consulenza ambientale, ossia in materia di diritto dell’ambiente e dell’energia.”

“Questa seconda tipologia di consulenza investe anche gli aspetti economici di attività ambientali, come per esempio la ricerca di finanziamenti per lo sfruttamento delle fonti rinnovabili, la consulenza relativa alla presentazione della candidatura; la consulenza per chi avvia un impianto che produce energia da fonti rinnovabili, oppure vuole vendere o acquistare degli impianti. Vi sono altre situazioni, per esempio l’avvio di un nuovo ciclo produttivo per lo smaltimento o la lavorazione di nuovi materiali come rifiuti e sottoprodotti, oppure le tematiche riguardanti il trasporto dei rifiuti, o la compravendita di terreni da bonificare.”

“In tutti questi casi, viene valutata la fattibilità giuridica degli interventi, fase fondamentale per gettare le basi di un business sicuro. A questo si affianca la consulenza operativa, che supporta il cliente in tutto l’iter di conclusione del contratto. Inoltre, non è il caso di trascurare gli aspetti legati alla formazione in campo ambientale, ormai imprescindibile per coloro i quali devono gestire pratiche di diritto ambientale sulla base di una normativa che muta velocemente. Infine vi sono gli aspetti legati al marketing e alla comunicazione aziendale in campo ambientale. Come si vede, oggi parlando di consulenze ambientali si toccano molteplici aspetti connessi con la tutela dell’ambiente e le attività umane. Si tratta pertanto di una figura professionale di prim’ordine nel mercato del lavoro.”

Quando le chiedo quanto venga preso in considerazione il lavoro dei consulenti ambientali, la Rojac mi risponde: “Sebbene la consulenza fornita da questa figura professionale dovrebbe essere presa in primaria considerazione da qualsiasi azienda o amministrazione pubblica che voglia essere impeccabile dal punto di vista legale in relazione alla legislazione ambientale, va anche detto che negli ultimi anni si è creato una sorta di ‘mercatodelle consulenze ambientali, dove quasi tutti (sia imprenditori che amministrazioni pubbliche) mettono al primo posto il profitto economico o si limitano a una semplice compliance formale della normativa vigente. In questa ottica le consulenze spesso devono ‘adeguarsi’, perdendo di vista la sostanza per rivestirla da occasione di puro guadagno economico”.

“Negli ultimi anni questo settore si è affollato di persone che si improvvisano, senza avere quindi un’adeguata formazione e competenza, o semplicemente disoneste, incasellato in scuole di pensiero o in gruppi di appartenenza, oltre i quali non sono molti i professionisti che operano fuori dal coro. Le opzioni quindi sono sostanzialmente tre: o si sceglie la nicchia (assumendosene rischi e precarietà), o ci si conforma al mercato, o semplicemente si abbandona la professione. Insomma, occorre fare una scelta, coerente con il proprio vissuto, che non può essere disgiunto dall’attività lavorativa-professionale.”

 

 

Photo credits: Redbull.com

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