Google Maps, sentinella moderna

Il mio incontro reale con Google Maps risale al dicembre 2016. Reale perché, per quanto mi riguarda, Google non è solo tecnologia e digitalizzazione, ma è fatto anche di persone. A dicembre, a Norcia ho incontrato proprio quelle persone, le Local Guides, che mi hanno fatto conoscere questo mondo. Si tratta di una community internazionale di […]

Il mio incontro reale con Google Maps risale al dicembre 2016. Reale perché, per quanto mi riguarda, Google non è solo tecnologia e digitalizzazione, ma è fatto anche di persone. A dicembre, a Norcia ho incontrato proprio quelle persone, le Local Guides, che mi hanno fatto conoscere questo mondo. Si tratta di una community internazionale di esploratori che scrivono recensioni, condividono foto, rispondono a domande, aggiungono o correggono luoghi e verificano fatti su Google Maps; per accedere al programma basta registrarsi. Oggi sono quasi una Google addicted, poiché ne ho visto le potenzialità per le piccole aziende e per il territorio in cui operano, sia in città che fuori.

Parto intanto dal presupposto di base: Google e i suoi strumenti, tra cui Maps, non sono la soluzione ai mali delle piccole aziende, ma rappresentano appunto utensili di supporto nella gestione quotidiana delle piccole realtà. Far trovare la mia azienda nella mappa può essere un punto di partenza, non certo quello di arrivo: tutto deve essere condito da una strategia, o quantomeno da obiettivi ben chiari.

Comparire sulla mappa

Lo sforzo che mi trovo ad affrontare nelle micro aziende è correggere la percezione di Maps, perché non si scambi il mezzo per il fine: anche se mi trovano su Maps e poi fornisco un pessimo prodotto o servizio, non ho poi concluso molto.

Normalmente faccio un gioco: “Ok, ti ho trovato su Maps. Vengo da te perché voglio le porte nuove di casa. Mi dici perché dovrei comprare da te invece che dall’altro che si trova a 500 metri da qui?”. Le risposte, più o meno, sono sempre: servizio sartoriale (che è vero, ma lo dicono tutti), consegna chiavi in mano (mi sembra sempre di acquistare un’auto) e il prezzo conveniente.

Alla mia risposta, “fammi sognare con qualcosa di diverso”, arriva l’attimo di crisi. Ed è proprio da quell’attimo che si trovano le caratteristiche particolari e uniche dell’azienda. E non è poi strano che queste particolarità si trovino nelle competenze artigiane dei titolari, che non svolgono una professione, ma un mestiere. Non è raro scoprire che fanno molto di più di quanto dicono, che dalle porte passiamo ai mobili su misura con tagli e curvature molto particolari, che dal solito piatto in ceramica (immagine stereotipata del Distretto della Ceramica di Nove e Bassano del Grappa) passiamo a lampade che sembrano di porcellana “intagliata”. Semplicemente non lo dicono: per loro quanto sanno fare è ovvio.

Google, banalmente, lo uso per questo: per tirare fuori ciò che le aziende non dicono, e magari ricavare anche qualche foto da inserire in Maps.

Le recensioni su Google Maps, la ronda di Street View

La fase successiva è: “Siamo su Maps. Ma hai rivendicato la tua attività?” Nel 90% dei casi la risposta è no. Perché è importante rivendicare l’attività? Perché permette, con MyBusiness, di agire sulla scheda di Maps, rispondere alle recensioni e creare un mini sito del tutto gratuito. Google My Business consente di creare gratuitamente la scheda dell’attività, aggiungendo anche foto e aggiornamenti e consentendo agli utenti di trovarla su Google e Google Maps. La scheda mostra l’orario di apertura, il numero di telefono e le indicazioni stradali.

Il sito è veramente mini, una pagina e una foto, ma permette di creare post ed eventi, un po’ come i social, e di parlare di noi. Intanto si può iniziare a far pratica e poi, se necessario, verrà un sito più strutturato. In ogni caso, per chi digitalmente parlando non aveva proprio nulla – o peggio, per chi aveva un sito gestito dall’esterno senza nessuna consapevolezza – è un bel passo in avanti. In più, ottenere delle recensioni può far cambiare l’atteggiamento dell’azienda verso il cliente. Una recensione, anche se negativa, aiuta le aziende a migliorare: più che una frase è quasi un mantra, che mio marito (moderatore del gruppo social mondiale delle Local Guide) ripete ogniqualvolta qualcuno si lamenta per una recensione, invitandolo a riflettere sul suo significato e sulle ragioni che possono aver portato un cliente a darla.risposta di un proprietario a una recensione fasulla

 

Esistono anche recensioni fasulle, inutile nasconderlo, ma l’azienda ha la possibilità di rispondere. Sempre più spesso si trovano risposte che suonano più o meno così: “Ci scusi, ma a noi non risulta che lei sia stato nel nostro negozio, né ci risulta tantomeno il comportamento imputato al nostro commesso. Può chiarirsi, per favore?”.

 

 

Per come la penso io è comunque riduttivo e meccanicistico vedere la tecnologia Google solo sotto questo punto di vista. Si deve usare le tecnologia, non esserne usati, e ritengo che Google sia una fonte inesauribile di informazioni. Basta saperle cercare. Street View è un’eccellente sentinella del territorio, per ciò che avviene o NON avviene. Provate a dare un’occhiata all’evoluzione questo di questo cantiere dal 2007 al 2017, in una zona di Napoli: il tempo sembra congelato. street view su un cantiere di Napoli

Tornando alle aziende o ai negozi, essere presenti su Maps permette loro di attivare una sorta di benchmarking. Se le aziende sono concorrenti, la prima cosa che fanno non appena aprono il loro MyBusiness (e ne sono sicurissima, perché me lo raccontano con un certo orgoglio) è andare a leggere le recensioni su che i clienti hanno scritto su altri. Vedetela come volete: come dicevo poc’anzi, anche questo è un modo per fare benchmarking e migliorare.

Cominciate a notare come la tecnologia si stia umanizzando? Avviene dalle connessioni delle strade in Maps al guardare che cosa fa il vicino, per fare qualcosa di meglio o di diverso. Per restare in ambito di vicini, non è raro scoprire che l’appartenenza allo stesso luogo è in grado di innescare delle collaborazioni in una logica di filiera e di territorio.

Google può essere uno splendido strumento di aggregazione e racconto. In che modo? Con i Meetup, gli incontri delle Local Guides, organizzati da loro stessi e approvati da Google. È durante questi incontri che si instaurano e si consolidano le relazioni umane; oltre a mappare il territorio, aggiungere luoghi in Maps e lasciare recensioni sui luoghi visitati, si scoprono attività innovative e di qualità. Dato che il core business di Maps sono le imprese, queste ultime sono normalmente felici di farsi scoprire. Ci si diverte tantissimo grazie alle persone e agli imprenditori che interagiscono con noi, pur non capendo un granché di ciò che stiamo combinando, specialmente all’inizio.

Descrizione di un Meetup

Lo scorso novembre, ad esempio, abbiamo organizzato un incontro che abbiamo chiamato Ebbrezza Meetup.

foto bicchiere di vino Raboso in azienda agricola

Quando la titolare dell’Azienda Agricola ha visto questa foto, il commento è stato: “La mia vita in un bicchiere”. Perché di questo si tratta, di una intera vita dedicata a un territorio e a un prodotto, il Raboso. Un territorio, quello del Piave, dove le vigne sono sinonimo di una cultura contadina e imprenditoriale e dove l’appartenenza ha reso possibile un sogno imprenditoriale, il sogno di fare del Raboso (cioè “rabbioso”, il che la dice lunga sulle sue caratteristiche) un vino conosciuto e apprezzato.

Per organizzare l’incontro ci siamo appoggiati a un’amica sommelier. Anche lei all’inizio non capiva bene che cosa fosse un Meetup; è andata sulla fiducia, e partendo dal titolo Ebbrezza ha fatto la sua proposta per la giornata.

Ci siamo perciò trovati all’azienda agricola, per poi passare alla presentazione di un libro alla Confraternita del Raboso: sala pienissima. Non ce lo aspettavamo. Al Meetup era stato invitato anche un imprenditore che produce mozzarella di bufala a Istrana, nel Trevigiano, e che è rimasto affascinato dalle foto sferiche (avete presente Street View?) scattate dai ragazzi. Ragazzi che, a loro volta, facevano conoscere il loro territorio, Norcia, con i prodotti locali che avevano portato. Anche questo può essere utile per le piccole attività produttive umbre che sono state colpite dal terremoto.

Aggiungo un piccolo particolare. Se esiste una testimonianza di com’era l’interno della Basilica di San Benedetto a Norcia, distrutta dal sisma del 2016, è grazie a uno dei ragazzi, che aveva lavorato sul tour virtuale. Il tour è visibile inserendo il proprio smartphone in un lettore (cardboard); accedendo con un link è possibile entrare e muoversi in Basilica per osservarla come se fosse ancora integra. Tutto questo grazie alla tecnologia, sia di Google che di altri.

Meetup delle Local Guides di Google a Norcia

Una tecnologia dal volto umano

Vedete come da questo grande calderone tecnologico si passi naturalmente all’uomo. Sono sempre più convinta che la tecnologia è nulla se non vi sono le relazioni umane che la alimentano.

Ho colto questa umanità anche in alcuni aspetti della mappatura in città. La domanda che Google Maps pone all’uscita di un negozio o di un’attività produttiva molto spesso è: “C’è un parcheggio accessibile ai disabili?”. Oppure: “C’è un’entrata per disabili?”.

domanda google su presenza parcheggi per disabilidomanda google su presenza ingressi per disabili

 

 

 

 

 

 

 

 

Anche con le domande si può far cambiare atteggiamento alle persone. A nessuno, sia piccoli negozi che grandi centri commerciali, fa piacere avere una recensione negativa sull’accoglienza per i disabili. Google sta portando avanti un programma specifico sull’argomento; per restare in tema, si potrebbe dire che è una sentinella per l’accessibilità. Credo che il programma stia dando i suoi frutti, perché si inizia a notare un piccolo cambio di sensibilità. Probabilmente, nel menu di Maps comparirà a breve un simbolo con la carrozzina.

Google è anche questo. Sono ben consapevole dell’argomento Big Data, della raccolta di informazioni per profilare i “clienti”, ma per me ciò che conta è il legame tra tecnologia, territorio, azienda ed essere umano. Alla fin fine la tecnologia non è né buona né cattiva: è sempre e comunque l’essere umano a fare la differenza.

 

Photo by Jean-Frederic Fortier on Unsplash

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