Dimensionamento scolastico, fino a 33 scuole gestite dalla stessa presidenza

Il dimensionamento scolastico varato dal Governo toglierà autonomia alle scuole sotto i 900 alunni, nei prossimi anni: un criterio draconiano che inficerà su efficacia e gestione delle istituzioni scolastiche. Le opinioni di Antonino Giannelli, presidente ANP, e Roberta Fanfarillo di FLC CGIL

22.01.2024
Dimensionamento scolastico e i suoi effetti: un'aula con le sedie rovesciate sui banchi, a riposo

Non c’è pace per la scuola italiana. Tra carenze di organico, ritardi nei rinnovi contrattuali, classi pollaio e edilizia vetusta, il sistema dell’istruzione è uno dei talloni d’Achille del Paese, al centro di scontri periodici tra sindacati, Governo e studenti. L’ultimo oggetto della discordia è il dimensionamento scolastico, strumento attraverso il quale gli enti locali propongono annualmente l’aggregazione, la fusione o la soppressione di scuole al fine di avere istituzioni scolastiche con un numero di alunni che rispettino i vincoli imposti dalla legge.

In realtà è solo l’ennesimo capitolo di un racconto che si ripete da vent’anni, da quando cioè si iniziò a “razionalizzare” le istituzioni scolastiche: erano 11.592 nel 2000-01, 9.139 nel 2012-13 e 8.160 nel 2021-22 (con un numero di plessi funzionanti pari a 41.193 a fine 2022). Se aggiungiamo le 6.885 che si intendono sopprimere nel 2031-32 arriviamo a una riduzione complessiva del 40% in trentanni.

Dimensionamento scolastico, sotto 900 alunni niente autonomia

Con il decreto attuativo 127 del 30 giugno 2023 il MIM, ministero dell’Istruzione e del merito, ha infatti stabilito i nuovi criteri per definire gli organici di dirigenti scolastici (DS) e direttori dei servizi generali e amministrativi (DSGA): solo le scuole con più di 900 alunni potranno avere un proprio DS e un DSGA in via esclusiva, le altre dovranno essere amministrativamente accorpate in organizzazioni scolastiche più grandi, tali da raggiungere il numero minimo di studenti. La pianificazione arriva attualmente fino all’anno scolastico 2026/2027, ma si intende darle un respiro più ampio, fino al 2032.

Secondo il ministro Valditara si tratta di una norma che, in osservanza dei vincoli europei imposti dal PNRR, permette di efficientare la presenza della dirigenza scolastica sul territorio, eliminando l’abuso delle reggenze e generando risparmi per oltre 88 milioni di euro.

In realtà il timore è di trovarsi dinanzi all’ennesima operazione per fare cassa, tagliando la spesa scolastica a scapito, ancora una volta, della qualità del servizio. Sebbene ad oggi sembri che non si verificheranno soppressioni degli istituti né perdita di posti di lavoro per dirigenti scolastici (DS) e amministrativi (DSGA), tanto che è appena stato bandito un concorso per 587 DS che tiene conto del naturale ricambio del personale nei prossimi anni, i dubbi sull’effettiva efficacia del piano in termini di miglioramento del sistema scolastico sono molti.

Non a caso Emilia-Romagna, Toscana, Puglia e Campania hanno tentato di opporsi all’applicazione della legge ricorrendo a Corte costituzionale e TAR, ma Consulta e Consiglio di Stato hanno stabilito che dovranno adeguarsi alla normativa. È vero, con il decreto Milleproroghe il Governo ha corretto parzialmente il tiro, permettendo di mantenere il 2,5% in più di autonomie (185 in totale), ma si tratta pur sempre di una deroga ammessa per il solo anno scolastico 2024/2025 e comunque non vincolante, tanto che alcune Regioni, come la Lombardia, hanno deciso di non usufruirne.

Antonello Giannelli, presidente ANP: “Sistema accorpato ma disgregato”

Il ridimensionamento è significativo: tra il 2024 e il 2027 i DS e i DSGA passeranno da 7.461 a 7.309 mentre, dal prossimo settembre, saranno 628 le istituzioni scolastiche accorpate o soppresse, con azzeramento di presidenze e segreterie.

A pagare il prezzo più alto, come sempre, è il Mezzogiorno, dove si concentra il 70% delle soppressioni, poiché al Nord è già stato fatto un dimensionamento severo negli anni scorsi. Un esempio di ciò che ci aspetta, estremo ma non per questo irripetibile, viene dalla Calabria, dove gli effetti del dimensionamento determineranno il passaggio di molti plessi sotto un’unica istituzione scolastica che si troverà a gestire, in alcuni casi, 27, 28 e 29 scuole sotto una stessa presidenza, per arrivare al caso limite di una istituzione della provincia di Vibo Valentia con 33 scuole da gestire e sette amministrazioni comunali con cui relazionarsi. La prospettiva concreta, dunque, è che questa perdita di autonomia e la creazione di tanti mega istituti si traducano in un grande calderone gestionale, perché più grande è la scuola, più difficile sarà farla funzionare.

La prima criticità del dimensionamento così come ideato dal ministero risiede nel metodo di individuazione delle scuole da “razionalizzare”. “Oggi si basa unicamente sul numero di alunni, anche se le scuole sono molto lontane”, dice Antonello Giannelli, presidente di ANP, Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola. “In realtà a contare dovrebbero essere distanza e omogeneità di indirizzo. Se io accorpo due sedi e poi, come dirigente, mi devo fare 30 chilometri per andare da una all’altra è chiaro che l’efficacia della mia azione ne risentirà, perché se non riesco a essere presente vengono meno l’omogeneità e il coordinamento del servizio. In questo modo si viene a creare un sistema accorpato ma disgregato, fatto di istituti che sulla carta sono un’unica scuola, ma nella realtà sono diversi”.

L’esodo dei dirigenti e le enormi difficoltà di gestione

Il dimensionamento prefigura per DS e i DSGA compiti e responsabilità sempre più complessi e molti saranno costretti a cambiare istituto.

“È vero che non ci saranno esuberi di organico”, spiega Roberta Fanfarillo, responsabile DS di FLC CGIL, “ma se, per esempio, vengono accorpate due scuole ciascuna con un proprio DS titolare, sarà il direttore scolastico regionale a decidere chi dei due rimane, mentre l’altro dovrà andare altrove. E il discorso vale anche per i DSGA. Il punto è che spostarsi un un’altra scuola è sempre condizione di grande stress, perché col contesto cambiano anche le relazioni, tanto più se si tratta di ricostituire una comunità in cui i docenti vengono da situazioni anche molto diverse e che quindi possono avere difficoltà a integrarsi. Il compito di un DS è anche quello di valorizzare le professionalità dei propri collaboratori, ma come si fa quando ci si trova a dover gestire un corpo docente composto da 200 o anche 300 insegnanti che provengono da realtà diversissime tra loro? Se dovessi sintetizzare, direi che il vizio di fondo di un dimensionamento così concepito è aver perso del tutto di vista la scuola intesa come comunità che condivide un progetto educativo”.

Già, perché una comunità sempre più ampia non si traduce automaticamente in una comunità più coesa. Al contrario, spesso significa solo più caotica. Pensiamo, per esempio, a come sarà d’ora in poi la gestione degli organi collegiali. Il DS è infatti anche il presidente dei consigli di classe e interclasse e del collegio docenti. Vedrà quindi aumentare il numero dei consigli da presiedere, oltre a quello dei docenti che compongono il collegio, che diventerà di dimensioni elefantiache, con tutte le difficoltà del caso. Per non parlare dei piani formativi, da riparametrare del tutto, col rischio di produrre un’offerta che, nell’esigenza di far stare insieme le diverse specificità delle scuole che confluiscono nella nuova istituzione scolastica, finisce per non rispecchiarne nessuna e perderle tutte.

“I problemi”, continua Fanfarillo, “riguarderanno anche la gestione dei fondi del PNRR. Si immagini il bilancio di una scuola che ha già ricevuto dei finanziamenti per realizzare dei progetti coi fondi europei e che il prossimo anno si vede spezzare questi progetti in più scuole. È evidente che quegli interventi andranno ripensati alla radice”.

La perdita (ennesima) nell’offerta scolastica

Non dimentichiamo poi che il dirigente scolastico, in quanto datore di lavoro, deve garantire la sicurezza di tutti gli edifici in cui si trovano le sue scuole e la salute di tutte le persone che vi si trovano. Aumentando le aggregazioni scolastiche cresce anche il numero degli edifici per i quali il DS dovrà realizzare i documenti di valutazione del rischio; così come, all’estendersi del territorio da gestire, aumenteranno i soggetti istituzionali con cui interagire, come i Comuni e le ASL, perché, ricordiamolo, il DS è anche il rappresentante legale dell’istituzione scolastica. L’aggravio dal punto di vista organizzativo è evidente.

Quale sarà il risultato di tutto ciò?

Una gestione giocoforza caotica che metterà in affanno i dirigenti scolastici e amministrativi nel tentativo di far funzionare strutture ipertrofiche, col rischio che le incombenze burocratiche soffochino la vocazione formativa della scuola. Perché è chiaro che se l’unico criterio alla base del dimensionamento è il numero di studenti, la storia, la specificità, il “carattere” e l’omogeneità di indirizzo delle strutture che vengono accorpate si perdono del tutto. E allora, oltre alle difficoltà gestionali, si crea anche un enorme problema di coerenza e adeguatezza dell’offerta formativa. E di tenuta della comunità, non solo scolastica.

 

 

 

Photo credits: ternitoday.it

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