Editoriale 97. Nobìlita, vaccino per il lavoro

Alcune rivoluzioni si possono fare solo dal vivo anche se di questi tempi le presenze si sono fatte immateriali o quanto meno consigliate a qualche metro di distanza. Un festival è tra le esperienze più vive possibili per quanto il 2020 ci abbia messo alla prova con una edizione di Nobìlita misurata al millimetro. È […]

Alcune rivoluzioni si possono fare solo dal vivo anche se di questi tempi le presenze si sono fatte immateriali o quanto meno consigliate a qualche metro di distanza. Un festival è tra le esperienze più vive possibili per quanto il 2020 ci abbia messo alla prova con una edizione di Nobìlita misurata al millimetro. È andato tutto bene, che sinceramente vale molto di più dell’abusato andrà tutto bene.

Il mondo sembra essere di colpo finito dentro quei giri di lavatrice con le temperature e i programmi sbagliati. Stiamo più scomodi e più stretti di qualche mese fa. È però nello stare a disagio, e sbilanciato, che il corpo cerca per istinto un assestamento e una nuova stabilità, magari anche solo transitoria.

Anche il lavoro sta scomodo da anni: impigliato, appeso, ingabbiato, piegato. Di fatto non lo abbiamo mai trattato come meritava e cioè da “persona” perché alla fine questo c’è dentro il lavoro: vite umane che hanno una voce e un corpo molto prima dei progetti, ben prima dei piani di investimento e delle logiche di chi il lavoro lo organizza e lo gestisce.

Quando ogni anno immaginiamo l’edizione successiva di Nobìlita, lo sforzo più grande è guardare più in là degli altri e offrire dal palco un confronto pionieristico capace di annusare e intuire non tanto cosa sarà il lavoro nel medio futuro ma come muoversi per andare in quella direzione. Speriamo di esserci riusciti.

CONDIVIDI

Leggi anche

Ce l’ho, mi manca!

A metterla subito sul piano delle mancanze sarebbe anche troppo facile perché misurare l’Italia dalle assenze procura davvero poco spasso. Sembra che ci manchi tutto e ci fa ancora più comodo pensare sia così. Sarà poi vero? Che poi sono sempre gli altri ad esser carenti. Il senso della frase diventa più profondo se ci […]

Editoriale 116. Cavalli di battaglia

In campo musicale internazionale la chiamano signature song, è il cavallo di battaglia, il pezzo che marca l’artista; ai concerti, se non lo canta, è delusione assicurata. Quello che non sempre si racconta è che molti cavalli di battaglia musicali sono stati creati a tavolino dalle case discografiche per legare i fan a quell’artista, per […]