La democrazia è un’equazione collettiva. Un libro spiega come risolverla

“La matematica è politica”: l’instant book di Chiara Valerio insegna che i numeri sono il segreto di una buona cittadinanza.

Qualcuno potrebbe pensare che la lettura di La matematica è politica di Chiara Valerio (edito nel 2020 da Einaudi nella collana Vele) serva soprattutto a riappacificarsi con equazioni, disequazioni, calcolo delle probabilità, che tanto hanno fatto penare durante gli anni scolastici. E in parte è così: il saggio, breve e scorrevole e non certo mancante di aneddoti risalenti ai tempi del dottorato in matematica dell’autrice, conforta il lettore ripetendogli in tutte le salse che conoscere la matematica non c’entra niente – o, per lo meno, c’entra davvero poco – col ricordare e saper risolvere a memoria formule su formule dei più astrusi teoremi dagli strani nomi.

Conoscere la matematica significa, più che altro, avere a disposizione strumenti utili e versatili per interpretare le cose di tutti i giorni, ed è, a voler usare le parole della stessa Valerio, innanzitutto una “grande avventura culturale”.

La matematica è politica: le virtù civili comuni tra matematica e buona cittadinanza

A partire da queste premesse e attingendo ora qua e ora là a grandi classici della filosofia matematica, La matematica è politica sciorina così una serie di virtù che non possono mancare al buon matematico, ma che a guardare bene fanno parte anche di quel bagaglio di virtù civili che rendono tali il buon cittadino, l’onesto lavoratore.

Studiare matematica, come provare a raccapezzarsi tra le trame della burocrazia (tra i DPCM e le misure di contenimento del contagio, per fare un esempio più che mai attuale), richiede una dose generosa di perseveranza e umiltà: provate a risolvere un problema di matematica teorica senza la prima o senza che vi venga mai da chiedervi a che cosa maledizione serva quello che state facendo; o a dire “finalmente ho capito!” di fronte a una complessa equazione differenziale.

Anche la generosità accomuna più di quanto si possa immaginare il buon corso della democrazia e la sopravvivenza della scienza matematica: in entrambi i casi, infatti, abbarbicarsi su verità assolute non porta a niente. Meglio arrendersi a verità un po’ meno assolute ma un po’ più partecipate e durature. L’elenco potrebbe continuare a lungo, e man mano che il saggio si addentra tra le virtù che matematica e politica richiedono, l’impressione rischia di essere quella di continuare a leggere solo una lunga, prolissa, a volte persino macchinosa premessa alla questione centrale.

L’equazione incompiuta del testo: la matematica è davvero politica?

Perché La matematica è politica? Perché la Valerio si spinge a definirla addirittura un “apprendistato alla rivoluzione”? Le pagine corrono; gli argomenti a favore della matematica come ottimo esercizio di democrazia aumentano; da lettori si potrebbe essere tentati di correre a recuperare in soffitta i propri testi scolastici e tuffarsi nello studio dell’algebra, della geometria, dell’analisi, convinti di riuscire finalmente a trovare, tra numeri e formule, una quadra tra il proprio desiderio di sentirsi finalmente più coinvolti da quello che avviene a Roma, a Bruxelles, nelle stanze dei bottoni, e quello strano senso di incompiuto nel riuscire a capire a stento persino cosa i politici si stiano dicendo.

È un climax in crescendo, insomma, che rischia però, arrivati all’ultima pagina, di lasciare delusi, o di portare il lettore a chiedersi se per caso non ci sia un seguito, una sorta di La matematica è politica 2 che dia un senso a un finale così aperto. Perché se così non fosse – e così non è, almeno per quanto è dato saperne dalle news editoriali – il saggio non sembrerebbe riuscire in quella che, stando al titolo, dovrebbe essere la sua promessa: spiegare perché la matematica è anche politica.

Per certi versi, in altre parole, si potrebbe avere l’impressione che l’autrice sia andata veloce proprio là dove il saggio avrebbe dovuto essere un caso più unico che raro: indagare, anche in chiave pope senza necessariamente appesantirsi dei diktat della ricerca scientifica, il legame sottile ma radicato tra una scienza (esatta?), com’è la matematica, e il regno per eccellenza delle opinioni e dell’opinabile, com’è la politica.

Né il format (quelli pubblicati nella collana Vele di Einaudi sono, fin qui, saggi brevi e piuttosto divulgativi) né il preciso momento storico della pubblicazione (la pandemia sembra aver fatto crescere l’interesse verso le stesse pubblicazioni tematiche e divulgative, almeno stando al loro proliferare sugli scaffali delle librerie e nelle edicole) hanno aiutato in questo senso: La matematica è politica è l’instant book perfetto per chi è alla ricerca di un primo appiglio per raccapezzarsi nel – o, a voler usare un termine caro alla matematica, per provare a razionalizzare il – caos di un mondo alle prese con un’emergenza sanitaria dalle dimensioni globali, un cambio di guardia al soglio presidenziale di una delle potenze più rilevanti per la politica internazionale, proteste di piazza a ogni angolo e via di questo passo.

Se lo si comincia a leggere con queste premesse, il saggio può risultare tra l’altro una lettura piacevole e stimolante: matita alla mano, del resto, si trovano con facilità possibili percorsi di approfondimento in ogni pagina, che rendono la lettura del saggio di Chiara Valerio un esercizio di serendipità per appassionati di politica, curiosi di numeri, filosofi della matematica in erba; ma, anche e soprattutto, per attivisti al soldo di una buona cittadinanza. 

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