
Analizziamo la situazione delle messe a disposizione e dei casi di supplenti che possono insegnare pur non avendo superato concorsi e senza una preparazione specifica.
La certificazione dei manager è prassi consolidata in molti Paesi europei: in Inghilterra, ad esempio, costituiscono un punto di riferimento sia gli Standards of Good Practice for Board of Directors sia i Senior Management Standards, che hanno coinvolto centinaia di senior manager per arrivare alla definizione rigorosa degli standard di riferimento. Il tema è oggi […]
La certificazione dei manager è prassi consolidata in molti Paesi europei: in Inghilterra, ad esempio, costituiscono un punto di riferimento sia gli Standards of Good Practice for Board of Directors sia i Senior Management Standards, che hanno coinvolto centinaia di senior manager per arrivare alla definizione rigorosa degli standard di riferimento.
Il tema è oggi di forte attualità anche in Italia per una serie di motivi:
Non va infine dimenticata la diatriba perennemente in corso sulla proposta di riforma degli ordini professionali, che li vede coinvolti insieme ai professionisti non regolamentati per legge, tra cui ritroviamo anche alcune associazioni di management.
A fronte di questo gran fervore certificatorio, bisogna in primo luogo chiedersi se sia possibile e se abbia senso certificare un manager, e se esista un processo ideale da seguire.
Nel caso di un manager è pressoché impossibile certificare la performance a causa dei tempi e dei costi necessari, senza considerare la complessità derivante dall’isolare le variabili indipendenti dal manager che influenzano i suoi risultati (come ad esempio dinamiche di relazione, dipendenze interfunzionali, cambi di management). Però, secondo il metodo anglosassone, si possono definire dei modelli di competenze manageriali con i quali innescare un processo di accreditamento attraverso diverse attività:
Ciò premesso, resta aperto il problema sul metodo da utilizzare. Scartata l’ipotesi di un esame (praticabile invece per posizioni più basse e più strutturate), sono disponibili diverse opzioni quali l’osservazione on the job, l’intervista approfondita abbinata a un reference check, la valutazione a 360°: in ogni caso il metodo dovrà essere rigoroso, credibile per il mercato, logicamente consistente e stabile nel tempo.
In assenza di riferimenti certi, una prima significativa indicazione può venire da una norma europea, la EN 45013, secondo cui la certificazione delle professionalità, che attesta che una determinata persona possiede i requisiti necessari e sufficienti per operare con competenza e professionalità in un determinato settore di attività, deve essere effettuata da una terza parte indipendente. I requisiti e criteri che una organizzazione di terza parte indipendente deve possedere e applicare ai fini della certificazione di una classe di professionisti sono:
La norma ha il grande pregio di porre in primo piano alcuni principi di fondo, oggi più che mai importanti a fronte del crescente e già citato interesse per la certificazione da parte delle associazioni manageriali.
La certificazione “prima parte”, come viene definito questo tipo di processo, presta il fianco a significative obiezioni relative all’assenza di conflitti di interesse, all’imparzialità e al coinvolgimento delle parti interessate. Infatti, per quanto un’associazione imposti un processo di certificazione con il massimo delle cautele possibili, esistono tuttavia delle condizioni oggettive di pressione “interna” che possono minarne oggettività e credibilità.
Esempio ne è l’esistenza nei soci di una serie di atteggiamenti, del tutto logici e naturali per il loro status, di cui un’associazione deve comunque tenere conto (“ho pagato la quota per anni e la certificazione è un mio diritto”, “perché l’associazione deve certificare uno che non è socio e che non paga la quota?”). Inoltre un’associazione ha delle esigenze specifiche come organizzazione, ovvero sviluppo associativo e mantenimento degli associati: in che misura esse sono compatibili con una certificazione “oggettiva”, che come tale può non certificare certi soci deludendone aspettative e bisogni e quindi creando le condizioni per una loro uscita o per una loro non entrata?
E ancora: è possibile che dietro un processo di certificazione si nasconda una logica mirata ad attrarre un numero sempre maggiore di soci, che consente di acquisire peso negoziale e potere di lobby, e quindi di avviare un meccanismo perverso del tipo più soci = più lobby = più privilegi = più soci, e così via? Infine, uno statuto associativo prevede la difesa degli interessi dei soci, la loro rappresentazione in varie sedi o l’agevolazione dell’accesso al mercato: occorre capire quanto ciò sia compatibile con i requisiti richiesti.
Premesso che, a rigore, un’associazione dovrebbe certificarsi essa stessa prima di porsi come elemento certificatore, una veloce check list può aiutare a capire il reale valore di quanto stiamo proponendo:
Solo una grande chiarezza su tutti i punti elencati potrà evitare che la certificazione dei manager venga banalizzata nello stesso modo in cui lo sono stati principi e valori della certificazione d’azienda in Italia. Se i manager non sono banane, le aziende non sono piantagioni.
Photo by Andrew Worley via unsplash.com
Analizziamo la situazione delle messe a disposizione e dei casi di supplenti che possono insegnare pur non avendo superato concorsi e senza una preparazione specifica.
Scarica il podcast della puntata. Jessica Alessi ha 2 figli, un marito e una vita vissuta tra Argentina, Usa e Italia. Nata in Belgio da mamma belga e papà italiano, è la perfetta cittadina del mondo, capace di cogliere da ogni esperienza e cultura i tratti migliori. Capace e determinata, sorride sempre e quando le parli hai […]
La celebre locuzione latina historia magistra vitae, tratta dal De Oratore di Cicerone, testimonia quanto la conoscenza approfondita della storia fosse una guida fondamentale per la vita di ogni uomo. Per quanto questa massima possa sembrare tuttora indiscutibile, osservando gli attuali trend, se ne potrebbe coniare una nuova: sport magister vitae. È proprio così, infatti: […]