Il Lato A di Germano Lanzoni

Scarica il podcast della puntata. La prima cosa che ho capito alla fine della lunga chiacchierata con  Germano Lanzoni è che sarebbe stato molto difficile raccontare la sua storia senza correre il rischio di tralasciare alcune parti della sua ricchissima carriera artistica.  In modo riduttivo potrebbe essere definito come un artista milanese che ha raggiunto il grande […]

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La prima cosa che ho capito alla fine della lunga chiacchierata con  Germano Lanzoni è che sarebbe stato molto difficile raccontare la sua storia senza correre il rischio di tralasciare alcune parti della sua ricchissima carriera artistica.  In modo riduttivo potrebbe essere definito come un artista milanese che ha raggiunto il grande pubblico prestando il volto al Milanese Imbruttito; in realtà Germano è molto di più, e questo personaggio è solo la punta dell’iceberg. Germano infatti è comico, speaker radiofonico e anche e soprattutto un cantautore: l’ironia e la competenza sono gli elementi che caratterizzano ogni suo progetto.

Come spesso accade la sua storia musicale comincia con l’emozione legata all’acquisto del primo disco. Germano uscì dal negozio di dischi con in mano un 45 giri che avrebbe fatto epoca: Born to Be Alive di Patrick Hernandez. Una volta a casa lo ascoltò più volte sul suo mini stereo compatto perché, come spesso avveniva in quegli anni, l’uso del ben più appetibile stereo Technics era prerogativa esclusiva  del papà.

In quegli anni si avvicina al mondo delle discoteche e scopre la vocazione del ballo. Del resto, con un papà ballerino di Be Bop e la nonna anch’essa ballerina, il richiamo del DNA si faceva sentire. La pratica però era diversa, e il grande impegno profuso non otteneva gli effetti sperati – cioè avvicinare le ragazze – ma quello opposto. Quando accadeva era davvero il caso di dire che se l’era sudata!

Il quel periodo usciva anche un’altra canzone che avrebbe segnato il percorso artistico di Germano: Sheila And The B. Devotion propose una splendida versione di Singing In The Rain di Gene KellyQuella, e in generale le cover, avevano il potere magico di avvicinare le generazioni e far rivivere a chi non c’era le emozioni del passato.

Per Germano Singing in the Rain è diventata una filosofia di vita e confessa che a volte, quando piove, un saltello sbattendo i tacchi e atterrando nella pozzanghera lo fa ancora.  Perché è importante tenere viva la parte di te che ti porti dentro sin da quando eri bambino, e che diventa poi una sorta di garanzia di equilibrio quando si diventa adulti.

Dopo avermi conquistato raccontandomi di aver partecipato come comparsa ad alcune edizioni di Drive In , Germano mi regala un aneddoto incredibile, che compare anche sul suo CV: il trasloco di e per Dario Fo. Non un cameo in un’opera inedita del maestro, ma un trasloco in piena regola: qualche giorno prima Germano aveva ricevuto la telefonata di un amico attore che gli disse: “Dario ha bisogno di te”. L’emozione fu incredibile, e rimase tale anche quando apprese che si trattava di catalogare, inscatolare e trasportare tutti gli scritti, gli appunti e il lavoro di una vita di Dario Fo e Franca Rame. Era pur sempre un’occasione d’oro per conoscere da vicino il maestro e magari, chissà, farsi raccontare qualche aneddoto. Ma come spesso accade la realtà fu leggermente diversa. Quando Germano bussò alla porta di casa e fu fatto entrare le uniche parole che poté scambiare con il maestro furono:

“Per il trasloco…”

“Di là.”

Come molti altri artisti, Germano mosse i primi passi della sua carriera frequentando la grande scuola dell’animazione turistica, dove uno dei suoi primi capi animatori fu Mr. Forest. Quando dopo qualche anno divenne lui stesso capo animatore capì che era necessario un salto di livello: è vero che bisogna avere il coraggio di provarci ed essere al posto giusto nel momento giusto, ma è anche necessario diventare bravi.

Si iscrisse così alla scuola di teatro dell’Arsenale a Milano con Marina Spreafico. Il lavoro e l’applicazione gli avrebbero aperto in futuro le porte Radio DJ e successivamente di RDS. Furono anni intensi e divertenti in cui si portarono per la prima volta le radio e l’animazione direttamente nelle spiagge.

Ma il vero grande amore restava sempre il teatro comico, quello del cabaret milanese che nasce dal Kabarett tedesco, noto per la satira politica, e dallo Chat Noir parigino, nato in opposizione allo stile del Cafè Chantant. In Italia arrivò dapprima  col il Nebbia, locale storico, per poi mettere radici al Derby.

Iannacci, Gaber, Paolo Rossi e tanti altri ma tra tutti i grandi artisti Cochi e Renato sono quelli che più lo hanno ispirato, specie con il loro brano simbolo: La vita l’è bela.

È da queste radici che è nato Trecital, un progetto di grande amore per l’arte realizzato con la complicità di Rafael Didoni e Flavio Pirini, che divenne uno spettacolo – e poi un disco – con la regia di Deborah Villa. Era il prodotto di dieci anni di laboratori iniziati nel 2004, quando con Rafael Didoni aveva fondato i Democomica,un luogo dove i comici irriverenti potevano sperimentare la loro comicità fuori dai circuiti e dalle mode. Il brano principale ricorda le sonorità della comicità milanese di Cochi e Renato, Iannacci e Gaber, e si intitola Che Bella Milano.

Germano è anche impegnato in un progetto di restituzione sociale, come ama definirlo: restituire alle persone e al territorio un po’ di quanto ha appreso nel tempo. Presta la sua opera nelle scuole medie della periferia milanese per attivare i ragazzi al gioco teatrale. Si tratta di una fascia di età importante: sono le scuole in cui entri bambino ed esci adolescente, e molto di ciò che apprendi riguarda ciò che sarai da adulto. Qui c’è la possibilità di scoprire un talento, e attraverso il gioco teatrale far emergere dinamiche e potenzialità nuove. È anche un progetto che combatte il bullismo, aiutando i ragazzi a passare dal “ridere di” al “ridere con”.

Nel 2010 i Democomica a Milano erano il gruppo più alternativo, e i ragazzi neodiplomati alle Scuole Civiche di Cinema, Televisione e Nuovi Media di Milano che avevano appena fondato Il terzo segreto di satira girarono un docufilm sulle possibili alternative al movimento comico di Zelig. Fu proprio in quel contesto che avvenne il primo contatto tra Germano e i ragazzi che avevano da poco creato la pagina Facebook del Milanese Imbruttito, un’intuizione geniale nata dall’osservazione dei milanesi da parte di Marco Federico e Tommaso, rigorosamente non milanesi, capaci di coglierne al volo gli aspetti dissonanti e involontariamente comici.

Quei milanesi sono un po’ gli eredi di quelli raccontati da Iannacci in Son s’cioppaa.

Ancora oggi, dopo tanti video, non sempre riesce a togliere e mettere i panni del Milanese Imbruttito senza che qualche residuo gli resti attaccato addosso.

Lato B, il ruolo in azienda

Germano ha capito di essere imprenditore in un giorno e in un momento preciso: quando ha aperto la Partita Iva.  Sembra un processo burocratico ma senza rendersene conto si diventa imprenditori. Da artisti è fondamentale capire che si è sia prodotto che impresa.

In Italia la cultura legata all’arte è concettualmente separata dal fare impresa. Il paradosso porta però a immaginare che gli artisti vivano d’aria ed emozioni, sempre in attesa di qualcuno che li chiami e peschi il coniglio dal loro cilindro. Negli Stati Uniti c’è un approccio molto diverso: in un percorso di dieci lezioni della Scuola di Recitazione Cinematografica di New York, ben due insegnavano i criteri e le tecniche per trovare il manager giusto.

Così la prima cosa che fece Germano quando comprese di essere un imprenditore fu quella più difficile: creare il team. Ora sì che si era davvero pronti a partire, sulle note rese celebri dal musical Hair: Let the sunshine in.

Il viaggio musicale nelle aziende continua.

 

Credits:

Snooky Records Studio by Marzio Francone

Unsplash.com. Saxophone by A. J. O’Reilly

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