Nuova mobilità, politica immobile. I tragitti di lavoro rallentano ovunque

Intervistiamo Federico Catania, Government Relations & PR Manager di Moovit, per analizzare il rapporto degli italiani con gli spostamenti urbani e con i nuovi mezzi di micromobilità: accettati ma non ancora integrati a dovere, anche per lacune politico-amministrative

Nuova mobilità, un monopattino elettrico fermo

Il 2020 ha segnato l’inizio di un cambiamento nelle nostre abitudini di spostamento, e in generale nell’organizzazione delle giornate – lavorative e non – della maggior parte di noi. Moovit, applicazione nata nel 2012 che fornisce informazioni per la pianificazione degli spostamenti nelle grandi aree urbane, ha fotografato in un rapporto uscito lo scorso anno la situazione a livello globale.

Con Federico Catania, Field MarCom, Government Relations & PR Manager dell’azienda, abbiamo fatto il punto sulla situazione attuale e sui possibili scenari, dal rapporto degli italiani con i mezzi pubblici al boom, ora in parte ridimensionato, dei monopattini.

 

 

 

Il rapporto più recente è uscito nel 2022, che può essere considerato “l’ultimo anno” della pandemia. Al di là della ovvia minore mobilità del 2020 rispetto al 2022, quali sono stati i cambiamenti più significativi nelle abitudini di spostamento in Italia?

In quasi tutte le nove aree geografiche esaminate in Italia, i tempi di viaggio e i tempi di attesa alla fermata sono aumentati rispetto al 2020. Questo incremento è spiegato dall’aumento del traffico nelle città causato principalmente dalla progressiva riduzione delle attività da remoto, smart working e didattica a distanza, e dalla propensione di una percentuale di utenti del trasporto pubblico locale ad affidarsi a un mezzo privato a causa del rischio sanitario legato al COVID-19. Negli ultimi mesi, invece, abbiamo riscontrato dei flussi turistici elevati, in alcuni casi ben superiori a quelli prepandemici. Questi flussi, che non si devono ignorare nella pianificazione del servizio sul territorio, incidono fortemente sul livello generale del servizio di trasporto pubblico e richiedono un’ampia riflessione su come far convivere la domanda “residente” con quella “turistica”.

E nel resto del mondo?

Nel resto del mondo la situazione è abbastanza simile a quella italiana, con l’eccezione di alcune città – come Parigi – che hanno saputo sfruttare il periodo pandemico per intervenire strutturalmente in favore di mezzi alternativi a quello privato. La mobilità nelle grandi aree urbane nel mondo è al contempo unica per ciascuna città, ma del tutto simile per comportamenti e flussi generali.

Proprio nel vostro rapporto citate questi mezzi “alternativi” come i monopattini, molto diffusi nelle grandi città. Come sta evolvendo il fenomeno?

Il fenomeno è senza dubbio in fase di stabilizzazione. Dopo una prima fase di boom, con migliaia di monopattini comparsi all’improvviso nelle strade e con la cittadinanza poco formata al loro utilizzo e visione quotidiani, adesso c’è un uso più consapevole da parte dell’utenza, e tutti abbiamo potuto riscontrare una doverosa selezione dei soggetti che possono svolgere questo servizio secondo le regole imposte da ciascuna città. Altro discorso per le biciclette o gli scooter in sharing, ormai “digeriti” dalle città nel loro insieme e con un’utenza già ampiamente abituata al loro utilizzo. Il mezzo di micromobilità è e resta un tassello fondamentale del grande puzzle della mobilità urbana per aiutare l’utente a raggiungere la fermata dell’autobus più vicina, o per giungere a destinazione nei momenti in cui il servizio di trasporto pubblico è più carente. Due però sono le priorità per fare in modo che questo fenomeno sia complementare a tutto ciò che si muove in città: l’area del servizio di questi mezzi non deve essere confinata ai centri storici o ai luoghi turistici e la politica non deve demonizzarli; con oltre 2.800 morti e 205.000 feriti l’anno a causa degli incidenti automobilistici non si può giungere in maniera ricorrente alla conclusione che siano i monopattini o le biciclette in sharing a rendere poco sicure le nostre strade.

Una delle missioni di Moovit era quella di puntare a diminuire il numero di macchine attraverso informazioni sempre più precise sui mezzi pubblici che portassero alla lunga a disincentivare l’uso del mezzo privato. Ci state riuscendo?

Convincere un cittadino a lasciare la propria macchina a casa per prendere i mezzi pubblici è un’impresa difficile, ma non impossibile. In Italia, in particolare, le persone sono molto “affezionate” al concetto di auto di proprietà: siamo primi in Europa con 67 automobili ogni cento abitanti. Il possesso di un’auto – spesso in leasing o acquistata a rate negli anni – significa che per un medio/lungo periodo è assai difficile convertire il singolo cittadino all’utilizzo dei mezzi. Moovit in concreto prova ogni giorno a fare la sua parte, offrendo soluzioni di mobilità aggiornate e in modalità multimodale in oltre trecento città in Italia. Oltre al nostro impegno e a quello di altri soggetti simili a noi occorre però che le amministrazioni locali, con coraggio e scelte che in un primo momento possono apparire impopolari, facciano la loro parte mettendo al centro della mobilità urbana il mezzo pubblico. Si tratta di una trasformazione che richiede tempo, ma necessaria per rendere migliore la qualità della vita delle persone. Di una cosa siamo certi: il cittadino non esclude a priori il mezzo pubblico, ma lo sceglie quando risulta un’alternativa affidabile, più economica e più veloce del mezzo privato. Il numero di utenti in crescita che riscontriamo di certo è un segnale tangibile del cambiamento in corso.

Ora in alcune città e Regioni è possibile anche acquistare il biglietto di viaggio su Moovit. Cosa cambierà secondo voi in prospettiva nelle esperienze e abitudini di spostamento?

L’acquisto del biglietto tramite la nostra app, oggi disponibile a Milano e in tutta la Toscana, è uno dei passi per rendere l’esperienza dell’utente completa. Se prima occorrevano app – o luoghi fisici – differenti per svolgere azioni in apparenza così basilari, ora è sufficiente un’unica app che svolge tutte queste funzioni in un solo ecosistema.

 

 

C’è da dire che lo scenario non è sempre così nitido: il 2021 ha, ad esempio, visto aumentare gli incidenti con i monopattini, segno che è opportuno diffondere un’educazione adeguata all’utilizzo di questi mezzi. Così come il contrasto all’uso del mezzo privato non è una sfida facile in un Paese dove il ricorso all’auto, anche per tragitti brevi, è ancora frequentissimo.

Un percorso chiaro, insomma, ma che necessita ancora di qualche aggiustamento alla rotta.

 

 

 

Photo credits: entecerma.it

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