Editoriale 64. Straniero sarai tu

Quello del 2018 si chiama Ultra Violet. “Il viola è un colore complesso e noi viviamo un’epoca complessa”, ha commentato Lee Eisenman direttore esecutivo del Pantone Color Institute. “Questo colore storicamente è associato a opere d’ingegno e pensieri visionari. È intrigante, affascinante, magico. Una tonalità di viola drammaticamente provocante e riflessiva che comunica originalità, ingegnosità […]

Quello del 2018 si chiama Ultra Violet.

“Il viola è un colore complesso e noi viviamo un’epoca complessa”, ha commentato Lee Eisenman direttore esecutivo del Pantone Color Institute. “Questo colore storicamente è associato a opere d’ingegno e pensieri visionari. È intrigante, affascinante, magico. Una tonalità di viola drammaticamente provocante e riflessiva che comunica originalità, ingegnosità e pensiero visionario, indicandoci la strada verso il futuro.”.

Ci siamo ridotti così, coi codici Pantone. Ridotti a farci dire a livello mondiale quale sarà il colore di tendenza del prossimo anno così che moda, grafica, cosmetica o design possano mettersi in fila e non sentirsi esclusi.

Ci siamo ridotti così.

Solo con la pelle siamo rimasti a dividerla da sempre in soli due o tre colori e quella che va di moda è sempre la stessa ma la complessità sociale si nutre, avida, del bisogno di individuare uno straniero da noi: basta un dettaglio ritenuto stonato nell’altro – non solo di melanina – per darci un’identità migliore nel merito e, quando la pelle non basta più, subentrano i pregiudizi sulla pelle e da lì in poi l’escavatrice della banalità andrà sempre più a fondo, le distanze tra io e noi saranno sempre più insormontabili.

Catalogare è una necessità quando non è un pregiudizio: nel primo caso funzionale a un progetto, nel secondo caso alla propria autostima, ovviamente scarsa.

Straniero non è una questione di colore ma di paure e sfumature.

Più ti incasello diverso da me, più mi racconto che non avremo mai niente in comune, meno vengo a cercarti: vale nelle relazioni a due, vale tra gli adolescenti, vale in qualsiasi comunità, vale in ogni rapporto. Gli uffici di lavoro sono pieni di stranieri pur avendo tutti pelle bianca e parlando la stessa lingua, le aziende sono piene di barconi carichi di pregiudizi che ogni giorno attraccano e gli scafisti hanno nomi noti a tutti ma nessuno lo denuncia.

Ancor prima della pelle arriva l’immaginario medio della pelle che è un’espressione piena di falle dove la più profonda sta nel fatto che fonda se stessa sui numeri. I numeri sono affidabili se presi singolarmente e non quando li si misura come massa: nell’immaginario si prendono in prestito i pensieri degli altri e si pensa vadano bene anche per se stessi. La politica ne è maestra, soprattutto a ridosso di chiamate elettorali – gestite usando slogan di basso rango e bassissimo contenuto; vale per la maggior parte degli schieramenti. Il rischio dell’immaginario medio vale in ogni direzione, sia da chi discrimina sia da chi si sente discriminato.

Il Tribunale di Modena ha archiviato ieri l’indagine nei confronti di tre organizzatori di serate nei locali della zona, persone tra i 24 e i 37 anni: oggetto della questione due presunti episodi di discriminazione razziale denunciati da altrettanti clienti di colore in una discoteca di Baggiovara.

Secondo quanto riferivano i clienti, a inizio gennaio 2017 la discoteca aveva predisposto un’apposita fila di ingresso per stranieri con un prezzo maggiorato di 25 euro (consumazione esclusa) a fronte di un costo serata di 12 per tutti gli altri (consumazione compresa). Nella denuncia dicevano di avere ricevuto queste parole come spiegazione: “È la regola, in questa fila si paga 25 euro ed è riservata agli extracomunitari”. Gli organizzatori finirono indagati ma una memoria difensiva, accolta dalla Procura, ha confermato che la fila da 25 euro non faceva discriminazioni di razza ma di età ed era per i nati dal 1998 in giù, per chi non aveva un abbigliamento adeguato e per i clienti ‘non graditi’ al locale causa precedenti spiacevoli.

Fine della storia, i pregiudizi stanno dappertutto e usarli in malo modo fa comodo a tutti.

Immigrati, stranieri, rifugiati, extracomunitari, richiedenti asilo, apolidi, profughi: parole che usiamo a caso, un tanto al chilo, ma se si tratta di sapere le differenze tra il pantone dell’anno non si può mica sfigurare. Tanto premurosi con l’estetica quanto disinteressati alla geografia del mondo che ogni giorno sputa gente più o meno in disgrazia, più o meno diversi da noi, e sputando li spinge qua e là.

Le razze sono buone piante infestanti che una volta messe le radici si dimenticano di doversi contenere: come radici che orizzontalmente vanno, occupano, sovrappongono, succhiano, nutrono, rilasciano.

La pelle non è un pantone che quest’anno va di moda il nero sahariano e l’anno prossimo il pallido asiatico. La pelle tira tutti i giorni; se solo ci mettessimo una mano sopra lo sentiremmo senza aggiungere parole.

 

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