I borghi non sono paesi per giovani. O forse sì

Che cosa serve a un paese per essere attrattivo per i giovani? Come si crea lavoro in un piccolo Comune? Ne parliamo con Rosanna Mazzia, presidente di Borghi Autentici d’Italia, che da vent’anni riqualifica i piccoli centri nel segno della comunità.

Il cielo azzurro sopra la testa, un paesaggio da fiaba come sfondo, la tastiera del computer sfiorata dalle mani e l’immancabile sorriso soddisfatto che sembra dire: “Tutto questo è possibile e non sai che cosa ti perdi”. La narrazione riguardante il tema del lavoro dei e delle giovani nei paesi italiani è frequentemente costellata di immagini stereotipate come quella appena descritta, a cui non di rado si affiancano esempi dall’altro estremo dei luoghi comuni, che invece identificano la vita nei paesi come rinuncia, isolamento, impossibilità. Una polarizzazione errata che nel tempo ha fatto lievitare tanti preconcetti, scardinabili solo grazie a chi nei paesi ci vive da tempo, confrontandosi con punti di forza e fragilità reali.

Abbiamo così voluto confrontarci con l’associazione Borghi Autentici d’Italia, che tasta il polso della situazione da ben vent’anni – proprio quest’anno festeggerà il ventennale, in autunno – impegnandosi in prima linea ad attivare e far fiorire miglioramenti concreti. L’associazione, presente in 16 Regioni italiane del Nord, Centro, Sud e isole, coinvolge ben 270 realtà tra Comuni piccoli e medi, enti territoriali, pro loco e organismi misti di sviluppo locale. Una vera e propria rete il cui obiettivo principale resta quello di far riscoprire i paesi italiani come luoghi da vivere e tutelare attraverso progetti finalizzati alla loro riqualificazione, mettendo al primo posto la comunità. Tutto questo senza visioni edulcorate, mantenendo saldo il rapporto con la realtà, come ci confermano le parole di Rosanna Mazzia, dal 2019 presidente di Borghi Autentici d’Italia.

Rosanna Mazzia, dal 2019 presidente di Borghi Autentici d’Italia.

Rosanna Mazzia, Borghi Autentici d’Italia: “Narrazione sbagliata sui paesi anche durante la pandemia”

Con Rosanna Mazzia partiamo in quarta riflettendo sui cambiamenti avvenuti in questi due anni di pandemia, che hanno accelerato e in alcuni casi sdoganato dinamiche come lo smart working e la didattica a distanza. Come ha influito tutto ciò sui e sulle giovani residenti nei paesi?

“Faccio un’importante premessa. La narrazione sbagliata sui paesi è proseguita anche durante la pandemia, proponendo la consueta cartolina illustrata a cielo aperto che poco ha a che fare con la realtà, e per questo non è corretta. Io stessa sono sindaco di un paese di grande bellezza e che conta meno di duemila abitanti. In questo paese ci vivo tutto l’anno e so bene che cosa significhi essere lontani dai servizi essenziali come quelli scolastici e soprattutto sanitari e dei trasporti: con queste problematiche ce la dobbiamo vedere ogni giorno. Sfatiamo l’idea che nei paesi si viva necessariamente bene su tutti i fronti; piuttosto si vive in modo diverso, cercando di concretizzare miglioramenti che noi come associazione sosteniamo da anni.”

La narrazione facile e stucchevole della triade pandemia, DAD/smart working e vita tranquilla nel paese scricchiola di fronte alla restituzione delle complessità quotidiane: “Esiste in diversi casi un concreto problema di connessione stabile. Conosco diversi bambini e ragazzi che purtroppo non hanno potuto fare la didattica a distanza perché la copertura della fibra era parziale o manchevole, e questo è un forte problema che influisce anche sulle possibilità di fare smart working e formazione da remoto in diversi contesti. Il problema dell’infrastrutturazione digitale nei paesi è reale e trasversale, e contiamo molto sul PNNR (Piano Nazionale di Ripresa Resilienza) per ottenere miglioramenti in questo senso”.

Chi sono i giovani che ritornano nei paesi?

Un altro luogo comune che capitola attraverso questo confronto è il fatto che i giovani devono lasciare i paesi per poter lavorare. Rosanna Mazzia ci offre uno spaccato differente e allo stesso tempo importante che si distingue non solo per una questione di raffinatezza linguistica.

“Abbiamo giovani che hanno voluto e potuto rimanere, e altri che invece sono dovuti restare a vivere nei paesi perché andarsene non è semplice e richiede degli strumenti di cui alcuni ragazzi e adulti sono privi. Partire richiede infatti una base economica, magari data dall’avere già un lavoro: chi è disoccupato ha grosse difficoltà. Oltre a ciò influisce la base formativa acquisita nei nostri luoghi, che non risulta magari spendibile in altri contesti di mercato. Chi ha una spendibilità è perché aveva già usufruito di una varietà formativa recuperandola altrove, con l’università o corsi di specializzazione: si tratta di giovani che erano già partiti. Ma anche in questo senso l’offerta formativa di un certo tipo bisogna potersela permettere.”

Da un lato il partire, dall’altro il tornare. Ci chiediamo: ci sono giovani che poi effettivamente decidono di ritornare a vivere e lavorare nei paesi? “Sì, stiamo registrando un importante ritorno anche di tipo qualificato. In tal caso i giovani, dopo essersi formati, decidono di tornare nei paesi perché affezionati ai luoghi, alla comunità e allo stile di vita, e lì realizzano cose molto interessanti con una ricaduta positiva sul resto del contesto. Si tratta di giovani che concretizzano attività innovative in territori vergini, e ciò costituisce una grande sfida: sono esperienze straordinarie che lasciano il segno”.

Le cooperative di comunità, che generano lavoro e servizi

Un ritorno che guarda al futuro. Non è il titolo di un film, ma la peculiarità dell’intento che diversi giovani seguono come stella polare ritornando nei loro luoghi di origine, che diventano destinatari di azioni virtuose. Con Rosanna Mazzia approfondiamo quali sono e che caratteristiche hanno i progetti lavorativi sviluppati in questi contesti.

“L’associazione Borghi Autentici d’Italia ha come missione quella di mettere al centro la comunità prima ancora che la bellezza. Ci piace infatti parlare di comunità integrata anche con chi può arrivare e appunto ritornare. Gli stessi turisti noi li consideriamo cittadini temporanei: sono viaggiatori che si innamorano del luogo. I progetti da noi sviluppati rispondono al quesito di come coniugare l’esigenza di mantenere la comunità integra con il tempo che stiamo vivendo”.

La presidente dell’associazione ci esplicita la ricetta ad hoc per i paesi: “Un primo passo riguarda il miglioramento dei servizi di cui parlavamo prima oltre a soddisfare la necessità di lavorare, punto che coinvolge sia l’aspetto economico che della dignità. Per fare questo l’associazione Borghi Autentici d’Italia promuove le cooperative di comunità”.

Per le cooperative di comunità non esistono leggi nazionali, ma solo provvedimenti a livello regionale. Rosanna Mazzia ne esplicita la definizione: “Possiamo definirlo un patto tra le persone e le generazioni attraverso la forma della cooperazione. In questa dinamica la comunità individua i propri bisogni e allo stesso tempo sostiene il gruppo di lavoro che attiverà progetti nell’ambito ritenuto portante o comunque necessario, come possono esserlo il turismo, la valorizzazione dei beni ambientali e culturali, l’agricoltura, i servizi alla persona. A seconda dei casi questo gruppo può ad esempio gestire un bosco, un ostello, un laboratorio di coesione sociale”.

Proprio qui si inseriscono le idee e le competenze di diversi giovani neolaureati, ma anche giovani adulti che decidono di mettersi in gioco tornando nei luoghi delle loro radici, ma senza rinunciare all’ambizione di mettere a frutto le competenze acquisite durante il percorso formativo: “Non sono mancati risultati bellissimi”, sottolinea Mazzia.

La presidente di Borghi Autentici d’Italia spiega anche come queste cooperative di comunità possano essere sostenute economicamente: “I percorsi sono sostenuti nella fase di formazione dalle amministrazioni comunali e da altri soggetti no profit. Intervengono inoltre fondazioni e associazioni come la nostra, che inviano sui territori tutoraggi gestiti da operatori e operatrici di animazione sociale. Come requisito la comunità deve essere pronta e voler lavorare in questa direzione”.

La comunità ospitale, il fulcro per chi arriva e chi ritorna

Esiste però anche un altro strumento, adottato dalla rete dei Borghi Autentici d’Italia, per dare vita al miglioramento della struttura urbana e dei servizi. “Il lavoro resta essenziale per mantenere la comunità integra e dare opportunità alle famiglie, comprese quelle giovani”, spiega Rosanna Mazzia. “È quindi fondamentale far emergere dalle comunità competenze e risorse intrinseche per innescare un meccanismo virtuoso che consenta di generare lavoro endogeno migliorando il contesto sociale, ambientale e produttivo locale”.

“Per fare questo come associazione sviluppiamo da tempo il progetto di comunità ospitale, ossia un patto con cui amministrazione comunale, operatori turistici e i tutor provenienti dall’associazione Borghi Autentici d’Italia lavorano in sinergia per creare esperienze di carattere turistico che possono essere commercializzate attraverso il supporto di tour operator di area”. E aggiunge: “Questo lavoro di squadra vede al centro la figura chiamata tutor dell’ospite, che può essere ricoperta da un singolo cittadino o associazione che diventano fulcro di riferimento. Il tutor dell’ospite, oltre a conoscere bene la comunità, diventa esso stesso protagonista dell’esperienza, creando rete tra i soggetti del territorio e facendosi carico del brand: accoglie i viaggiatori e favorisce i presupposti affinché si attivino esperienze. L’obiettivo di questo percorso resta quello di elevare le condizioni di vita dei paesi per renderli attraenti dal punto di vista di chi viaggia, visita o desidera tornare, mettendo sempre al centro la comunità”.

Comunità fatte di persone che si rimboccano le maniche e si guardano in faccia senza reticenze; raccontano ciò che funziona e ciò che invece va migliorato, con idee e impegno, per dare slancio a cartoline reali provenienti da luoghi che sono tasselli salienti della nostra articolata Italia. Luoghi che meritano di poter agire percorsi di lavoro e formazione a distanza, a tutela di opportunità a cui tutti hanno diritto.

Leggi gli altri articoli a tema Geografie del lavoro.

Leggi il mensile 111, “Non chiamateli borghi“, e il reportage “Aziende sull’orlo di una crisi di nervi“.


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