Le morti sul lavoro non fanno più notizia

La fila è lunga, anzi lunghissima. Sono migliaia i lavoratori che aspettano una lettera dell’Inps e della loro azienda per sapere se il loro lavoro godrà di un trattamento previdenziale privilegiato e straordinario che spetta a tutti coloro che fanno lavori usuranti. “Mentre i nostri governanti – ci dice sconsolato un anziano lavoratore abituato a […]

La fila è lunga, anzi lunghissima. Sono migliaia i lavoratori che aspettano una lettera dell’Inps e della loro azienda per sapere se il loro lavoro godrà di un trattamento previdenziale privilegiato e straordinario che spetta a tutti coloro che fanno lavori usuranti. “Mentre i nostri governanti – ci dice sconsolato un anziano lavoratore abituato a convivere con le alte temperature in una fonderia del bresciano – non hanno ancora deciso, dopo anni di discussioni, se chi lavora in una fonderia, in una conceria o in catena di montaggio ha diritto ha a una pensione che sia compatibile con gli equilibri di bilancio decisi a Bruxelles – qui si muore di tumore. È chiaro questo concetto? È vero che le morti sul lavoro non fanno più notizia ma non è pensabile che i governi mettano sempre in primo piano le compatibilità economiche e non la vita umana”. Le parole di chi ha vissuto sulla sua pelle il lavoro usurante per decenni basterebbero a spiegare di quale emergenza stiamo parlando. Ma le cose non sono mai così semplici in Italia.

E allora una domanda è legittima: come va affrontata questa piaga della produzione industriale? Lo chiediamo a una sindacalista impegnata su questo fronte. “In primo luogo – spiega Fulvia Colombini, membro del Collegio di Presidenza dell’Inca, il patronato della Cgil – i governi avrebbero dovuto affrontare la questione assieme ai sindacati e non l’hanno fatto. Poi ci sarebbe bisogno di una vera mappa ragionata dei lavori usuranti e delle malattie connesse ad alcune produzioni. Ma se si ragiona soltanto in termini di compatibilità economiche, nulla cambierà da questo punto di vista.

I governi però si sono occupati della questione. L’Inps ha appena pubblicato un elenco dei principali lavori usuranti (si veda scheda tecnica in basso). Coloro che hanno svolto lavori particolarmente faticosi e pesanti, riconosciuti come usuranti, hanno la possibilità di andare in pensione prima rispetto all’età ordinaria per la vecchiaia con un’anzianità contributiva di almeno 35 anni ed un’età di 61 anni e 7 mesi. “Questo è vero – dice ancora Fulvia Colombini – ma a nostro parere non basta. Tenga conto che i governi Monti e Renzi hanno inasprito i requisiti soggettivi per accedere a questo trattamento, introducendo tra l’altro un assurdo, un’eguale aspettativa di vita per tutti.
Questo è fuori dalla realtà, basta dare uno sguardo all’elenco dei morti sul lavoro usurante per capire che chi ha avuto la sventura di capitare in quelle produzioni a rischio e rimanerci per anni non ha certo la stessa aspettativa di vita di un lavoratore normale. Non c’è bisogno di essere un economista per capire che le cose stanno così, basta guardare i fatti”.

Residuo, neppure tanto marginale, di un epoca in cui la produzione industriale portava con sé malattia e morte in grande quantità, il lavoro usurante è tuttora un vero inferno per chi è costretto a praticarlo per una vita intera. Un inferno con tanto di gironi, come possono essere gli altiforni, le catene di montaggio, le miniere o le cave, il lavoro notturno o la lavorazione dell’amianto. Un inferno spesso dimenticato dai mezzi di comunicazione che se ne occupano soltanto quando la tragedia è compiuta, quando c’è un incidente sul lavoro o si verificano casi clamorosi che fanno notizia grazie al cospicuo numero di vittime o all’emergenza di malattie.

L’altra grande questione del lavoro usurante riguarda il mercato del lavoro. Nell’ultimo decennio, sostengono alcuni studi di settore, i lavori usuranti sono praticati prevalentemente da lavoratori extra comunitari, disposti più facilmente degli italiani a esporsi a malattia e morte pur di lavorare ma alla Cgil spiegano che in tempi di crisi questa tendenza del mercato del lavoro si è un po’ attenuata, sotto la pressione della necessità gli italiani sono tornati a frequentare imprese in cui il lavoro è usurante. “È vero che soprattutto le giovani generazioni ci pensano un bel po’ prima di accettare un lavoro usurante in fonderia, in una cava a o a una catena di montaggio”, dice ancora Fulvia Colombini. “Non è un caso che i manovali, ad esempio, che pure non sono considerati tra coloro che fanno lavori usuranti, siano spesso lavoratori stranieri.

Per un certo periodo gli italiani si sono illusi che i lavori pesanti potessero essere affidati agli stranieri. L’illusione è durata poco, la crisi economica e finanziaria ha ridimensionato un po’ tutto. Si sono rimescolate le carte, molti giovani italiani accettano di fare lavori di fatica o a rischio malattia. Anche un lavoro, non usurante ma di responsabilità, come la badante ha visto la ricomparsa di donne italiane. Prima della crisi occupazionale che ha investito il nostro paese più di altri, le badanti erano al 90% straniere. Oggi non è più così”.

La scheda sui lavori usuranti, dati INPS

A. “Lavori in galleria, cava o miniera”: mansioni svolte in sotterraneo con carattere di prevalenza e continuità
● “lavori nelle cave”, mansioni svolte dagli addetti alle cave di materiale di pietra e ornamentale;
● “lavori nelle gallerie”, mansioni svolte dagli addetti al fronte di avanzamento con carattere di prevalenza e continuità;
● “lavori in cassoni ad aria compressa”;
● “lavori svolti dai palombari”;
● “lavori ad alte temperature”: mansioni che espongono ad alte temperature, quando non sia possibile adottare misure di prevenzione, quali, a titolo esemplificativo, quelle degli addetti alle fonderie di seconda fusione, non comandata a distanza, dei refrattaristi, degli addetti ad operazioni di colata manuale;
● “lavorazione del vetro cavo”: mansioni dei soffiatori nell’industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio;
● “lavori espletati in spazi ristretti”, con carattere di prevalenza e continuità ed in particolare delle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale, le mansioni svolte continuamente all’interno di spazi ristetti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture;
● “lavori di asportazione dell’amianto”: mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuità.

B. lavoratori notturni che possano far valere una determinata permanenza nel lavoro notturno, con le seguenti modalità:
● lavoratori a turni, che prestano la loro attività di notte per almeno 6 ore, comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, per un numero minimo di giorni lavorativi annui non inferiore a 78 per coloro che perfezionano i requisiti per l’accesso anticipato nel periodo compreso tra il 1° luglio 2008 ed il 30 giugno 2009, e non inferiore a 64, per coloro che maturano i requisiti per l’accesso anticipato dal 1° luglio 2009;
● lavoratori che prestano la loro attività per almeno 3 ore nell’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, per periodi di lavoro di durata pari all’intero anno lavorativo.

C. lavoratori addetti alla c.d. “linea catena”:
ovvero i lavoratori alle dipendenze di imprese per le quali operano le voci di tariffa per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro gestita dall’Inail, impegnati all’interno di un processo produttivo in serie, con ritmo determinato da misurazione di tempi, sequenze di postazioni, ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale, che si spostano a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi determinate dall’organizzazione del lavoro o dalla tecnologia, con esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali, ad attività di regolazione o controllo computerizzato delle linee di produzione e al controllo di qualità.

D. conducenti di veicoli pesanti, di capienza complessiva non inferiore ai nove posti compreso il conducente, adibiti a servizi pubblici di trasporto.

(Credits Photo: www.lentepubblica.it)

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