Cyberbullismo: nuovi bulli, vecchi profili

Il rapporto tra l’uomo e la tecnologia oggi diventa sempre più complesso e articolato. I dati ISTAT parlano chiaro: il 90% degli utenti possiede uno smartphone, il 93% degli utenti chatta con amici e compagni, il 71% possiede un proprio tablet, il 65% aggiorna il proprio profilo Facebook e il 57 % pubblica fotografie e […]

Il rapporto tra l’uomo e la tecnologia oggi diventa sempre più complesso e articolato.

I dati ISTAT parlano chiaro: il 90% degli utenti possiede uno smartphone, il 93% degli utenti chatta con amici e compagni, il 71% possiede un proprio tablet, il 65% aggiorna il proprio profilo Facebook e il 57 % pubblica fotografie e video su social network e Youtube. In alcuni casi troviamo un coinvolgimento totale della vita, specialmente tra i più giovani, quasi come se il loro vero “essere” coincidesse con l’essere online, fino al punto in cui se qualcuno non risponde a un messaggio si va in crisi. La nostra reazione emotiva dipende dal modo in cui valutiamo ed interpretiamo l’evento, dal nostro grado di sicurezza o insicurezza.

 

La rete che fa ammalare: dipendenze, isolamento, suicidi

I rischi della rete sono notevoli: il 57% dei minori naviga da solo, molti ragazzi dichiarano un’altra età o identità, il 53% conosce amici che hanno avuto “incontri a rischio” su internet, nove ragazzi su dieci sopravvalutano la loro capacità di gestire i rischi del digitale. Le vittime maggiori sono gli adolescenti. Ed è qui che interviene il caregiver, che deve dare limiti e regole ragionevoli ai propri figli facendoli ragionare sull’uso di internet usando il parent control.

Le insidie della rete sono numerose e spesso si celano dietro l’anonimato. Tra i vari rischi figura la cybersexual addiction, ossia l’uso compulsivo di siti dedicati al sesso virtuale e alla pornografia, e il cyber-relational addiction, che nasconde le insidie della rete (dietro l’immagine di un uomo giovane e prestante ce ne può essere uno di cinquant’anni). Per non parlare del tunnel di matrice giapponese hikikomori, una trappola che spinge a ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi, rinchiudendosi nella propria camera da letto senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno. Un altro rischio arriva dalla Russia: la Blue Whale challenge, che ha già portato alla morte 157 adolescenti. Il gioco dell’orrore consiste nel seguire alcune regole per 50 giorni, fino all’ultimo giorno in cui bisogna suicidarsi gettandosi da un palazzo molto alto.

La piaga del cyberbullismo trova terreno fertile nelle scuole

Non possiamo dimenticare la piaga del cyberbullismo.

Chi è il cyberbullo? È uno sgrammaticato sociale. Non prova empatia. Compie azioni di prepotenza per ottenere popolarità, per divertimento o per noia. Un clima di ostilità contraddistingue le famiglie dei bulli: il ruolo di modelli educativi autoritari e violenti nel controllare il comportamento dei figli o la scarsa accettazione dei figli da parte dei genitori.

Chi è la vittima dei bulli? È un soggetto più debole dei coetanei. È ansioso, insicuro, sensibile, tranquillo, fragile, timoroso; ha una bassa stima di sé. Il bullo agisce in svariati modi causando un danno psicologico nella vittima. Un esempio è la tecnica del flaming: il bullo invia messaggi insultanti per suscitare dispute online. Le conseguenze del cyberbullismo si manifestano nella vita reale delle vittime con cambi di umore improvvisi, disturbi emotivi, problemi di salute fisica, dolori addominali, disturbi del sonno, nervosismo, ansia, chiusura in se stessi e mancanza di comunicazione con il resto del mondo.

L’art. 594 del Codice Penale punisce con una reclusione fino a 6 mesi o con una multa fino a 516 euro chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale. Da parte loro i caregivers e gli insegnanti devono evitare di utilizzare la tecnologia come rinforzo positivo o negativo, come strumento di negoziazione e/o di baratto per l’impegno in altre attività. Queste figure devono cercare di sviluppare nei ragazzi una consapevolezza sul fenomeno del bullismo e del cyberbullismo potenziando le abilità sociali con particolare attenzione.

 

I vaccini contro il sopruso

All’interno della scuola occorre costruire una rete di operatori individuando un referente e un team a supporto. In caso di episodi di cyberbullismo gli educatori devono consegnare e segnalare alle Forze dell’Ordine i comportamenti cyberbullistici (video, messaggi offensivi). Le vittime non devono rispondere a email o messaggi molesti e offensivi, non rispondere a chi insulta o prende in giro e a chi offende o esclude da una chat. La noncuranza è la miglior risposta.

In qualità di insegnante dell’Istituto Comprensivo di Policoro, ho provato a intervistare i ragazzi della III C, dove vi è un’alta percentuale di albanesi, per vagliare il ruolo che le dipendenze tecnologiche rivestono in tale ambito. Ebbene, ne è venuto fuori che il 70% degli alunni pubblica foto su Instagram per divertimento e per ottenere il maggior numero possibile di followers. La smania di essere al centro dell’attenzione e di compiere azioni di prepotenza per divertimento è quella che spinge i maschi a bullizzare le femmine. Le vittime, più mature rispetto al coro maschile, non manifestano disturbi emotivi ma valutano con le dovute misure lo “spessore” dei bulli.

Anche se diventare un influencer fa tendenza, bisogna anche riconoscere che soltanto il 30% degli alunni aggiorna il proprio profilo Facebook. Il controllo parentale è quasi inesistente, ma fortunatamente nel contesto classe non si parla di Blue Whale challenge; le uniche challenge che mettono in comunicazione i compagni di classe sono quelle di calcio. Gli insegnanti, dal canto loro, cercano di sviluppare il senso etico negli alunni attraverso progetti educativi in grado di convogliare i loro interessi e le loro energie.

Foto di copertina by James Sutton on Unsplash

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