L’ex ministro Lorenzo Fioramonti: “In Italia sprechiamo cibo perché non abbiamo incentivi fiscali. E, se butti, nessuno ti sanziona”

Il peccato originale del settore alimentare è lo spreco, di cibo e di materiali. Osserviamo le strategie per ridurlo o eliminarlo col politico Lorenzo Fioramonti, il presidente di Frascati Scienza Matteo Martini e l’imprenditore Dario Rossi.

Lorenzo Fioramonti, che si forma e nasce come economista, molti lo ricordano senz’altro come Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca dal settembre 2019 nel secondo governo Conte. Il suo vangelo si chiama “economia del benessere” e lo incoraggia a istituzioni pubbliche e aziende per invertire un modello di crescita. Sua, poi, era stata la proposta della tassa di scopo sulle merendine e bibite gassate (la sugar tax sarà ufficialmente in vigore dal 1° gennaio 2022).

“Si parla tanto di degrado ambientale, perdita della biodiversità e cambiamenti climatici, ma pochi sanno che una delle principali cause è proprio l’industria del cibo: dagli allevamenti intensivi alle produzioni monocolturali, dall’olio di palma del sud-est asiatico fino alle piantagioni di riso, giusto per fare qualche esempio. Abbiamo creato un sistema dove anche la produzione di cibo diventa una minaccia alla sostenibilità della vita sul nostro pianeta. Non sto togliendo valore a cause ben pesanti come il petrolio o l’inquinamento dovuto al consumo di energia, però c’è un mondo che non viene messo davanti alla propria responsabilità e che, a conti fatti, pesa moltissimo già solo in termini di fertilizzanti, pesticidi, consumo massivo di acqua”. 

Oltre a questo, l’altro paradosso che circa il 30% del cibo che produciamo viene scartato, buttato, ritenuto non idoneo al commercio per standard estetici. Che sommato all’altro 25% circa di media nazionale di rifiuto organico che viene disperso nei rifiuti indifferenziati rende l’idea dell’immensità del danno.

L’Onorevole Lorenzo Fioramonti, ex Ministro dell’Istruzione, università e ricerca. Politico e accademico.

Lorenzo Fioramonti: “Nessuna sanzione per chi spreca, nessun incentivo per chi rimette in circolo”

Lei, da cittadino sensibile al tema e da politico attivista, sa darmi una spiegazione sensata al perché in Italia si fatichi ancora a rendere disponibile – e in totale sicurezza e salubrità – il cibo che avanza nei supermercati per via della scadenza e del termine minimo di conservazione?

Cosa ne penso? Una follia, uno scaricabarile. E questo perché al supermercato non viene dato alcun incentivo economico o fiscale a fare un uso intelligente del cibo di cui dispone. Col mio gruppo politico più volte abbiamo proposto ai supermercati e alla grande distribuzione di invertire la logica anche sul discorso del 3×2, provando a portarli verso l’1×1: ma perché devo essere spinto a comprare tre se mi serve due? Perché devo comprare una cosa in più se me ne serve una in meno? Perché non iniziamo tutti a rifiutare queste spinte verso lo spreco inevitabile? Invece il consumo di massa è continuamente stimolato. Di fatto si tratterebbe di incentivare a livello economico e di prezzo e di fisco una politica dello sfuso che di certo richiederebbe una rieducazione del consumatore e una gestione più complessa, questo è indubbio. Ma il vantaggio sarebbe alla lunga collettivo. Così come è enorme l’impegno che serve da parte del supermercato se vuoi rimettere in circolo il cibo avanzato e ancora in buono stato: gli serve di certo un intermediario, che vuol dire costi a suo carico, visto che lo Stato è assente, a meno che non ci sia un soggetto parallelo, impresa o associazione, che si incarica di ritirare e rivendere. La verità è solo una: se butti, il nostro sistema fiscale non ti sanziona; se vuoi rimettere in circolo, devi sobbarcarti i costi senza incentivi.

Lei è un economista prima ancora che un politico. Come si potrebbero influenzare diversamente i comportamenti delle persone di fronte al cibo?

Sono tre le strade con cui i cittadini vengono portati a prendere decisioni: l’obbligo quindi la legge, l’incentivo quindi il fisco, la cultura quindi la consapevolezza. Sono indispensabili tutte e tre perché vanno a bilanciarsi laddove alcuni dei tre elementi scarseggiano. Nelle scuole va garantita sia cultura che convenienza economica; iniziai la mia battaglia da Ministro dell’Istruzione proponendo di alzare l’Iva su tutti i prodotti alimentari di cattiva qualità. Torno a battere sulla leva fiscale dato che in Italia siamo ancora al 22% sugli assorbenti e al 4% o 10% su prodotti che fanno male alla salute. A breve presenteremo una riforma fiscale su questo tema.

Manca una lobby politica pura e seria, in Italia, che spinga verso un cambio di rotta culturale e anche economico a tutela del cibo e della salute. Perché? 

Per mia esperienza, portare nell’aula del Parlamento simili proposte in controtendenza vuol dire prendere schiaffi a destra e sinistra. Significa esporsi ad attacchi convergenti di gran parte dei partiti che tendono a ridicolizzare la questione della giusta alimentazione, che a cascata vuol dire anche tutela dell’ambiente. E ci sarebbe molto da dire anche sul legame tra editoria e industrie del cibo, dato che la maggior parte dei giornali e degli organi di informazione vive di pubblicità di prodotti e alimenti e bevande che, di certo, bene alla salute non fanno.

Matteo Martini, presidente Frascati Scienza: “Ai Castelli Romani una Silicon Valley della ricerca sui materiali compostabili”

Matteo Martini è il presidente di Frascati Scienza e, appena posso, lo sento per avere un suo parere su temi di attualità riletti con un occhio tecnico ma estremamente divulgativo di cui lui e il suo team sono maestri. L’ho raggiunto al telefono mentre chiudevamo in redazione il timone di questo mensile dedicato all’industria del cibo. Ero partita dall’idea del packaging dei prodotti, dal peso degli imballaggi: bolle qualcosa in pentola di innovativo e rivoluzionario?

“Quando parliamo di materiale biodegradabile e comunque compostabile, dobbiamo tenere a mente che dal punto di vista scientifico questi materiali hanno richieste molto stringenti e particolari; soprattutto per le applicazioni alimentari, questi materiali devono avere un’ottima resistenza sia alle alte che alle basse temperature. Inoltre devono avere una importante inerzia chimico-fisica, cioè non si devono modificare e non devono contaminare i cibi contenuti. Poi devono potersi dissolvere in mare. È fondamentale anche l’educazione delle persone, perché pensare che il materiale è compostabile non vuol dire che posso buttarlo in mezzo all’ambiente: molto spesso quei materiali sono compostabili sopra una certa temperatura, quindi è importante che il materiale sia riciclato in maniera corretta dopo essere stato buttato come rifiuto in maniera corretta.”

Il presidente di Frascati Scienza Matteo Martini.

“Nell’ottica dell’economia circolare, è quindi fondamentale usare materiali di scarto. Nell’area di ricerca Tuscolana, noi qui a Frascati e comunque nella zona dei Castelli Romani abbiamo la fortuna di ospitare le sedi dei più importanti enti di ricerca, dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare all’ENEA, dall’Agenzia Spaziale Europea al CNR. Questo è uno dei poli più importanti d’Europa per numero di ricercatori e per attività scientifica: col progetto DTT, che è un progetto ENEA per la fusione nucleare, ed Eupraxia, altra ricerca sul futuro degli acceleratori di particelle, siamo una sorta di Silicon Valley dei Castelli Romani. Dico questo perché, in questa logica dell’innovazione, è importante fare anche applicazioni dei materiali, e quindi avere risultati e leggerli nella ricaduta nella vita di tutti i giorni.”

“Vogliamo creare incubatori che servano a promuovere l’apprendimento dei nostri ragazzi soprattutto stimolando la nascita di startup e di progetti intorno ai materiali compostabili, appunto, per applicazioni alimentari. È un aspetto estremamente importante che racchiude non solo scienze di base e non solo la ricerca applicata, ma soprattutto è importante in ottica di uno sviluppo sostenibile incentrato intorno a un concetto di economia circolare.”

Il gelato sostenibile di Dario Rossi: niente plastica né polistirolo. Una predica nel deserto?

La voce di chi lavora tutti i giorni tra cibo e rifiuti da gestire è l’altra faccia della medaglia.

È nel quotidiano e all’atto pratico che un Paese misura davvero il senso dello straparlare di sostenibilità. 

Anche Dario Rossi è un nome di imprenditore legato cuore e testa a Frascati. Dalla sua gelateria Greed ormai da anni ha stravinto la sfida di portare residenti, turisti e stranieri verso un consumo intelligente del prodotto. Diciamo che, mentre fa i gelati, fa pure cultura al cono e in coppetta in una logica di estrema purezza degli ingredienti e di rieducazione al consumo.

Dario Rossi al bancone della sua gelateria Greed, a Frascati.

“Sono anni che cerco di portare avanti il compostabile e biodegradabile eliminando plastica e tutto ciò che non va nell’organico. Inizialmente tutto il rifiuto del mio lavoro andava nell’indifferenziato appunto perché retava residuo di cibo. Appena ho potuto, anni fa ho anche eliminato il polistirolo, al punto che il rivenditore delle vaschette compostabili mi disse che ero stato il primo su Roma. Però non posso nasconderti le difficoltà: i costi delle vaschette, che erano di per sé già assurdi, quest’anno sono aumentati del 20%.”

“Una piccola realtà come la mia fa fatica, e molti miei colleghi che avevo convinto sono già tornati indietro anche a fronte dei margini sul gelato rimasti del tutto invariati. Qui in Italia quando si parla di sostenibilità si parla magari solo di sconti sulle automobili, ma non si fanno mai ragionamenti seri di natura politica, economica e culturale sull’organico, che è la vera risorsa e il vero problema. Non possiamo continuare a retrocedere a favore della plastica”.

Photo by Marjan Blan | @marjanblan on Unsplash

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