Mercato auto a folle, rischio stop

“La situazione non è tragica, ma assai preoccupante”. Gian Primo Quagliano, presidente e fondatore del centro studi Promotor, la società bolognese che ha come mission la diagnosi del settore automobilistico e che monitorizza ogni giorno salite e discese delle quattro ruote, va al cuore del problema. Lo fa sapendo che i dati che l’Istat ha […]

“La situazione non è tragica, ma assai preoccupante”. Gian Primo Quagliano, presidente e fondatore del centro studi Promotor, la società bolognese che ha come mission la diagnosi del settore automobilistico e che monitorizza ogni giorno salite e discese delle quattro ruote, va al cuore del problema. Lo fa sapendo che i dati che l’Istat ha diffuso questa settimana sull’industria italiana mettono a nudo le difficoltà, non soltanto in Italia, del principale traino delle economie europee: il settore dell’auto, il volano che negli anni scorsi ha consentito all’Italia di digerire in modo meno traumatico la lunga crisi economica e finanziaria iniziata nel 2008.

 

Il mercato auto ai tempi della recessione

In effetti, se i dati sulla recessione tecnica in cui ci siamo infilati spaventano governi e istituzioni come Bankitalia, Ue, Fmi e società di rating, i dati sulla produzione industriale, che sono la materializzazione plastica di quella recessione, hanno risvegliato lo spread, risalito questa settimana a quote prossime ai 300 punti base. E questa volta il governo in carica non se la potrà prendere con l’Istat, come ha fatto con Bankitalia e Fmi, per il solo fatto che sono stati diffusi dati negativi sull’andamento dell’economia.

Ma prima di diagnosticare la malattia che sta per colpire le quattro ruote torniamo ai dati aggregati che ci ha fornito l’Istat, perché in quelle cifre c’è la chiave della gravità della crisi. Si legge nel rapporto Istat su fatturato e ordinativi dell’industria: “A dicembre si stima che il fatturato dell’industria diminuisca in termini congiunturali del 3,5%, rispetto al mese precedente e del 7,3% rispetto al 2017. Nel quarto trimestre l’indice complessivo ha registrato un calo dell’1,6% rispetto al trimestre precedente. Anche gli ordinativi registrano una diminuzione congiunturale sia rispetto al mese precedente (-1,8%), sia nel complesso del quarto trimestre rispetto al precedente (-2,0%)”. Negli analisti e negli economisti l’allarme è scattato quando i dati forniti dall’Istat hanno fatto emergere una contrazione che proviene prevalentemente dall’estero. Perché tanto allarme? Perché almeno su una cosa sono d’accordo, gli economisti di diverso orientamento: che la nostra economia si è salvata dal disastro proprio grazie all’export, a quelle imprese che hanno mantenuto alto il Made in Italy sui mercati mondiali. Se anche quella preziosa leva si inceppa sono davvero guai. Anche perché il fatturato industriale subisce una diminuzione generalizzata, ma il più penalizzato è proprio il settore dei mezzi di trasporto.

 

Quagliano (Promotor): “Situazione preoccupante”

“Ecco perché sostengo – spiega Gian Primo Quagliano – che la situazione non è tragica, ma assai preoccupante. Nel settore automotive l’Italia è scivolata al sesto posto dopo Germania, Francia, Polonia, Romania e Repubblica Ceca. Lei capisce che questo trend non ci può lasciare tranquilli”.

Quali sono? “A dicembre del 2018, leggo nel rapporto Anfia i dati più preoccupanti del settore automobilistico, la fabbricazione di autoveicoli vede il proprio indice in diminuzione del 16,6% rispetto al dicembre del 2017; la fabbricazione di carrozzerie per autoveicoli, rimorchi e semirimorchi cala dell’11,1%, e la fabbricazione di parti e accessori per autoveicoli e loro motori è in calo del 9,2%. Nel cumulato dei dodici mesi del 2018, l’indice della fabbricazione di autoveicoli mostra un calo tendenziale del 5,9%, l’indice della fabbricazione di carrozzerie per autoveicoli, rimorchi e semirimorchi riduce l’incremento al 5,6%, e infine l’indice della fabbricazione di parti e accessori per autoveicoli e loro motori diminuisce del 2,3%. Insomma, se lei considera che il settore auto ha un peso importante nell’economia italiana ed europea, questa selva di cifre ci dice che non c’è da stare allegri”. Mi pare che un altro dato allarmante sia il calo del Pil tedesco, e in particolare il calo ben visibile del settore auto in Germania. “Sono ancora le cifre a parlare, e non ci dicono nulla di buono: la produzione Made in Germany per l’intero 2018 è stata di 5.118.800 automobili, con una flessione del 9% sui volumi del 2017. I costruttori tedeschi hanno esportato 3.990.500 auto (-9% sul 2017), pari al 78% della produzione domestica. Gli ordini provenienti dal mercato interno sono stati inferiori del 15% rispetto al 2017 e quelli dai mercati esteri in leggera flessione dell’1%”.

Quali sono le cause di questa nuova crisi annunciata? Si tratta semplicemente di congiuntura o c’è dell’altro? “Io non credo che si tratti soltanto di un rallentamento congiunturale. Certo, tutta l’Europa è in rallentamento, ma nel settore automobilistico ci sono problemi strutturali che andrebbero affrontati e risolti. Il cosiddetto Dieselgate ha penalizzato fortemente il settore, soprattutto in Germania. In Italia qualcosa si potrebbe fare. In altri Paesi, ad esempio, l’Iva si detrae totalmente; da noi soltanto per il 40%. L’altro ostacolo è il prezzo della benzina: siamo al terzo posto in Europa”.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ammutolendo tutti i governi europei, ha detto che il mercato automobilistico europeo mette a rischio la sicurezza nazionale, come gli emigranti messicani. Lei che cosa ne pensa di questa boutade della Casa Bianca? “Le parole di Trump fanno sorridere, ma se si traducessero in dazi farebbero paura”.

CONDIVIDI

Leggi anche

La carica delle 104

Come tutti sanno, la famigerata legge n.104 del 1992 è nata per consentire al lavoratore disabile, sia esso dipendente pubblico o privato, di ottenere permessi retribuiti per poter riposare o, in alternativa, al lavoratore non disabile di ottenere gli stessi permessi per assistere famigliari o parenti affetti da grave disabilità. I lavoratori beneficiari di tali […]

Non chiamatelo spirito sabaudo

Parli di Torino e delle sue imprese e puoi star certo che qualcuno evocherà lo “spirito sabaudo”. Forse qualcosa di vero c’era, un secolo fa. Oggi è un trito stereotipo, per di più parecchio sviante. Le imprese torinesi e piemontesi hanno poco a che fare con l’ottuso rigore dei Savoia, per inciso una delle peggiori […]