
Il sociologo Aldo Bonomi, intervistato da Senza Filtro, descrive il cambiamento di paradigma del lavoro e della società di oggi e i modi per capirli.
Quando si parla di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il primo richiamo alla mente è generalmente di tipo giuridico-normativo. Un richiamo che credo non stupisca, tale e tanta è la disciplina in materia, nella quale tutti noi ci siamo imbattuti prima o poi nel nostro percorso, professionale e non. Difatti non sono le norme a mancare: ciò che […]
Quando si parla di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il primo richiamo alla mente è generalmente di tipo giuridico-normativo. Un richiamo che credo non stupisca, tale e tanta è la disciplina in materia, nella quale tutti noi ci siamo imbattuti prima o poi nel nostro percorso, professionale e non. Difatti non sono le norme a mancare: ciò che spesso manca è la cultura della sicurezza e del benessere del lavoratore. Un’assenza, questa, che induce i titolari d’impresa ad ottemperare alla norma per adempimento e quindi, a mio avviso, con motivazioni ed obiettivi non adeguati; sono proprio queste premesse, infatti, che determinano nel lavoratore la convinzione che la sicurezza si risolva nella conoscenza annoiata di un elenco indefinito di articoli e commi spesso appresi in costosi corsi di formazione, il cui contributo, per quanto in astratto utile e prezioso, inizia e finisce nelle stesse obbligatorie e spesso risicate ore d’aula.
Ma come è possibile diffondere la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro? In che modo si possono coinvolgere le persone affinché vivano la sicurezza come una buona abitudine e come pratica indispensabile del proprio agire nei luoghi di lavoro? Cultura è comunemente definibile come l’insieme delle cognizioni intellettuali che, acquisite attraverso lo studio, la lettura, l’esperienza, l’influenza dell’ambiente e rielaborate in modo soggettivo e autonomo diventano elemento costitutivo della personalità, contribuendo ad arricchire lo spirito, a sviluppare o migliorare le facoltà individuali, specialmente la capacità di giudizio. Citando il professor Carlo Galimberti, la cultura della sicurezza, non può essere ridotta ad un elenco di norme e principi astratti, ma deve essere considerata, invece, come l’insieme dei processi organizzativi e delle pratiche professionali, delle norme scritte e delle convenzioni informali, dei linguaggi, dei modi di pensare, di percepire e di rappresentare il rischio in azienda.
Con questo intendo dire che la sicurezza diviene cultura, capace di regolare atteggiamenti e comportamenti nei luoghi di lavoro, quando è parte integrante dei valori d’impresa e quando è alla base del disegno dei processi di lavoro. In breve, diviene cultura quando la sicurezza è pensata e progettata in un’ottica di sistema.
Progettare un sistema per la sicurezza ed il benessere dei lavoratori
La formazione per la sicurezza e gli investimenti più ampi ad essa correlati vengono spesso considerati un costo, un onere cui far fronte col minore impatto possibile. Perché non considerarlo, invece che un costo, un investimento? E quando si può parlare di investimento?
A mio avviso occorre agire modificando le premesse, le finalità e gli obiettivi che ci si propone di raggiungere:
Le strade possibili e perseguibili sono diverse, elenco quelle che derivano dalla mia esperienza e dal mio pensiero, che sono traducibili in:
Infine credo sia essenziale dare evidenza e comunicare l’impegno della direzione nel creare e sostenere atteggiamenti sicuri. È richiesto alla direzione di agire in coerenza, pertanto il processo qui descritto non è sostenibile se non è supportato dall’evidente sensibilità dei vertici dell’azienda al tema del benessere dei lavoratori. La comunicazione e la diffusione dei valori guida, a regia del modo corretto di vivere la sicurezza nella sua dimensione più ampia, rappresenta un importante obiettivo cui tendere per trasformare il benessere del lavoratore da costo ad investimento, da pratica onerosa a buona pratica organizzativa, da adempimento normativo a cultura organizzativa.
Di recente la E.ON Energia ha affisso all’entrata della centrale di Ostiglia un cartello che recitava: «Arriva in sicurezza, lavora in sicurezza, torna a casa in sicurezza». Mi è parso un bel modo, chiaro ed efficace, per comunicare la cultura della sicurezza d’impresa. Un esempio semplice ma che può essere, forse altrettanto semplicemente, anche imitabile.
(Credits photo: http://persbaglio.ilcannocchiale.it).
Il sociologo Aldo Bonomi, intervistato da Senza Filtro, descrive il cambiamento di paradigma del lavoro e della società di oggi e i modi per capirli.
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