Violenza di genere, Imola ci lavora su. L’assessora Elisa Spada: “Lavoro femminile chiave del riscatto”

Intervistiamo l’assessora per le Politiche di genere e partecipative, l’Ambiente e la Mobilità sostenibile del Comune di Imola sul tema dell’inclusione lavorativa come strumento per combattere la violenza.

Elisa Spada, classe 1979, è architetta e assessora del Comune di Imola per l’Ambiente, la Mobilità sostenibile, le Politiche di genere e partecipative. Con l’assessore allo Sviluppo economico Pierangelo Ruffini, è intervenuta sul palco di Nobìlita il 24 maggio per fare gli onori di casa e presentare agli spettatori dell’autodromo un tema molto interessante: la correlazione tra la violenza di genere e il lavoro, o meglio la sua mancanza. Abbiamo voluto approfondire con lei questo argomento, l’indipendenza economica attraverso il lavoro come percorso di emancipazione e di uscita delle donne da una situazione di violenza domestica.

Per questo numero speciale di SenzaFiltro, dedicato al festival Nobìlita, Elisa Spada ci racconta quali politiche il Comune di Imola ha messo in campo per offrire alle donne – vittime di violenza e non solo – occasioni di riscatto personale ed economico, e per migliorare la qualità della vita delle persone attraverso la realizzazione di spazi pubblici.

Assessore, può spiegarci il rapporto che c’è tra la violenza di genere e il lavoro?

Le donne che vivono situazioni di violenza sono in condizioni economiche sfavorevoli, rispetto al compagno o al marito, perché spesso non lavorano. Per loro, quindi, è difficile liberarsi da questa situazione che stanno vivendo, in cui sono intrappolate da sole o con i figli. Alla difficoltà di lasciare un rapporto subentra la mancanza di autonomia economica, che gli consentirebbe di sostenere le spese necessarie per l’affitto di una casa. Chi non ha gli strumenti per garantirsi una propria indipendenza economica rischia di rimanere invischiata nella violenza domestica.

Che cosa si può fare per liberarle da questa gabbia?

Bisogna lavorare su percorsi di sostegno, sugli effetti che la violenza domestica ha sulle donne, ma è fondamentale lavorare sulla prevenzione del fenomeno. Mettere in campo politiche che rompano alla radice le dinamiche che portano alla violenza o che impediscono di uscirne. A livello regionale abbiamo riconosciuto che il lavoro e l’indipendenza economica sono asset fondamentali per prevenire e contrastare la violenza di genere.

Il Comune di Imola ha introdotto iniziative che riguardano questi temi, il lavoro e l’autonomia economica, specie per le donne?

In tal senso, il mio assessorato alle Pari opportunità lavora in maniera trasversale con l’assessorato allo Sviluppo economico, ponendo grande attenzione all’occupazione femminile. Ci sono due iniziative in particolare. Abbiamo stabilito un protocollo d’intesa con le imprese, basato su uno scambio d’intenti e con logiche premiali dal punto della sostenibilità ambientale e dell’occupazione. Sosteniamo le aziende, agevolandole, tramite la velocizzazione di tutte le pratiche necessarie per insediarsi nel nostro territorio, a patto che assumano donne. A febbraio di quest’anno, poi, abbiamo attivato e finanziato un corso d’imprenditoria, che riguarda l’empowerment femminile, affinché nel nostro territorio si rafforzi la cultura dell’imprenditorialità delle donne. Il corso, in fase di conclusione, vede coinvolte sedici partecipanti, donne imprenditrici che vogliono sviluppare il loro business e chi intende iniziare un percorso d’impresa. Oltre alla formazione, il corso prevede momenti pubblici di confronto con casi d’imprenditoria di successo. Esempi positivi, in grado di dimostrare che le donne possono distinguersi in diversi ambiti strategici, come la sostenibilità, il digitale, l’agricoltura o l’artigianato, competenti e che non hanno rinunciato allo stesso tempo alla loro sfera privata. Con queste iniziative si intende dimostrare che è possibile lavorare, essere felici e avere una vita privata soddisfacente. Non ci interessa il premio Nobel disadattato.

Un caso di imprenditoria di successo?

Il Comune di Imola lo scorso anno ha candidato l’imprenditrice agricola e biologa Giulia Serrao per il “Premio Tina Anselmi”, che lo ha vinto grazie a importanti innovazioni in campo agricolo. Tramite le sue conoscenze scientifiche è riuscita a rendere disponibili per tutto l’anno frutta e verdura biologiche di sua produzione, nel pieno rispetto dell’ambiente e con pratiche sostenibili.

E può fornirci degli esempi di donne vittime di violenza domestica che si sono emancipate grazie a queste iniziative?

Al momento non è possibile. Lavorare con le politiche preventive significa innescare dei meccanismi che tagliano il problema alla radice, ma che hanno effetti sul lungo periodo. Stiamo monitorando le conseguenze delle nostre politiche e abbiamo realizzato un osservatorio sul lavoro con un focus sull’occupazione femminile. Solo tra un anno saremo in grado di sapere se ciò che stiamo facendo adesso avrà dei risultati sul piano di contrasto alla violenza, è un modo di lavorare a monte. Per noi è fondamentale innescare e diffondere un cambiamento culturale, secondo il quale le donne hanno grandi capacità lavorative e devono lavorare, dimostrando che è possibile conciliare la sfera lavorativa con quella privata; che non vuol dire per forza dedicarsi alla famiglia, ma anche coltivare le proprie passioni e interessi. Ci sono donne con grandi capacità che per una serie di motivi, come la maternità o il rapporto di coppia, lasciano il lavoro. È una scelta rispettabile, ma bisogna dimostrare che è possibile conciliare le due cose.

L’Emilia-Romagna è nota per le sue politiche di welfare di successo, il che permetterebbe di raggiungere questo obiettivo culturale. È così?

Il nostro territorio regionale ha una copertura di asili nido pari al 50%, è un’offerta molto ampia. Significa che in sostanza a tutte le richieste d’inserimento viene data risposta. Pertanto a noi viene più facile fare certi tipi di ragionamenti strutturali, perché al punto di vista del welfare e del sostegno alla genitorialità corrisponde un sostegno reale e pratico nella cura dei bambini. È un aspetto fondamentale per innescare un cambiamento della cultura del lavoro.

Infine, in qualità di architetto, può dirci che influenza hanno gli spazi pubblici sulla vita delle persone?

La qualità dello spazio pubblico è il tema che mi sta più a cuore. Il modo in cui è strutturato ha la capacità di elevare la qualità e la percezione della qualità della vita delle persone. È necessario avere spazi pubblici di qualità anche e soprattutto nei quartieri critici, come le aree periferiche o meno centrali, che rischiano di essere dimenticate. La qualità dello spazio pubblico è la prima forza di contrasto alle disuguaglianze, perché favorisce le relazioni, incide sulla qualità della vita e sulla socialità delle persone a livello intergenerazionale. Come amministrazione stiamo partecipando a un bando nazionale che riguarda la qualità dell’abitare delle case popolari. Abbiamo scelto di non concentrarci solo sul costruito ma anche sulle aree verdi limitrofe, aumentandole e recuperando quelle abbandonate per farle diventare parchi urbani, e inoltre associandole al tema della mobilità sostenibile, che è alla portata di tutti e permette di connettersi al territorio e di raggiungere i servizi. In uno spazio condiviso si è più permeabili e si è incentivati a mettersi in relazione con gli altri. Non si percepiscono le differenze sociali, perché si è tutti uguali, dato che tutti sono lì per uno stesso scopo: vivere un momento piacevole con i propri bambini o con le altre mamme. In qualità di mamma, oltre che di amministratore e di architetto, per me è naturale fare certi tipi di ragionamenti. Le relazioni sono fondamentali per elevare la qualità della vita dei quartieri e delle città.

Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.


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Foto di Domenico Grossi.

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