Massimo Carlotto: “Costringiamo Grafica Veneta ad assumere i lavoratori sfruttati”

Il caso Grafica Veneta, con sevizie e sfruttamenti contro i lavoratori pakistani: la cooperativa per cui operavano è ancora sotto processo. Il giallista Massimo Carlotto racconta a SenzaFiltro il suo attivismo a favore delle trenta vittime, che ora sono sospese senza stipendio.

Prima sono stati sfruttati e vittime di caporalato. Ora non percepiscono più nemmeno gli ammortizzatori sociali. È la vicenda dei lavoratori della BM Service, la società che forniva personale a Grafica Veneta, una delle principali tipografie italiane nota per avere come clienti le più grandi case editrici, anche all’estero.

In estate un’inchiesta della procura di Padova ha inquisito gli amministratori di entrambe le società con l’accusa di caporalato. L’amministratore delegato e il direttore operativo di Grafica Veneta hanno patteggiato, mentre il procedimento penale continua per gli amministratori della società BM Service, che si difenderanno in tribunale e cercheranno di dimostrare la loro innocenza. Intanto la società continua a lavorare e gestisce alcuni appalti in Trentino, dove ha sede.

I rapporti commerciali con Grafica Veneta, invece, si sono interrotti, e i trenta lavoratori di BM Service che si occupavano del confezionamento dei libri nello stabilimento di Trebaseleghe, in provincia di Padova, sono stati sospesi. I contratti a tempo determinato non sono stati rinnovati, mentre per i dodici a tempo indeterminato è stato richiesto il FIS, un ammortizzatore sociale che a ottobre però non è stato rinnovato. Da oltre due mesi i dodici lavoratori, tutti stranieri, non hanno nessuna entrata.

Grafica Veneta, lavoratori schiavizzati, seviziati e sospesi senza stipendio. I sindacati: «Ora regolarizzateli»

«Vogliamo capire che cosa è successo», dice Luca Dallagnol del sindacato ADL Cobas di Padova, che segue la vertenza, «e perché queste famiglie si trovano in questa situazione. Abbiamo chiesto un incontro al commercialista che sta seguendo BM Service. Formalmente i lavoratori dipendenti non sono stati licenziati, ma solo sospesi, non essendoci più la mansione alla quale erano destinati. Da ottobre non ricevono denaro. Stiamo anche cercando di capire se ci siano gli estremi per le dimissioni per giusta causa, che darebbero comunque accesso a forme di ammortizzatori sociali, per consentire a queste persone di vivere dignitosamente in un Paese lontano, visto che sono quasi tutti stranieri. L’azienda deve pagarli o chiedere la cassa integrazione, anche perché ci è stato detto che, avendo perso l’appalto di Grafica Veneta, stanno vivendo un momento di difficoltà economica».

Tra gli undici arrestati con l’accusa di caporalato c’erano i dirigenti della società, che sono ancora proprietari, ma in carcere in attesa di processo; quindi la gestione è passata a un commercialista, che si occupa dell’ordinario. I sindacati, inoltre, hanno voluto lanciare un appello anche a Grafica Veneta perché assuma i lavoratori che fino a pochi mesi fa operavano ogni giorno nei suoi capannoni.

«Non chiediamo – continua Dallagnol – che vengano assunte trenta persone a tempo indeterminato, ma che almeno vengano regolarizzate ognuna in base al lavoro che ha svolto fino a fine luglio, del quale la tipografia ha usufruito». Questa volta, naturalmente, applicando i criteri previsti dalla legalità, sia a livello di retribuzione che di orario.

Quando sono scattate le manette ai polsi dei due imprenditori a capo della società che lavorava per una delle più grandi tipografie italiane, è emerso dalle indagini un vero e proprio comportamento criminale. L’intero monte delle retribuzioni corrisposto da Grafica Veneta per i trenta lavoratori era di 270.000 euro; alcuni di loro si trovavano a lavorare anche per dodici ore di fila. Vivevano in un numero cospicuo nella stessa casa, pagando 120 euro di affitto al mese. Dalle indagini è emerso che i tre che hanno provato a rivolgersi al sindacato sono stati chiusi in una stanza, picchiati e gettati in strada tra Padova a Venezia. Anche per questo al reato di caporalato si sono aggiunti quelli di lesioni, rapina, sequestro di persona e sfruttamento del lavoro.

Massimo Carlotto: «Il boicottaggio non serve. Facciamoli assumere»

Il battage mediatico a livello nazionale però oggi è spento, e i lavoratori pakistani sfruttati di Trebaseleghe si trovano tutti senza lavoro e senza nemmeno la possibilità di avere un sostegno.

Il territorio nei mesi scorsi si è mobilitato in modo massiccio per i lavoratori sfruttati. C’è chi, come il deputato Alessandro Zan, lo scrittore Maurizio Maggiani e la scrittrice Stefania Maurizi – della casa editrice Chiarelettere – hanno chiesto che il loro libro non venisse stampato con Grafica Veneta. E c’è anche chi, come il giallista Massimo Carlotto, anche lui padovano, è diventato un vero e proprio attivista per la causa dei dipendenti sfruttati.

«Sono contrario al boicottaggio – dice Carlotto – perché non serve a nulla, se non c’è un controllo nella filiera. Quello che vale per i pomodori deve valere anche per i libri. La nostra richiesta è che i lavoratori, che sono stati schiavizzati, vengano assunti, perché è il minimo risarcimento al quale hanno diritto. Siamo un gruppo di scrittori e case editrici che si sono mobilitati attorno alla questione, organizzando anche serate per raccogliere dei fondi. È legittimo boicottare, ma ci sono anche modi diversi di agire. Stiamo parlando di giustizia e di diritti umani, di persone che lavoravano dodici ore al giorno, costretti a vivere in una casa ammassati e chiamati all’ultimo, anche di notte se c’era l’urgenza di mettere magari 15.000 fascette a un libro».

Carlotto ha avuto la possibilità di conoscere i lavoratori sfruttati, e spiega: «Parlare con loro significa capire quanto va in profondità la logica criminale che sta dietro lo sfruttamento dei lavoratori. Ma allo stesso tempo è importante anche agire a livello legislativo. Bisogna individuare delle norme che mettano ordine all’interno della filiera del libro, che parte dai traduttori e dai redattori. È necessario ripensare il modo in cui si fanno libri, che oggi sono prodotti inquinanti e che hanno una produzione che impatta sul territorio. Il libro dev’essere salvato, ma deve essere riformato. Grafica Veneta è il nodo di questa battaglia, che deve coinvolgere le case editrici ma anche gli autori, ai quali spesso questi temi non interessano».

Grafica Veneta, «qui c’è ancora chi li difende»

Gli arresti dell’estate scorsa si sono rivelati anche una ferita per il territorio padovano e in particolare per Trebaseleghe, il Comune dove ha sede la tipografia.

Si tratta di una delle aziende simbolo della zona e che dà lavoro a diverse persone, con un nome conosciuto anche all’estero. Dai capannoni di Grafica Veneta non sono usciti soltanto buona parte dei libri prodotti dall’editoria italiana, ma anche molti best seller internazionali, tra i quali l’intera saga del maghetto Harry Potter.

«Il lavoro nero – continua Carlotto – è una piaga di questa zona. E per molti la reputazione morale della società non è stata intaccata. C’è chi arriva ad affermare che è stata misericordiosa a dare lavoro da questi quattro pezzenti, che meritano di essere cacciati. Ho registrato una difesa a oltranza, anche perché l’azienda è uno dei fiori all’occhiello dell’economia veneta, con un fatturato altissimo e un capannone che è lungo almeno un chilometro».

Proprio per questo c’è una parte della società veneta che chiede ai dirigenti che hanno patteggiato e agli imprenditori di successo di sanare una ferita con uno sforzo che a loro, viste le dimensioni della loro azienda, costerebbe davvero poco.


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Photo credits: criticaletteraria.it

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