Orientare la mappa, che poi è la cornice

Comunicare con gli altri, farsi capire davvero, significa principalmente orientare la mappa mentale verso di loro. Vediamo come, direttamente da Nobìlita.

“Ma come va orientata questa mappa”? Questa è una delle domande che si fanno largo fra le ultime file della platea durante una delle esercitazioni. Non è un caso! Nei primi due step le regole prevedono che nessuno possa parlare eccetto il conduttore. Non è facile destreggiarsi su un foglio, in un luogo inventato, senza poter prendere parte attiva alla comunicazione. Alfred Korzybski, famoso filosofo e matematico, affermava che la mappa non è il territorio; la mappa non copre tutto il territorio; la mappa è autoreferenziale.

Ma che cosa c’entra tutto questo? Facciamo un passo indietro.

Un po’ di contesto. Partendo da Nobìlita

Sono le 17:00. Ci troviamo nell’aula Fondazione Fico Eataly World, con circa sessanta persone curiose e desiderose di comprendere tecniche e strumenti per migliorare la propria comunicazione interpersonale. L’apertura è presa in prestito da una delle strategie di Chris Anderson, l’inventore del TED: condivisione di una storia d’infanzia.

Apro con una fotografia in bianco e nero. Il 1978 è considerato l’anno più bello per i miei familiari: in quell’anno la mia famiglia viveva a Indianapolis, e un giorno a mio fratello Simone venne chiesto di preparare una presentazione in classe per raccontare ai suoi compagni come si cucinano gli spaghetti.

Giustamente, se ci avessero insegnato fin dalla scuola primaria a comunicare e ricevere feedback, questa macro-competenza non sarebbe così temuta a lavoro; non sarebbero nati i corsi di public speaking, e forse oggi non saremo nemmeno qui a leggere questo articolo.

Tra le altre cose, nel 1978 non ero neanche nato!

Perché e obiettivo

Ma torniamo alla comunicazione in pubblico: in apertura non deve mai mancare l’obiettivo e la definizione del perché, come ci insegna Simon Sinek con il suo “Golden Circle”.

Il mio desiderio è quello di rendervi maggiormente consapevoli delle vostre aree di forza quando comunicate in pubblico. Questo perché la capacità comunicativa può essere potenziata nel pieno rispetto della vostra personalità e della vostra unicità. Sono estremamente convinto che spesso si possa imparare di più da un role playing che da un caso di vita reale: qui ci possiamo fermare, nella vita reale non abbiamo il tempo!

A questo punto andiamo a vedere quali sono le aree sulle quali dobbiamo esercitarci:

  • capacità comunicative;
  • organizzazione;
  • gestione psicologica del gruppo;
  • supporti visivi.

Nell’evento di Nobìlita ho scelto di lavorare solo sulle prime due competenze.

Qui mi gioco la domanda: quale di queste dimensioni a vostro avviso incide di più sulla comprensione? Non sempre si risponde alle proprie domande; questo è un trucco persuasivo per mantenere alta l’attenzione. Gli stessi conduttori televisivi lo sanno e ci costringono a seguire noiose pubblicità di prodotti per la casa in attesa delle risposte.

Il corpo

Dobbiamo innanzitutto definire e condividere il problema. Lo facciamo con alcuni video di personaggi famosi con spiccate difficoltà comunicative. Work in progress! La mappa è il primo esercizio che ci permette di definire alcuni principi fondamentali per aumentare la capacità di essere compresi; uno su tutti, distinguere gli “elementi oggettivi” da quelli “interpretativi”.

A seguire arrivano in aiuto i primi ospiti dal pubblico. Sara Cherubini apre una presentazione dove si racconta, giocandosi le competenze emotive (capacità comunicative) tanto da guadagnarsi un lungo applauso e tantissimi feedback costruttivi. Questo è forse il momento più intenso del nostro incontro. Ringrazio Sara per la sua “messa in gioco” e per aver rotto il ghiaccio! La sua presentazione piace così tanto che le chiediamo di ripeterla, prestando più attenzione al contatto visivo.

Poi è il turno di Stefano, che apre con: “Non faccio la rockstar, sono una rockstar sui temi della salute e sicurezza”. Anche qui l’applauso è lungo e sentito, i feedback migliorativi rimandano alla sua scelta organizzativa; secondo alcuni la sua presentazione può essere maggiormente incisiva inserendo maggiori informazioni descrittive. Nonostante questo, Stefano mostra una grande padronanza d’aula e il suo contributo è degno di essere condiviso su LinkedIn.

La chiusura

Mettendo una volta per tutte da parte gli studi del povero Merhabian, uno fra gli psicologi più fraintesi del ‘900, facciamo presente come troppo spesso ci dimentichiamo del piano relazionale ed emozionale a scapito del contenuto. Anche a scuola, spesso, la quantità supera la qualità. Un esempio su tutti: fate silenzio, dobbiamo finire il programma!

Ma torniamo alla domanda iniziale: quale delle quattro macro-competenze incide di più sulla comprensione?

Sicuramente sono tutte importanti. Ma per essere compresi, secondo il nostro modello, dobbiamo prima di tutto mantenere il focus sulla struttura. Waslawich raccontava questo nel suo terzo assioma, parlando di “punteggiatura delle sequenze di comunicazione”.

Riprendendo l’incipit iniziale, ognuno di noi quando comunica dà una propria interpretazione della realtà e segue una propria mappa mentale. Siamo tutti ancorati alle nostre costruzioni mentali, o meglio, possiamo dire che le nostre esperienze, credenze, valori e riferimenti culturali plasmano la nostra percezione. Ognuno ha la propria mappa. A volte troviamo punti di incontro con gli altri, ma spesso ci perdiamo.

Se vogliamo aumentare la probabilità di essere compresi dobbiamo costruire una cornice iniziale, donando al pubblico la possibilità di orientare la propria mappa nel verso giusto.

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