Rocco e i suoi tormenti

Contraddizioni, omissioni e lati inaspettati del capo della comunicazione del M5S: recensiamo “Il portavoce”, autobiografia di Rocco Casalino.

Vale la pena leggere l’autobiografia di Rocco Casalino, già portavoce dell’ex premier Giuseppe Conte? La domanda non è facile perché il personaggio – sia che lo si apprezzi o che lo si detesti – è particolare, ingombrante, a volte contraddittorio; ma soprattutto perché intorno a lui c’è molto rumore, dovuto – per sua ammissione – alla partecipazione alla prima edizione del Grande Fratello (anno 2000) e al fatto che sia omosessuale.

Facciamo finta che il suo libro (Il portavoce – la mia storia, 243 pagine, Piemme/Mondadori 17 €) sia un’opera destinata a rimanere nella storia della letteratura. Immaginiamo di essere nel 2121 e di leggere la sua voce in una futuribile enciclopedia. Proviamo.

Il riassunto de Il portavoce, l’autobiografia di Rocco Casalino

Il portavoce narra la storia di Rocco Casalino, nato in Germania nel 1972, figlio di immigrati italiani.

La sua infanzia è caratterizzata dalla povertà, da un padre violento, da episodi di bullismo scolastico, dai pregiudizi dei tedeschi sugli italiani. Tutto questo porta Rocco a un forte senso di rivalsa che incanala principalmente nello studio per dimostrare il suo valore (il ragazzo è intelligente e dotato), e che gli consente di integrarsi frequentando scuole riservate ai tedeschi.

Il repentino trasferimento della famiglia nel piccolo paese pugliese d’origine, Ceglie, provoca in Rocco uno sradicamento culturale che inaspettatamente gli farà scoprire e apprezzare le sue origini italiane e l’umanità della società meridionale. Dopo la laurea in ingegneria Rocco però non riesce a trovare un lavoro all’altezza delle sue aspettative, soprattutto economiche.

La svolta arriva quando viene scelto per partecipare alla prima edizione di un reality show a quei tempi famoso, il Grande Fratello, che consisteva nel mostrare in diretta TV 24 ore al giorno la vita di dieci persone rinchiuse in una casa. Rocco non sarà il vincitore, ma esce da quell’esperienza con una grandissima notorietà e con la consapevolezza della sua omosessualità.

Raggiunto finalmente l’agognato benessere economico, inizia a lavorare nel mondo dello spettacolo e del giornalismo fino a quando decide di militare in un partito chiamato Movimento 5 Stelle (M5S), fondato da un comico e da un imprenditore informatico. Rocco, per vari motivi, non intraprende una carriera da politico, ma diventa molto importante coordinando la comunicazione dei parlamentari del Movimento, perlopiù giovani e inesperti. Fino a quando non diventa il portavoce del nuovo Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, uno sconosciuto professore di diritto scelto praticamente per caso di fronte all’impasse tra i due partiti che avevano vinto le elezioni, M5S e Lega, costretti a formare un governo.

Come portavoce Rocco si trova per due anni catapultato ai vertici della politica italiana, a contatto con i più importanti capi di Stato, accumulando invidie e ostilità da parte di parlamentari e giornalisti che continuamente gli rinfacciano la sua omosessualità e il suo passato di concorrente del Grande Fratello. L’esperienza si concluderà bruscamente quando, durante la grande pandemia da COVID-19, Conte viene sostituito dall’ex presidente della BCE Mario Draghi.

Fin qua l’esercizio di stile, il riassuntino. Entriamo ora nel merito dei contenuti.

Omissioni e mancanze di retroscena: un libro più personale che politico

Come spesso accade nelle autobiografie, il libro omette alcune situazioni sconvenienti per l’autore.

Casalino, ad esempio, indugia sulla sua esperienza di giornalista a Telelombardia, ma non menziona di quando conduceva su Betting Channel una trasmissione su scommesse, ippica, slot machine e poker online: omissione comprensibile, vista la forte e convinta battaglia condotta dai 5 Stelle contro il gioco d’azzardo e la ludopatia.

Poco convincente poi è il racconto di quando e come il Movimento ha ingaggiato Giuseppe Conte per fare il Presidente del Consiglio. La narrazione è incredibilmente priva di retroscena, di dettagli, e viene liquidata in poche, troppo poche righe.

Il libro, soprattutto nella parte finale, viaggia su due binari contraddittori. Da una parte Casalino vuol spiegare, motivare ed esaltare il suo ruolo di portavoce (soprattutto all’estero). dall’altra non vuole però sminuire le grandi qualità comunicative di cui – sostiene – Giuseppe Conte è sempre stato in possesso. Strano, perché finora era diffusa la convinzione che proprio Rocco fosse il creatore della figura pubblica e mediatica di un premier inizialmente inesperto: ma da quello che lui scrive, come direbbero a Napoli, Conte “nasce imparato”.

Possibile? Una spiegazione plausibile potrebbe essere che Casalino intravede in Conte la figura paterna mancante – si intuisce chiaramente leggendo tra le righe – e quindi non se la sente di sminuirne il valore. I maligni potrebbero invece ipotizzare che Rocco non si vuole bruciare un ritorno in politica a fianco dell’ex premier.

Il peccato originale del Grande Fratello

Casalino nella sua autobiografia vuol far passare sostanzialmente due messaggi.

Primo, Rocco è perseguitato dalla sua esperienza al Grande Fratello (GF) e fa di tutto per affrancarsi da quella che lui definisce “la mia lettera scarlatta”. È letteralmente ossessionato dal fatto che ancora oggi venga ricordato per quei 92 giorni di clausura televisiva invece che per la carriera che ha fatto in seguito. È chiaro che questo è un problema personale che deve superare; ma sul perché la gente ancora lo ricordi accostato a quell’esperienza a vent’anni di distanza, a ben vedere, è lui stesso a darsi una spiegazione senza accorgersene, quando scrive: “Intanto mi ritrovo a fare lo stupido in televisione (…) mi costruisco consapevolmente come personaggio negativo (…) è rimasta famosa la scena in cui a Buona Domenica dissi ad un’ospite che era sul palco che l’avrei vista bene come la signora che dava la carta igienica nei bagni degli autogrill in autostrada”.

Sempre nei numerosi paragrafi dedicati al GF ci sono altre contraddizioni. Scrive infatti Casalino: “Il Grande Fratello non pensavo fosse una cosa commerciale, stupida, mi ero immaginato un esperimento sociologico, psicologico, sul quale avrebbero fatto studi a livello alto” (sic), quando appena tre pagine prima, invece, riguardo al suo provino dichiarava: “Avevo visto la notizia del Grande Fratello olandese. Erano entrati dei ragazzi normali poi erano usciti ed erano diventati famosi e ricchissimi”.

La vicinanza alla politica e l’omosessualità che “aiuta nel lavoro”

Il secondo messaggio che Casalino vuol far passare è che, nonostante il GF e le sue attività nel mondo dello spettacolo e del giornalismo, lui fin da ragazzo ha avuto la passione e il desiderio di fare politica, ancora prima di incontrare i 5 Stelle.

Rocco sostiene che l’11 settembre e l’assassinio del magistrato Giovanni Falcone sono state due forti molle in questa direzione. Casalino, ricordiamo, non è mai stato candidato, ma nel libro racconta di esserci andato vicino due volte.

La prima occasione gliela propone il tanto bistrattato Grande Fratello. Racconta infatti che Barbara Palombelli, saputo del suo desiderio di candidarsi, gli fa incontrare in Campidoglio il marito, l’allora sindaco Francesco Rutelli il quale a sua volta lo presenta al segretario dei DS Walter Veltroni, che subito lo indirizza ai referenti pugliesi del partito: di fronte alla loro offerta di candidarsi alla Camera alle politiche del 2011 Rocco però si tira indietro, dicendo genericamente che non si sentiva pronto. È curioso che una persona che ha una notorietà nazionale, che affronta bagni di folla in delirio dovunque vada, improvvisamente (sono parole sue) abbia “paura a girare la Puglia per fare comizi”.

La seconda occasione gli capita alle regionali del 2012, quando sostiene di aver fatto di nuovo marcia indietro, stavolta perché i grillini lo accusavano di sfruttare la sua notorietà accumulata grazie al GF. In fin dei conti, ex post, Casalino ha fatto più carriera dei suoi compagni senza ricoprire cariche pubbliche. Ma anche qua, nel rapporto con i 5 Stelle, emergono contraddizioni: Rocco non fa che insistere sul concetto di merito, di competenza, sull’importanza dei titoli di studio, della cultura: bizzarro, visto che si muove in un Movimento che invece si è fondato sul mito che le competenze non contino (“uno vale uno”).

Molto spazio nel libro è dedicato alla questione della sua omosessualità (Rocco si definisce “un gay attratto dagli etero”, con tutte le difficoltà che questo comporta). Assieme al dramma del rapporto col padre violento, è la parte in assoluto più personale dell’autobiografia, un tema che fa capolino praticamente in tutti i capitoli e che può risultare di interesse per un certo tipo di lettori. I giornalisti complottisti avranno sottolineato con la matita rossa il passaggio dove Casalino afferma quanto l’essere omosessuale l’abbia aiutato nel suo lavoro: “Non è un caso che i migliori agenti, autori televisivi siano gay (…) il gay suggeritore dietro le quinte è tutt’altro che cosa strana. Lo vedo adesso che ne ho incontrati molti all’estero. Molto spesso quelli che ricoprono il mio ruolo sono omosessuali”.

Perché leggere Il portavoce

Venendo alla domanda iniziale: vale la pena di leggere il libro?

Se siete interessati al personaggio Casalino e alle sue vicende personali, ve ne consigliamo la lettura. Chi si aspetta invece di trovarvi fatti inediti e interessanti di politica interna o di capire le fini strategie mediatiche di uno spin doctor che ha avuto l’occasione di gestire l’immagine di un premier quasi tirato a sorte, rimarrebbe molto deluso.

Sicuramente consiglieremmo a un regista o a un produttore televisivo di acquistare i diritti d’autore del libro per un film o una fiction. Il rischio – per Casalino – è che dare poco spazio ai fatidici 92 giorni del Grande Fratello, per un bravo sceneggiatore, sarebbe un’impresa ai limiti dell’impossibile.

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