Di mestiere stuntman e molti altri

Alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia non si assegnano solo il Leone d’Oro o le Coppe Volpi. Molti riconoscimenti collaterali vengono attribuiti nel corso del festival, e tra questi ve n’è uno diverso dagli altri: si sottolinea spesso come un film sia un’opera collettiva e La Pellicola d’Oro rende giustizia a questo concetto, premiando il […]

Alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia non si assegnano solo il Leone d’Oro o le Coppe Volpi. Molti riconoscimenti collaterali vengono attribuiti nel corso del festival, e tra questi ve n’è uno diverso dagli altri: si sottolinea spesso come un film sia un’opera collettiva e La Pellicola d’Oro rende giustizia a questo concetto, premiando il lavoro di maestranze e artigiani che hanno collaborato alla realizzazione dei film in concorso.

Vincitori e giuria del premio Pellicola D’oro, Venezia 2019

La Pellicola d’Oro, premio alle maestranze del cinema

Le targhe sono state consegnate il 5 settembre all’Hotel Excelsior del Lido, nello spazio dell’Italian Pavilion, che ha ospitato le attività di Anica/Luce Cinecittà durante la Mostra. I vincitori scelti dalla giuria sono stati Ettore Abate, miglior capo elettricista per Il Sindaco del Rione Sanità di Mario Martone, Gabriella Lo Faro di CostumEpoque come miglior Sartoria cineteatrale ed Emiliano Novelli miglior maestro d’armi, entrambi per Martin Eden di Pietro Marcello con Luca Marinelli (Coppa Volpi come miglior attore).

La Pellicola d’Oro è a Venezia per il terzo anno consecutivo, ma l’edizione nazionale del premio Mestieri e Artigiani del Cinema Italiano festeggerà a maggio 2020, a Roma, il suo decimo anno di vita. A promuoverlo e organizzarlo sono le associazioni culturali “Articolo 9 Cultura & Spettacolo” (www.artnove.org) e “S.A.S. Cinema”, presiedute dall’art director e regista Enzo De Camillis. Sono associazioni formate da professionisti della filiera cine-audiovisiva che si propongono l’obiettivo di divulgare, difendere e valorizzare i mestieri del cinema confinati nel cono d’ombra delle figure autoriali e attoriali. «La Pellicola d’Orospiega Enzo De Camilliscelebra quelle professionalità che compaiono solo nei titoli di coda dei film, ma che sono a tutti gli effetti determinanti per la loro realizzazione». De Camillis,  sottolinea come il premio, patrocinato anche da Mibac Direzione Cinema, da un anno si sia aperto anche alla serialità, orizzonte ormai imprescindibile dell’audiovisivo contemporaneo.

Diverse sono le categorie prese in considerazione, con i professionisti nominati in cinquine: Direttore di produzione; Operatore di macchina; Capo elettricista; Capo macchinista, Attrezzista di scena; Sarta di scena, Tecnico effetti speciali; Sartorie cineteatrali; Capo costruttori; Maestro d’armi; Creatore di effetti sonori (Rumoristi); Story Board Artist.

Tra arte e artigianato, le maestranze Made in Italy rappresentano un patrimonio da tutelare. «Rischia però di saltare il passaggio generazionale”, puntualizza Enzo De Camillis. “Macchinisti, falegnami e sarti stanno invecchiando, e molti giovani sono restii a cogliere l’opportunità di seguire queste strade. Mancano sicuramente anche scuole e strutture formative specifiche per questi mestieri».

Francesco di Leva e Daniela Ioia nel film “Il Sindaco del Rione Sanità”. Photo@Mario Spada

 

Storie dal set

La Pellicola d’Oro offre quindi l’opportunità di affacciarci alle molteplici figure dell’industria cinematografica e scoprirne i percorsi umani e professionali. Ettore Abate, come abbiamo visto, è stato decretato il miglior capo elettricista per Il Sindaco del Rione Sanità di Mario Martone. Ha un diploma di geometra, ma è come assistente fotografo che si avvicina per caso al mondo del documentario. «Da lì è iniziata la mia carriera. Ho conosciuto addetti ai lavori che hanno creduto in me e mi sono trasferito da Napoli a Roma nel 1983». Ettore si forma sul campo, in ambito televisivo e poi cinematografico, diventando negli anni Novanta capo elettricista. Qual è il suo compito sul set? «Sono il braccio destro del direttore della fotografia, il responsabile delle luci e dei colori del film che, per concretizzare le sue idee, necessita di tecnici esperti al suo fianco».

Una squadra comprende almeno quattro persone, ma naturalmente dipende dal tipo di impegno richiesto dal progetto. Spesso si lavora in più unità, senza dimenticare le squadre di preparazione e di smontaggio che coadiuvano i tecnici prima e dopo le riprese. Ettore Abate ha lavorato sul set delle più importanti serie televisive italiane, da Un medico in famiglia a Capri, da I Cesaroni fino a Gomorra e a I Medici, nonché agli ultimi titoli di Edoardo De Angelis (Il vizio della speranza e Indivisibili) e a L’ora legale con Ficarra e Picone. «La vicinanza alla fotografia mi ha portato a intraprendere questo mestiere perché mi dà la possibilità di occuparmi dell’aspetto che ritengo in assoluto più interessante: plasmare la luce, fare della luce ciò che voglio». Ma come può un giovane seguire le sue orme? «La mia proposta è quella di avviare percorsi formativi affinché le nuove generazioni possano essere introdotte alla lavorazione di un film o di una serie e avere così l’opportunità di interfacciarsi in modo concreto alla mia professione, che è soprattutto artigianato, inserendosi in un’industria cinematografica affascinante ma per molti versi ancora poco conosciuta».

Luca Marinelli, attore protagonista del film “Martin Eden”.

Una vita da stunt

Maestro d’armi, una qualifica che rievoca il cinema del passato e il genere di cappa e spada. Oggi si parla di stunt coordinator, responsabile dell’azione e delle scene ad alto rischio di un film, dagli inseguimenti ai combattimenti fino all’interazione con gli elementi (acqua, fuoco). Riconosciuto per il suo lavoro con Luca Marinelli in Martin Eden – «un ottimo professionista, molto preparato» – Emiliano Novelli e il suo studio Ea Stunt sono una vera e propria colonna del settore. Tre dei cinque film che erano in corsa per rappresentare l’Italia ai prossimi Oscar nella categoria International Feature Film Award, vedono infatti le sequenze d’azione firmate da Ea Stunt: oltre a Martin Eden, Il primo Re di Matteo Rovere e l’infine selezionato Il traditore di Marco Bellocchio. 

«Le sequenze action vengono costruite con il regista: dopo aver capito come intende rappresentare l’azione, facciamo delle proposte per poi procedere alla fase operativa», spiega Novelli. Una breve sparatoria può richiedere solo una giornata di lavoro; dietro invece alle coreografie di combattimento c’è un processo molto più lungo e articolato: Ssi devono insegnare le basi agli attori prima di montare le coreografie, perfezionarle e filmarle per sottoporle al regista e fare nel caso ulteriori aggiustamenti». Ne è un esempio concreto Il primo Re di Rovere, che ha richiesto un bootcamp full immersion di 8-10 settimane con tutti gli attori e gli stunt.

«Il trend è oggi collaborare il più possibile con gli attori, là dove la sicurezza lo permette. È più complesso, perché gli interpreti devono essere resi credibili; quando non c’è il tempo, vengono sostituiti dagli stunt. Protagonisti e professionisti spesso interagiscono: in una scena dove l’attore si confronta con antagonisti anonimi non si scelgono semplici comparse, ma stunt per facilitare il compito dell’attore e metterlo in sicurezza».

Ea Stunt è una realtà famigliare giunta alla terza generazione. Stunt era il padre di Emiliano, Mario; lo è il fratello, Alessandro, e lo sono i figli. È una realtà strutturata che coinvolge circa 60 persone, tra cui 10-12 stunt fissi e molti giovani che si stanno perfezionando. Lo studio è il primo in Italia, e tra i pochi in Europa, a formare direttamente le proprie risorse, introducendole in maniera progressiva nel team attraverso un vero e proprio apprendistato. «Solo osservando i professionisti e facendo la gavetta, considerando la varietà del nostro lavoro, si può imparare questo mestiere. Ad avvicinarsi sono soprattutto ragazzi provenienti da arti marziali, ginnastica, parkour, motociclismo, automobilismo, che hanno attitudini ma devono ampliare le competenze per offrire un profilo più completo, che avrà più opportunità sul mercato. Da parte mia c’è la responsabilità di capire il loro grado di preparazione per non esporli a rischi».

Oltre la predisposizione fisica, qual è la qualità più importante per uno stunt? «L’equilibrio mentale. La leggenda metropolitana vuole che lo stunt sia un pazzo, ma non è così. È un lavoro psicologicamente pressante, che presuppone consapevolezza e rispetto di ciò che si sta facendo». Ai livelli più alti, questo mestiere richiede infatti specifiche conoscenze tecniche, ad esempio per realizzare esplosioni e cappottamenti con i mezzi, che non possono di certo essere improvvisate. «Servono anche tanto amore, passione e attitudine al sacrificio. Per Il primo Re abbiamo girato nelle paludi, nel fango, nei boschi, di notte sotto la pioggia, senza le risorse che, ad esempio, hanno negli Stati Uniti per riscaldare gli stunt tra un ciak e l’altro. Ma abbiamo fatto gruppo e abbiamo tutti sposato la visione di Matteo Rovere e il risultato è senz’altro qualcosa di particolare per il cinema italiano». Un cinema italiano sempre più orientato ai generi, e che quindi offre agli stunt molte più occasioni per emergere.

Lo studio di Emiliano Novelli guarda agli Stati Uniti, pur tenendo ben presente la realtà dell’industria cinematografica italiana. Ea Stunt offre alle produzioni un’area attrezzata dove poter provare e realizzare le sequenze action con l’ausilio di attrezzature e personale specializzati. «Preparare un film in questo modo favorisce anche le produzioni low budget perché si ottimizzano le risorse, senza lasciare nulla al caso durante le riprese».

 

 

In copertina un’immagine deIl primo Re” girato nelle paludi, nel fango, nei boschi, di notte sotto la pioggia.

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