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La Puglia costruisce sulla sabbia: edilizia in ripresa, operai bloccati
Il Superbonus ha dato una boccata d’aria a un settore in crisi da tempo, ma il divario retributivo con le altre Regioni non è stato sanato: operai mal pagati e poco formati. L’opinione di Nicola Bonerba, presidente ANCE, e di Silvano Penna, direttore del Formedil di Bari.
Il doping finanziario del Superbonus fa sprintare le imprese edili anche in Puglia e non riesce a fare altrettanto per le retribuzioni degli operai pugliesi, che da oltre dieci anni non riescono a percepire il salario accessorio a causa della persistente crisi originata dall’esplosione della bolla dei prezzi datata 2008-2009.
Chi lavora nei cantieri, dunque, può contare sulla parte economica contrattata a livello nazionale e non anche dell’Elemento Variabile della Retribuzione, negoziato territorialmente e connesso agli obiettivi di produzione, che non sono mai stati raggiunti a partire dalla crisi sistemica che ha provocato la perdita di almeno 40.000 unità su base regionale, pari a un terzo degli occupati dell’epoca.
La retribuzione media oraria netta di un edile pugliese è di circa 10 euro, oscillando dai 9,29 euro di un primo livello agli 11,92 di un quarto livello. A queste cifre si deve aggiungere il valore della trattenuta girata direttamente alle Casse Edili territoriali e, per così dire, restituito al lavoratore nelle forme della tredicesima, delle ferie e dei permessi retribuiti. Aggiungendo a queste cifre il carico fiscale e contributivo, un operaio costa in media 200 euro al giorno al proprio datore di lavoro.
Il livello retributivo non varia molto in base alla tipologia di contratto a cui si fa riferimento, che siano quelli dell’edilizia – industria, artigianato, cooperative e piccole e medie imprese – o quello applicato alle cooperative artigianali. In quest’ultimo caso, invece, è diversa l’articolazione dei livelli retributivi, essendone previsti sette invece dei quattro della contrattazione industriale.
La crisi dell’edilizia in Puglia e il parziale rilancio del Superbonus
La contrattazione provinciale, assimilabile a quella aziendale di secondo livello, ha l’obiettivo di rendere coerente la parte economica negoziata a livello nazionale con il costo della vita effettivo in ogni territorio. E qui c’è la specificità negativa pugliese: il salario accessorio, quasi ovunque, è stato mangiato dalla crisi del settore.
Erano quasi 100 milioni le ore di lavoro generate dagli edili nel 2007-2008, arrivate a poco più di 60 milioni nel 2018-2019 e ancor meno nel 2020, a causa dell’esplosione della pandemia. Una contrazione di posti di lavoro e fatturati che può definirsi costante e omogenea proprio fino all’anno antecedente l’esplosione della crisi sanitaria mondiale, quando una piccola ripresa si è manifestata, seppure in ritardo di quattro-cinque anni rispetto ad altri comparti economici.
Oggi “finalmente assistiamo a una ripresa del settore edile in Puglia” dichiara a SenzaFiltro il presidente dell’ANCE Puglia Nicola Bonerba. “Crescono i principali indicatori del comparto, dal mercato immobiliare al numero delle imprese attive agli interventi realizzati anche grazie al Superbonus 110%. Quest’ultimo incentivo, in particolare, ha fatto registrare nel solo mese di gennaio ben 787 asseverazioni protocollate per un valore di 126 milioni di euro, facendo raggiungere un valore totale di 968 milioni di euro”.
Il riverbero positivo di tutta la manovra incentivante le ristrutturazioni edili ha determinato l’incremento, in alcune province, del 10% delle ore lavorate: “Trend raramente riscontrato in passato; tuttavia il percorso per recuperare i livelli del 2008 è ancora lungo”.
E accidentato, evidentemente, a causa del crescente numero di frodi imputabili a “tantissime partite IVA temporanee intestate a titolari stranieri e imprese improvvisate, senza organizzazione e con pochi dipendenti, che la dice lunga sulla affidabilità delle stesse”, aggiunge Bonerba. Sollecitato sul punto, il presidente dell’ANCE Puglia coglie l’occasione per una riflessione critica sul sistema degli incentivi: “Andava programmato meglio, reso strutturale e gestito con tempistiche più lunghe; si sarebbe evitata la corsa al Superbonus. Corsa che ha messo la Cassa depositi e prestiti nelle condizioni di dover chiudere il servizio di cessione dei crediti in edilizia”.
Una professione senza sbarramenti: il caso delle imprese fantasma
Le inchieste della magistratura e le indagini della Guardia di Finanza hanno reso visibili decine di imprese fantasma che generano lavoro illegale, truffe ai danni dei committenti privati e pubblici, evasione fiscale e incidenti sul lavoro. Questi ultimi, a dire il vero, risultano in calo confrontando i dati dei primi 11 mesi del 2021, 1.113 infortuni denunciati, con quelli dell’intero 2019, 1.513.
Degenerazione radicata nella debolezza strutturale del comparto edile: la stragrande maggioranza delle imprese del settore ha due-tre dipendenti e denuncia mediamente 50-60 ore mensili, quando invece le ore contrattuali mensili sono 173, e quelle lavorabili da 160 a 176. E poi c’è il ricorso diffuso e sistematico al subappalto, utilizzato per alleggerire il carico fiscale e sopravvivere anche a scapito della sicurezza e del reddito di chi lavora. In fin dei conti per attivare un’impresa edile basta una partita IVA e in un giorno si è pronti a operare sul mercato, mentre ad esempio per aprire un bar servono centinaia di ore di formazione.
Un settore così strategico dell’economia è dunque composto da tantissimi micro-soggetti economici a cui sono strutturalmente precluse le sfide innovative poste dalla necessità di rigenerare intere porzioni delle città, realizzare infrastrutture smart e sostenibili, riqualificare e rinnovare il patrimonio immobiliare pubblico, sviluppare l’edilizia sociosanitaria e dei servizi.
I mestieri edili di nuovo attrattivi attraverso la leva della formazione
Sommando tutti i fattori, sistemici e contingenti, ne deriva anche una crescente e radicata avversione all’impiego nei cantieri, dove “un operaio è assunto al primo livello e, normalmente, là resta per tutta la sua vita lavorativa”.
Lo afferma Silvano Penna, giunto alla direzione del Formedil di Bari, l’ente bilaterale per la formazione in edilizia delle province di Bari e BAT, dopo aver guidato la federazione barese degli edili della CGIL. Attività, quest’ultima, che si fatica anche a realizzare a vantaggio dei lavoratori, perché “è concepita ancora come un costo, mentre è del tutto gratuita per le imprese iscritte alla Cassa Edile ed è svolta anche in cantiere, per evitare che si perda anche una sola ora di lavoro”.
Quanto sia necessaria la formazione professionale, anche specializzata, alla rinascita del comparto è reso evidente dai dati dell’ultimo Osservatorio dei Consulenti del Lavoro: “Il livello d’istruzione degli occupati nel settore delle costruzioni è molto basso: nel 2017 oltre la metà ha conseguito al massimo la licenza media (55,1%), il 40,8% il diploma e solo il 4,1% è costituito da laureati. Il livello d’istruzione è tuttavia migliorato, con una flessione di 9 punti percentuali della quota dei lavoratori che non hanno proseguito gli studi oltre la scuola dell’obbligo e una crescita rispettivamente di 8 punti e 1 punto della percentuale dei diplomati e laureati”.
L’esperienza di Sebastiano Penna non induce all’ottimismo per il futuro, tant’è che avanza la proposta di un intervento dello Stato per imporre l’obbligo di formazione, collegandolo alla “urgente necessità di garantire maggiore sicurezza, salvare la vita di chi lavora e rendere più efficiente e produttivo il ciclo di lavoro”.
Più prosaicamente, “grazie ai fondi del PNRR, anche l’edilizia pubblica vedrà a breve l’apertura di nuovi importanti cantieri”, afferma il presidente di ANCE Puglia Nicola Bonerba, preannunciando l’imminenza di un “picco di lavoro” da cui potrebbe scaturire “un elevato gap tra domanda e offerta”.
La formazione, dunque, può assumere una funzione strategica rispetto alle opportunità offerte dalla ripresa massiccia dell’edilizia pubblica, nel 2020 giunta ai livelli più bassi degli ultimi quindici anni, e rendere di nuovo attrattivo un mestiere a cui soprattutto i più giovani hanno smesso di guardare con interesse.
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