Formatori a Reggio Children: il mondo li guarda

Per la prima volta, il 20 Novembre del 1989, venne approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia (Convention on the Rigths of the Child), in cui vengono ufficialmente riconosciuti anche dal punto di vista giuridico i diritti che devono essere garantiti a tutti i bambini e a tutte le bambine […]

Per la prima volta, il 20 Novembre del 1989, venne approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia (Convention on the Rigths of the Child), in cui vengono ufficialmente riconosciuti anche dal punto di vista giuridico i diritti che devono essere garantiti a tutti i bambini e a tutte le bambine del mondo. Nel trattato sono previsti in totale 54 articoli, tra cui: non discriminazione (Art. 2); superiore interesse – la cura sul bambino ha la priorità su tutto (Art. 3); diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino (Art. 6); ascolto delle opinioni del minore (Art. 12).

Questo non solo per garantire protezione, ma soprattutto perché i bambini e le bambine siano considerati nella società come soggetti aventi diritto come tutti gli altri, con la loro dignità.

Le gioie e i traumi che costruiscono l’impalcatura dell’identità si concentrano soprattutto in quelle prime tappe della vita, dove ogni frattura, se importante, rimane, e ogni momento felice fortifica. Quanti, se potessero tornare indietro a quando erano bambini, sceglierebbero strade diverse e diventerebbero adulti diversi? Non è possibile viaggiare nel tempo, ma si può sicuramente imparare dal passato.

L’educazione dettata da schemi rigidi e preconfezionati si sta scardinando grazie a un tessuto sociale profondamente mutato rispetto agli anni precedenti. Le fasi della vita e la loro durata acquistano una prospettiva differente. Ciò che non cambia è che tutti sono stati bambini e adolescenti, e che troppo spesso si dimenticano i momenti in cui il gioco e la felicità erano gli unici doveri.

 

Crescita e sviluppo dei bambini: il progetto Reggio Children

Quando parlo con Claudia Giudici ritrovo un confronto sincero su questi temi così cari al suo centro. Lei è Presidente di Reggio Children S.r.l, Centro Internazionale per la difesa e la promozione dei diritti e delle potenzialità dei bambini e delle bambine, nata nel 1994 grazie all’iniziativa di Loris Malaguzzi che ha ridato dignità all’infanzia. È una società composta da Reggio Children S.r.l., Fondazione Reggio Children – Centro Loris Malaguzzi e l’Istituzione Scuole e Nidi d’infanzia del Comune di Reggio Emilia.

Il percorso è stato impegnativo, mi dice; ma una nota di profondo dispiacere arriva quando mi parla del terremoto del 2012. Come nel dopoguerra, un momento storico di grande rinascita in cui i movimenti per il riconoscimento delle pari opportunità per le donne muovevano le coscienze del mondo dando un grosso impulso anche ai diritti dei bambini, il post terremoto del 2012 è stato fronteggiato facendo squadra: una rete intessuta dalle azioni e dalle convinzioni di molti per ritrovare forza e coraggio. Cittadini reggiani, stanziamenti regionali, enti pubblici e privati e il potere aggregante della musica nell’indimenticabile concerto a Campo Volo di Ligabue, Italia Loves Emilia, hanno riportato alla rinascita dell’Emilia-Romagna, rendendo nuovamente agibile la scuola emblema del metodo Malaguzzi e del Reggio Emilia Approach: “Scuola 25 Aprile di Villa Cella”, nata come istituto autogestito e divenuta comunale nel 1967.

 

Claudia, insieme al suo team di collaboratori e pedagogisti e grazie a una politica mirata e condivisa del Comune di Reggio Emilia, persegue l’obiettivo di fornire ai più piccoli un’identità reale, grazie a nidi e scuole d’infanzia intesi non solo come luoghi di custodia, ma che forniscano una qualità educativa concreta.

Il progetto è assolutamente concreto perché riesce nel suo intento: quello di creare per i bambini un mondo fantastico. In questa organizzazione sistemica ogni elemento, ogni ruolo, ogni figura professionale ha la sua precisa funzione educativa, in relazione a tutti gli altri attori, per raggiungere un unico intento.

La figura del pedagogista mantiene il suo classico e fondamentale ruolo di specialista dei processi educativi e della formazione, occupandosi inoltre del coordinamento dei piani formativi in relazione alle altre strutture del territorio. Vi sono poi naturalmente gli insegnanti di sostegno, nel supporto dei bambini con diritti speciali. Il valore aggiunto del metodo risiede nell’introduzione degli altri attori.

 

Non solo pedagogisti: gli altri attori dello sviluppo

Il primo è l’atelierista, con il quale l’arte e il disegno in atelier diventano il mezzo per consentire la piena espressione del bambino; con lui l’errore non è visto come qualcosa da evitare, ma come una possibilità. La sua formazione è artistica, con titolo conseguito presso l’Accademia delle Belle Arti. Parte integrante del gruppo di lavoro composto dai bambini e gestito dal pedagogista, l’atelierista apprende con il tempo anche la scienza dell’educazione negli aspetti più strettamente formativi, e accompagna i bambini verso il loro stesso linguaggio: quello dell’arte, della creatività e della piena espressione di sé.

Dove si può apprendere il “gioco di squadra” più che in una cucina? E allora via ad attività in cui i bambini giocano, si relazionano, entrano in conflitto e risolvono le loro controversie in un laboratorio costruito ad arte, nella massima sicurezza e in un contesto di pura sperimentazione, dove fa la sua comparsa il secondo attore: il cuoco. La sua formazione è quella delle Accademie e Scuole alberghiere, e collabora con il pedagogista per aiutare i bambini nell’esperienza immersiva di una cucina.

Il terzo educatore è l’ambiente e da qui deriva l’importanza delle figure ausiliarie, fondamentali per il benessere del luogo in cui si vive insieme. I bambini si prendono cura dell’aula in cui vivono, divenendo responsabili per quanto naturalmente consentito dalla loro tenera età.

 

Progettare il futuro. Con i bambini

La progettazione del piano formativo che prevede tali figure è molto rigorosa e precisa: vige la collegialità e la corresponsabilità delle azioni di tutti gli educatori coinvolti, operando in un meccanismo che ha la caratteristica di riprogettarsi attraverso le esigenze di apprendimento che i bambini stessi attivano.

Come sottolinea Claudia Giudici: “Il processo per la formazione iniziale dei formatori pedagogisti è un iter ben controllato e monitorato costantemente. Chi ha più esperienza supporta il collega e c’è un grandissimo piacere e una soddisfazione unica. Tale approccio rappresenta il modo più naturale dello stare con i bambini come educatore nei loro processi di scoperta. Lo stupore che si prova con i bambini se si sa ascoltare è incredibile, l’abilità alle relazioni si sviluppa maggiormente nei primi anni di vita.”

Oltre al titolo di studio che ne certifica il percorso accademico, i formatori devono fare esperienza attraverso il supporto di figure senior. Strumenti di valutazione e autovalutazione garantiscono inoltre il raggiungimento delle capacità richieste. L’insegnamento e l’educazione necessitano di abilità specifiche che possono essere apprese solo agendo e scontrandosi con le differenti dinamiche della relazione.

La formazione degli adulti ha metodi di apprendimento diversi, ma nello stesso modo un docente diventa esperto solo con la pratica; sebbene i campi di applicazione siano diversi, il punto non cambia.

 

La diffusione del progetto Reggio Children e la formazione dei formatori

Sempre di più il mondo sta applicando il Reggio Children Approach; una fama internazionale raggiunta anche grazie all’opera dei formatori stessi, che divulgano un know-how fondamentale.

Reggio Children, con Decreto Ministeriale del 18 luglio 2017, è riconosciuto Ente di Formazione Accreditato presso il MIUR per la formazione del personale docente della scuola, ai sensi della Direttiva Ministeriale 170/2016.

 

La legge 107 del 2015 definisce la formazione del personale della scuola come “obbligatoria, permanente e strategica”. Non occorrono molte parole per spiegare quindi l’importanza di discipline come quella del formatore e dell’educatore, capisaldi di una società evoluta e in contatto con la realtà.

La dignità di queste professioni, sia nella considerazione del ruolo che nel riconoscimento sociale ed economico, vanno di pari passo con la crescita di un Paese. Occorrono tecniche e politiche migliori per poterne calcolare il ritorno di investimento nel modo giusto, riconoscendolo come valore assoluto. Centinaia di ragazzi e ragazze negli ultimi anni in Italia si stanno ritirando da scuola, non trovando chi sappia indirizzarli, vittime talvolta di genitori buonisti e di un sistema scolastico spesso inadeguato e disparitario.

Ma si può sempre fare qualcosa. Le risorse pubbliche sono necessarie per far tornare questi giovani “esclusi” alla vita sociale. Occorre però una collaborazione maggiore tra scuola, cittadini e istituzioni, che renda possibile l’attuazione di piani formativi appropriati, sia per i docenti che per gli allievi, alimentando l’intero sistema. L’educatore stesso quindi, nel suo difficile compito, deve essere adeguatamente formato durante la sua intera carriera.

Il campo da gioco è fuori dalle mura delle università. Il formatore è un trainer per la vita, che prima di educare gli altri deve saper allenare se stesso.

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