Dopo Nobìlita le cose non saranno più come prima

Da un paio di giorni è diventata reale l’ipotesi che si possano perdere centinaia di posti di lavoro in uno dei settori più importanti del nostro Paese: gli incontri culturali. E non sarà colpa dei robot. Chiamateli convegni, festival, manifestazioni, convention, forum, summit o come vi pare, da anni queste formule garantiscono alle aziende di […]

Da un paio di giorni è diventata reale l’ipotesi che si possano perdere centinaia di posti di lavoro in uno dei settori più importanti del nostro Paese: gli incontri culturali. E non sarà colpa dei robot.

Chiamateli convegni, festival, manifestazioni, convention, forum, summit o come vi pare, da anni queste formule garantiscono alle aziende di concentrare in un giorno solo clienti, prospect e fornitori all’interno di una gabbia la cui unica via di fuga è il bar.

Questi momenti psichedelici hanno una formula ormai ben rodata:

L’amministratore delegato sale sul palco

Annunciato generalmente da un presentatore scelto fra uno speaker importante di economia di Radio 24, il direttore del TG di un canale secondario, il conduttore di una trasmissione radiofonica gggiovane o un cabarettista di Zelig che opportunamente addestrato dall’ufficio comunicazione, distrugge con l’ironia di un ippopotamo tutti gli insulsi progetti innovativi degli ultimi 3 anni aprendo finalmente le cataratte al libero sfogo dei 3000 presenti in sala, l’AD ringrazia tutti gli intervenuti a questo meeting straordinario, sciorinando per 45 minuti dati, successi, progetti, passato, futuro remoto e un grafico del fatturato previsto ma molto sfocato per evitare che qualcuno degli stakeholders presenti prenda appunti e chieda il conto al prossimo board meeting (La riunione di quelli che hanno il compito di rendere impossibile il lavoro degli altri).

L’ospite d’onore è in genere un politico raffazzonato all’ultimo secondo che serve a lui per far dimostrare di essere “un politico concreto”, serve agli organizzatori per darsi quel tono di chi ha le conoscenze giuste. Vanno bene anche un sociologo, un imprenditore (preferibilmente cliente) un maitre a penser “fuori dagli schemi” ma non troppo, che termini il suo speech ringraziando dell’esistenza di aziende come questa che rappresentano il futuro del nostro Paese (e di sicuro il futuro immediato dello speaker che grazie al compenso previsto, anche quest’estate un mesetto a Orbetello non ce lo leva nessuno).

Il Presidente di ConfIndietro, il direttore di FederTuttooNiente, il Rettore dell’Ateneo ma anche la Libera Università di Grattachecca se il Convegno si svolge a Sud o la SpizzichieBocconi se si svolge a Nord, sono tutti ospiti che non possono mancare su un palco di un Convegno che dicasi “di (auto) riferimento”.

Gli sponsor sul palco non mancano mai. Perché è giusto che, avendo pagato 400 lire per il banchetto spacciabrochure che promette “servizi innovativi per la gestione del personale attraverso (addirittura) un’app per IOS e Android  o (nientepopodimeno che) la possibilità di operare “in cloud” da qualsiasi device garantendo una gestione in tempo reale dei big data con grafici ottimizzati anche per l’esportazione in SAP”, come non trasmettere tutto sto popò di contenuti anche all’interno del panel innovativo su “industria 4.0” ?

A mio parere gli sponsor sul palco sono sinonimo di debolezza e di mancanza di autonomia. Se un progetto ha uno sfondo etico, culturale, di valore, lo sponsor si offre di sostenerlo, dimostrando l’appartenenza a quei valori. Se passa il concetto che pagando chiunque può parlare, stiamo mancando di rispetto a chi ha speso soldi (ma anche solo tempo), per partecipare. Ma soprattutto, quel genere di sponsor sono l’ultimo baluardo di un modo di fare brand a cui non crede più nessuno, un pò come quei publiredazionali che raccontano il magico mondo dei produttori di gabinetti proprio due giorni prima della Fiera del Gabinetto.

Oggi le aziende che vogliono trasmettere valori, partecipano, aderiscono, sottoscrivono. La propria adesione a temi di valore la si dimostra ogni giorno fra le mura delle proprie aziende con progetti concreti e non un giorno solo all’anno proiettando belle slide. Di quelle aziende parlano già i social attraverso i loro collaboratori, ne parlano i partner, le Risorse Umane. Di quelle aziende parlano i progetti e chi li racconta, parlano i prodotti e chi li acquista, parlano i servizi e chi li utilizza.

Come dicono quelli bravi: la leadership è una caratteristica che viene riconosciuta, non un titolo autoriferito.

E’ finita.

Con Nobilita, FiordiRisorse ha dimostrato che è possibile essere coerenti anche quando si organizza una manifestazione con l’evidente intento di creare un posizionamento culturale. Perché di questo Nobilita si è trattato: dimostrare che sappiamo fare sul serio.

La credibilità non si costruisce in due giorni, naturalmente. Nobilita è un evento che ha radici profonde in dieci anni di attività, di contatti, di network di qualità, di scambi e confronti, in cui ognuna (o quasi) delle Persone coinvolte nella manifestazione aveva già avuto un’esperienza precedente. Per gli altri sono bastate le referenze, il passaparola, le raccomandazioni. “Referrals”, in inglese, come ha spiegato Marco Cigna da uno dei panel.

È finito il tempo in cui chi non ha niente da dire, sale su un palco.

E così anche il tempo in cui si pagano gli speaker per autocelebrarsi. Si invitano persone di valore alle manifestazioni per il contributo che possono dare grazie al ruolo che svolgono e non devono al contrario, le manifestazioni diventare business per chi si è creato un brand svuotato di ogni contenuto.

Purtroppo, di “personaggi da manifestazione” ne circolano fin troppi, strapagati, sebbene il valore che possano dare sfugge ai più.

In questi due mesi sono stato bombardato da proposte di interventi sui temi più disparati da personaggi intenzionati a vendere fuffa un tanto al chilo. Se avessi accolto la metà delle proposte il Festival sarebbe durato 5 giorni. In Italia c’è un sottobosco di “esperti” che si potrebbe organizzare un Festival ad hoc.

È l’ora del senso di appartenenza

il tempo in cui le Persone si raccolgono intorno ad un valore, si fidano delle altre persone, fanno rete insieme. L’ho visto fra il pubblico: persone che sono arrivate dalla Puglia, dall’Abruzzo, da Milano e dal Veneto per “partecipare”.

L’ho visto durante la preparazione del Festival, nelle braccia e nelle teste di chi ha sottratto qualche ora per pensare, organizzare, mettere a disposizione le proprie competenze: dalla grafica all’amministrazione.

L’ho visto mentre le cose succedevano. Giorgio Zanchini mi ha detto : “Un’organizzazione incredibile, sembra di essere in Germania!” Eppure, nessuno di noi aveva mai organizzato un evento di questa portata, ma come spesso accade, il senso di appartenenza fa fare cose straordinarie.

È finita anche per quelle società di comunicazione, di marketing del contatto, di mercatino delle relazioni. Pagare migliaia di euro per avere sul palco il nome più cool del momento. Li abbiamo mandati a spendere tutti. Siamo nell’era dei 6 gradi di separazione che nel frattempo, grazie ai social sono diventati 4. Chi ha seminato bene, chi ha un buon network, chi ha una rete di relazioni di valore sa come bussare alle porte giuste e farsi aprire. Se avessi lasciato l’organizzazione in mano ad una di queste società non avrei speso meno di 100.000 euro. Oscar Farinetti, Andrea Notarnicola, Frediano Finucci, Sebastiano Zanolli, Giorgio Zanchini, David Bevilacqua, Paolo Vergnani, Massimo Cerofolini, Riccardo Staglianò, solo per fare alcuni dei nomi che hanno pestato il palco di Nobilita hanno aderito a un progetto, non sono venuti a fare business.

È ora di svegliarsi. Si sveglino le aziende – “Great Place to Work” che in 24 ore riescono a far pubblicare comunicati stampa epici sui loro processi di “talent management” ma ci mettono 3 settimane per rispondere alla richiesta (ridicola soprattutto per certe multinazionali) di supportare concretamente quei valori per poi negarsi. La responsabilità sociale per molti è poco più che uno strumento di marketing ed è ora che le Persone imparino a verificarne la qualità e la credibilità. Aprire una fondazione per redimersi dei peccati industriali, comprare pubblicità per garantirsi un posto in prima fila sui giornali ogni volta che si invia un comunicato stampa, non ha più nessun valore.

Si sveglino le Persone: aprano i programmi delle manifestazioni (così come quelli dei Master e dei corsi di formazione ) prima di aprire il portafogli. I Brand stanno soffrendo tutti di una comunicazione che fino a qualche anno fa godeva di canali unilaterali, di una quasi totale mancanza di concorrenza, della protezione delle grandi Associazioni di Categoria. Ma adesso che anche le pulci hanno la tosse, grazie ai social, alla comunicazione dal basso, all’interazione fra le Persone, alla crescita di Community autonome che sfuggono da ogni possibile controllo, il Brand non è più garanzia di valori e di qualità.

“Esserci” non è più un motivo valido, se quando torno a casa non ho nello zaino almeno due pagine di appunti, un’informazione utile e il titolo di un libro da comprare domattina.

Fatevene una ragione.

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