Dalle banche il primo project bond per il sociale

Non solo aziende o famiglie, la stretta sul credito, il cosiddetto “credit crunch”, ha colpito anche le società operanti nel Terzo Settore, che ora si trovano strette tra l’incudine e il martello. Da un lato infatti la Pubblica Amministrazione, in regime di austerità, ha ridotto da tempo i finanziamenti alle cooperative sociali. Dall’altro le banche […]

Non solo aziende o famiglie, la stretta sul credito, il cosiddetto “credit crunch”, ha colpito anche le società operanti nel Terzo Settore, che ora si trovano strette tra l’incudine e il martello. Da un lato infatti la Pubblica Amministrazione, in regime di austerità, ha ridotto da tempo i finanziamenti alle cooperative sociali. Dall’altro le banche iniziano solo adesso, e con fatica, a essere percepite come una reale alternativa dalla quale reperire le risorse per gli investimenti.

Stando ai dati rilevati dall’ “Osservatorio Ubi Banca su finanza e terzo settore”, nel 2014 il numero di istituti di credito con cui le cooperative sociali intrattengono rapporti è aumentato: il 43,2% delle 250 cooperative sociali intervistate ha dichiarano di avere relazioni con due banche ( +5,4 % rispetto al 2013) e il 28,4% con più di due. Se per quest’anno, però, le richieste di finanziamento per gli investimenti sono diminuite (-7,9%), in controtendenza rispetto all’aumento rilevato l’anno precedente (+8,3), per il futuro, tra le imprese sociali che prevedono di fare investimenti, cresce la percentuale di chi intende fare ricorso al sistema bancario per portarli avanti (+8,5% ) e, viceversa, diminuisce quella di chi prevede di far ricorso all’autofinanziamento (-7%). Segno che l’interesse tra banche e cooperative c’è, ma allo stesso tempo il sistema bancario ha ancora delle difficoltà a fornire risorse al settore.

«Le banche stanno ricominciando solo ora a prestare denaro dopo la crisi – spiega Paolo Ranzuglia, responsabile della filiale di Ancona di Banca Etica – e per quanto il settore sia attraente per il mondo bancario, non sempre è facile riuscire a trovare la liquidità».
L’esempio del recente “salvataggio” dei quattro istituti di credito in difficoltà, Banca Etruria, Banca Marche, Carife e CariChieti, è lampante.
Per quanto riguarda il gruppo marchigiano, spiega Ranzuglia, «le tre casse di risparmio che hanno fondato la banca (Cassa di risparmio di Macerata, Pesaro e Jesi ndr.), hanno visto letteralmente dimezzare i loro patrimoni per far fronte alle necessità dell’istituto». Questo chiaramente «avrà delle conseguenze per il settore nel prossimo futuro, perché va a intaccare la capacità delle fondazioni di fornire sostegno economico alle imprese sociali locali»

Un elemento, questo, che va ad aggiungersi a «una sempre maggiore complessità di approccio al credito per queste società», che infatti «hanno diversi problemi da affrontare», tra «i tempi di incasso per il lavoro svolto spesso più lunghi rispetto al passato, in particolare quando vengono dalla pubblica amministrazione e una regolamentazione oggetto di continue modifiche e aggiornamenti ai quali è difficile stare dietro». Questa complessità, aggiunge, si trasmette anche nella richiesta di credito «e quindi alle banche è richiesto uno sforzo maggiore per capire e andare incontro alle loro esigenze».

Il bisogno, dunque, c’è ma se le banche vogliono intercettarlo devono essere in grado di realizzare iniziative innovative. In questo contesto, interessante è il percorso intrapreso da Ubi banca a favore del terzo settore. Nel novembre scorso, il gruppo ha presentato il primo project bond sociale, ossia l’emissione di un’obbligazione che ha come obiettivo quello di finanziare un progetto specifico. «L’operazione – spiega Lorenzo Fidato, responsabile Project & Real Estate Finance di UBI Banca – prevede il finanziamento di circa 8 milioni di euro in favore di TSC Onlus di Torino per la riqualificazione della Residenza Sanitaria per gli Anziani “Istituto Buon Riposo” di Torino e per il “Progetto Alice”, volto a potenziare l’assistenza agli anziani».
L’idea, aggiunge Fidato, «nasce dopo l’esperienza con i social bond, emissioni con valenza sociale dalle quali preleviamo una quota e la devolviamo gratuitamente una tantum a una società no profit». Con il project finance, però, «vogliamo sostenere iniziative in campo sociale devolvendo parte delle commissioni che solitamente si percepiscono con questo strumento» che, a differenza dei social bond, «durano nel tempo».
Chiaramente, evidenzia Fidato, «la onlus o la cooperativa beneficiaria deve rispondere a dei requisiti, come avere tutti i documenti in regola e un piano ben definito. Deve essere un’impresa sociale a tutti gli effetti. Solo con una valenza realmente industriale il terzo settore potrà essere interessante anche per le banche».
In questo senso, secondo Ranzuglia, lo sforzo delle società operanti nel Terzo Settore «deve andare verso una maggiore comunicazione e trasparenza della propria attività, quindi farsi conoscere nella comunità di appartenenza e far capire l’importanza del proprio lavoro».

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