Lavorare in viaggio per il mondo aiuta i clienti dei creativi

Quando tempo fa è arrivato il momento di passare dalla vita studentesca al grande mondo del lavoro, temevo di dover rinunciare alla libertà di prendere ed andare via senza dover avvisare nessuno e diventare schiava di permessi e ferie. Già sentivo il caldo del sole filtrato dai finestrini negli ingorghi autostradali di agosto, o la […]

Quando tempo fa è arrivato il momento di passare dalla vita studentesca al grande mondo del lavoro, temevo di dover rinunciare alla libertà di prendere ed andare via senza dover avvisare nessuno e diventare schiava di permessi e ferie. Già sentivo il caldo del sole filtrato dai finestrini negli ingorghi autostradali di agosto, o la pianificazione delle cosiddette partenze intelligenti. Solo a scriverne sento già formarsi quel nodo d’ansia allo stomaco.

Il bisogno di quel tipo di libertà era così pronunciato da spingermi a creare una situazione lavorativa in cui la mia posizione geografica non fosse un limite, bensì un’opportunità professionale. Due anni fa Ljudmilla Socci ed io abbiamo così fondato a Londra un’agenzia di comunicazione con la promessa reciproca di viaggiare il più possibile.
Se intervistassimo alcuni dei nostri amici e conoscenti, credo che metà di loro sarebbe pronto a giurare che siamo sempre in vacanza; l’altra metà, che non ci godiamo la vita perché anche in vacanza lavoriamo sempre.

La verità, o meglio il nostro punto di vista, è che la creatività è un flusso continuo che va alimentato e va esplorato, va lasciato fluire liberamente e quando serve devi armarti di coraggio e imparare a navigarlo. Come potremmo offrire soluzioni creative ai nostri clienti, lavorando al computer dieci ore al giorno sedute ad una qualsiasi scrivania vista muro?

Sei giri intorno a Marte

È per questo che solo nel 2014 abbiamo volato l’equivalente di quasi sei giri attorno a Marte. Sì, spesso lavoriamo anche la domenica o dobbiamo alzarci prestissimo per allinearci con il fuso orario dei nostri clienti o spendiamo una fortuna in connessioni dat. Ma abbiamo lavorato da Buenos Aires, Istanbul, New York, Vermont, Maine e Massachussets, Uruguay, più volte da Parigi, dalle Canarie, dalla Svezia, svariate volte da diverse città di Italia e così via. La nostra primavera sarà divisa tra New York, Barcellona e Dubai. Quasi centomila miglia l’anno.

Potremmo definire come ‘vacanza’ i nostri viaggi? Se per vacanza si intende staccare la spina da tutto e da tutti, non credo. Se per vacanza invece intendiamo un periodo lontano dalla propria routine, in cui ci si arricchisce di nuove esperienze, nuove persone e nuovi punti di vista, allora sì, noi viviamo in vacanza. Quante volte abbiamo proposto ai nostri clienti idee nate da conversazioni casuali con sconosciuti, da personaggi incontrati per caso o da amici di amici di amici che non avevamo mai incontrato prima. Quante volte siamo state testimoni del verificarsi di eventi apparentemente casuali che sgorgano poi in progetti, idee, soluzioni. Non è magia, è imparare a navigare quel flusso di creatività che va sempre alimentato. È lasciarsi andare.

La nostra passione è grande come il mondo ed è proprio nel mondo che troviamo nuove collaborazioni, nuovi clienti e nuove idee. Nel 2013, ad esempio, abbiamo incontrato l’artista Tanja Hollander su Facebook per poi invitarla in Italia, incontrarci di nuovo a Londra e poi rivederci a New York. Grazie a questi nostri rendez-vous in giro per il mondo, abbiamo consolidato un rapporto professionale e di stima reciproca che si concretizzerà nella cura di un progetto digitale per l’allestimento della sua mostra personale negli Stati Uniti. Ci incontreremo di nuovo tra un mese a Barcellona.

Giornali, blog e coach vari ci bombardano su quanto sia importante uscire dalla propria “comfort zone”, intraprendere percorsi sconosciuti, addentrarsi nell’inesplorato e prepararsi a vivere una vita piena di sorprese. Sono teorie quasi poetiche che però poi si infrangono quando entrano in contatto con la vita di chi ha paura ad uscire dal proprio orticello tanto faticosamente costruito proprio per difendersi da ciò che non si conosce.

Viaggiare per noi significa anche avere un grande senso di responsabilità ed essere pronte a lavorare tante ore in più in previsione delle partenze; spesso non ci sono feste e qualche volta è pesante non avere una linea di demarcazione ben definita tra il lavoro ed il proprio tempo libero. Eppure che sensazione indescrivibile quando chiudo il computer e mi ritrovo di fronte all’oceano, o usciamo per fare un giro in auto e ci troviamo alle pendici di un vulcano, o a passeggiare sulla Highline.

Forse non potremmo più rinunciare a questo nostro punto di forza per omologarci e offrire ciò che già in tanti offrono. Sono domande che ci siamo poste e abbiamo scelto di continuare a costruire la nostra strada, che non sappiamo dove ci porterà ma ci fa stare bene e non ci fa sentire quella spaccatura tra tempo libero e tempo dedicato al lavoro, di cui avevo tanto paura prima di iniziare la mia carriera.

Leggi le altre storie di lavoratori in viaggio:
#02 Un guasto tecnico sul volo Palermo – Napoli
#03 Pendolari ad alta velocità 

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