Se il Covid ferma il circo, i trapezisti fanno i rider

Come ha impattato la pandemia sul mondo circense? Lo chiediamo ad Anna Paola “Nina” Vassallo, 84 anni e una vita sotto il tendone.

“Io nel circo ci sono nata, undicesima di undici figli. Ho scoperto di chiamarmi Anna Paola solo quando ho dovuto fare la carta d’identità. Per tutti sono stata sempre Nina, Nina Vassallo”.

Anna Paola, 84 anni, quattro figli, nove nipoti e nove pronipoti, è testimonianza vivente degli occhi sgranati sotto il tendone del circo: “Circense fino al midollo”, scandisce.

Se il destino è diviso a metà tra quello che ci capita e quello che scegliamo, allora non poteva essere altrimenti per “Nina”. Circense la sua famiglia, i Vassallo, circense suo marito, diventato un simbolo: Guido Errani, scomparso nel 2013. Circense, infine, la carovana che l’ha accolta, quella del genero Giuseppe D’Amico del circo Universal.

La foto-famiglia e 78 anni in viaggio

La incontriamo a Fabriano, 78 anni dopo una foto che la ritrae con la sua famiglia proprio nella città della carta. È un caso, o forse destino, che la sua lunga sosta sia avvenuta nello stesso posto dove da bambina, lo sguardo corrucciato, perdeva il padre, prestigiatore, che “aveva portato il circo fino a Sfax, in Tunisia”.

La incontriamo mentre è in attesa del vaccino anti-COVID, programmato nei prossimi giorni: “Ho deciso di farlo nonostante tutti qui mi abbiano detto di non farlo. Del resto – aggiunge – nella mia vita ho sempre fatto quello in cui ho creduto, compreso il fatto di innamorarmi di un uomo separato, Guido, diventando pietra dello scandalo in quei tempi. Alcuni famigliari non mi hanno rivolto la parola per vent’anni”.

Foto di famiglia Vassallo, Fabriano 1943

Da trapezisti a rider: pochi fondi e un settore in crisi

Nel microcosmo del villaggio di roulotte del circo Universal bloccato causa restrizioni dall’autunno 2020, con lo chapiteau (tendone) arrotolato sui camion a bordo strada, il tempo è sospeso. Qualcuno si è reinventato rider per la consegna delle pizze a domicilio, perché si può restare sospesi in aria per un tempo lunghissimo, ma a terra, sul suolo, due anni di stop dei circhi sono duri da digerire, anche per chi fa spettacolo aggrappato a una corda con i denti.

Certamente la piccola quota riservata alle cento imprese circensi all’interno dei già esigui fondi statali è un simbolo, più che un sostegno concreto. Nel tempo pre-pandemico si conta che ogni anno andavano in scena circa 15.000 spettacoli, 42 al giorno, l’11% di tutti gli spettacoli teatrali che si svolgono in Italia.

Sul settore, però, pesa anche la disaffezione di una parte consistente del pubblico se sono circa 400.000 gli spettatori persi negli ultimi anni.

Lo stereotipo: “Arriva il circo e aumentano i furti”

Nella confusione e nello scoramento, l’idea di Anna Paola ha alcuni punti fermi. Innanzitutto l’attività circense pensata e gestita come un’impresa a conduzione famigliare, in cui ognuno “trova il suo ruolo” e se non basta “si prendono gli artisti stranieri, da tutto il mondo”.

“In Italia non c’è cultura del circo – dice – nonostante la lunga tradizione. Ancora si va avanti con lo stereotipo per cui arriva il circo e arrivano gli zingari che rubano nelle case”.

Quindi l’idea di futuro, secondo la consuetudine di the show must go on, lo spettacolo che deve andare avanti, nonostante tutto: “Abbiamo già avuto altre crisi, ma questo mestiere andrà avanti anche senza gli animali. Ci adatteremo, perché chi è nato per fare questo mestiere non lo cambierà”.

La circense Anna Paola Vassallo: “Più che il circo, è cambiato il pubblico e la sua percezione”

Anna Paola accetta di raccontarsi nella casa viaggiante fermata a lungo dal virus. Sfoglia album di foto e di trofei, compresi i più recenti riconoscimenti ai nipoti Maycol e Guido (Oro) ed Elvis (Bronzo) al Festival del Circo di Montecarlo, la rassegna per eccellenza dedicata all’attività circense.

Che cosa significa essere circense, Anna Paola?

Io ho passato tutta la vita in carovana, ma non mi è mancato un punto fisso, anzi quando con mio marito Guido restavamo troppo a lungo in un posto capivamo che era ora di cambiare, di andare via. Questa è la nostra vita. Ti dirò di più: nel tempo ho conosciuto tante persone, soprattutto donne, non circensi che si sono unite a qualcuno della famiglia. Ebbene sono diventate più circensi di noi, che ci siamo nate qui.

Com’è stata la sua infanzia?

Ho vaghi ricordi. I miei fratelli e i miei cugini, tutti insieme. Poi un mio fratello si è ammalato di tifo ed è morto. Mio padre non l’ha mai superata questa cosa. Se n’è andato sei mesi dopo. È stato un bravo prestigiatore. Io ho portato il vestito nero a lutto per un anno. Avevo sei anni.

Com’è stato l’incontro con suo marito Guido?

Avevo 17 anni e mezzo. Con la mia famiglia eravamo in giro con altri circhi. A un certo punto, a Pesaro, mentre eravamo in giro con la carovana, ho conosciuto Guido. Ci disse: perché non vi appoggiate da noi? È così è andata. Io appena l’ho visto ho pensato: “Quanto è bello”. Da lì abbiamo iniziato a filare, ma lui era un uomo separato, con due figlie. Così abbiamo dovuto fare l’unica cosa possibile, la fuitina. Fu uno scandalo.

Poi la carovana non si è più fermata: con i vari nomi, Folgore, Mexico, Errani, avete portato avanti il circo.

Gli occhi di Anna Paola si illuminano.

Mio marito era un bravo clown e si occupava di presentare gli spettacoli. Aveva una favella incredibile. Ero gelosa che tutte lo guardassero. Io invece mi occupavo di quanto era necessario. Se c’era da andare sul trapezio andavo. A me piacevano molto le volanti (danza aerea e acrobazie, N.d.R.).

Com’è cambiato il circo?

È cambiato il pubblico e la percezione che c’è. Un tempo ci venivano le famiglie intere. Oggi vedi i bambini fino a una certa età, accompagnati dai nonni, o da un solo genitore. È cambiata anche la percezione tra i personaggi più noti: quando stavamo a Roma venivano a salutarci molti esponenti dello spettacolo, Gassmann, Macario, che prendeva spunto dal circo in molte opere che rappresentava in teatro, Celentano. La stessa Katia Ricciarelli viene dal circo. Ma oggi si ha quasi vergogna a dirlo.

Poi ci sono i riconoscimenti.

I miei nipoti hanno un legame particolare con la famiglia Ranieri a Monaco. Quando gli hanno dato l’oro al Festival, Alberto di Monaco gli ha detto: “Se ci fosse un premio in diamante vi darei quello”.

Il circo che gestiva con suo marito Guido, Mexico, ha girato a lungo, fino in Grecia. Poi avete deciso di chiuderlo.

Abbiamo chiuso il circo perché non si poteva portare avanti uno spettacolo come lo volevamo noi. Noi volevamo sempre gli spettacoloni, ma l’artista costa. In più ci sono gli animali. Quando si vedono i numeri con molte persone al Festival di Montecarlo bisogna sapere che molti sono artisti e atleti esterni, che preparano un numero e poi cambiano circo. Anche qui al circo Universal c’erano diversi artisti stranieri che sono andati via con lo stop per la pandemia. Nel circo però servono tutti.

Come vengono scelte le piazze in cui andare?

Intanto si cerca di capire se in una determinata zona ci sono altri circhi, in modo da non sovrapporci. Poi molto dipende dai comuni, dall’accoglienza che riservano alle zone che ci mettono a disposizione. Molti comuni se ne fregano, anzi non ci vogliono. Infine bisogna capire dove si vuole passare l’inverno. Se voglio un clima più mite mi organizzerò per andare in Sicilia, scendendo dal Tirreno.

Qual è il prossimo obiettivo?

Intanto vaccinarmi, sorride. E poi vorremmo fare una scuola di circo. Del resto, il circo non finirà mai.

Foto di copertina: Mark Williams on Unsplash

CONDIVIDI

Leggi anche

Il mondo in provincia

Tre esperienze provinciali di rinascita urbana: il festival internazionale del cinema ad Amantea, in Calabria; gli studenti cinesi che ridanno vita al centro storico di Alatri, nel Lazio; gli stranieri che scelgono di vivere nel cuore di Irsina, in Basilicata.