Editoriale 02. Qualcosa è cambiato

“Ti trovo cambiato”. Sono tre parole che restano lì, un po’ appese perché non capiamo mai se sia un bene oppure no che da fuori ci vedano diversi. Un po’ ci infastidisce, un po’ ci esalta. Resta il fatto che non sembriamo più quelli di prima, di certo qualcosa è cambiato. “Ti trovo cambiato da […]

“Ti trovo cambiato”. Sono tre parole che restano lì, un po’ appese perché non capiamo mai se sia un bene oppure no che da fuori ci vedano diversi. Un po’ ci infastidisce, un po’ ci esalta. Resta il fatto che non sembriamo più quelli di prima, di certo qualcosa è cambiato.

“Ti trovo cambiato da quando fai quel lavoro”. Se però ci dicono dove e quando siamo cambiati, se cioè ci forniscono un parametro, la storia cambia verso perché possiamo capire e argomentare. Ogni cambiamento ha bisogno di una direzione.

Comunque sì, ci siamo spostati se teniamo fisso il fatto che poche cose ci trasformano come il lavoro che facciamo. Ma vale anche il contrario?

Il secondo numero di Senza Filtro è andato proprio a chiedersi se siamo capaci di cambiarlo noi il lavoro e non solo di subirlo aspettando quel Godot che fa comodo ai pigri.

Abbiamo chiesto ai collaboratori di questo numero di raccontarci cosa si è mosso in Italia e nel mondo mentre i teorici del change management stanno ancora lì a suggerire la strada migliore.

In redazione abbiamo approfittato di un tema così elastico e pur avendone sfruttato tutta la flessibilità per dedicargli spazio in ogni sezione del giornale non lo abbiamo deformato. Anche quando leggerete delle mance del Presidente Mattarella al bar della Corte Costituzionale e vi verrà il dubbio che abbia poco a che fare con questo tema portante, andate avanti perché farete un salto fin negli Stati Uniti e capirete. E poi sicurezza del lavoro, social selling, ancora partite IVA, fundraising, contratti a tutele crescenti, persino Sanremo.

Quando si salta da una vita professionale a un’altra si è soliti dire “sai, ho cambiato lavoro” ma il tono poggia sempre sull’incerto perché quando salti senti prima il vuoto. Spero che ognuno di noi, prima o poi, guadagni la stima di se stesso per la trasformazione grande o piccola di cui sarà capace e arrivi finalmente a dire “sai, ho cambiato il lavoro”.

CONDIVIDI

Leggi anche

Editoriale 39. Noi, Robot

Di tutte le storie che diventano seriali, la prima viaggia sempre senza numeri progressivi. E’ dalla seconda in poi che corre quasi l’obbligo di tracciare protagonisti e differenze. Vale per i film ma anche per le rivoluzioni di cui quella industriale ha ancora molto da dire nonostante le semplificazioni finiscano sempre sulla sola macchina a […]

Editoriale 67 – Lavori stagionali

“Ci dicevano che se fai la guerra perdi, perché il giorno dopo non vai più a lavorare”. C’è scritto proprio così nella testimonianza messa a verbale dalla Procura di Trani per bocca di una delle seicento donne intorno alle quali nel 2015 era scattata la denuncia dopo la morte di Paola Clemente, morta sui campi […]

Editoriale 65. Mea culpa

Se lo rivedessi oggi, gli direi di farselo anche lui un mea culpa. Era un prete che del cristianesimo aveva preso il peggio: il senso di colpa da buttarti addosso. Saranno passati trent’anni e chissà cosa direbbe oggi quel prete davanti a una Chiesa cui tocca snocciolare pubblicamente i rosari del perdono perché la macchia […]