Sessismo sul lavoro: a certi HR va bene così

Un sondaggio realizzato da FiordiRisorse all’interno della propria community raccoglie dati inquietanti sui fenomeni di sessismo nel lavoro: solo in un caso su dieci gli uffici del personale agiscono in modo positivo.

“Come sei acida oggi, hai le tue cose?”; “per prendere questa decisione ci vogliono le palle, lo sai?”; “sai fare uno sguardo sensuale in ufficio?”; “hai intenzione di avere figli?”.

Sono solo alcune delle domande che almeno una volta nella vita una donna si è sentita rivolgere durante l’orario di lavoro. E sono tutti chiari esempi di sessismo, cioè quando si valuta le capacità o le attività delle persone in base al sesso di appartenenza, mettendo in pratica atti discriminatori.

Non di rado, tuttavia, si parla di sessismo con un livello di generalità che rasenta la chiacchera da bar, talvolta con faziosità e settarismo, molto più spesso con superficialità. Qui, invece, ne parliamo dati alla mano: dopo aver gettato la rete con il sondaggio lanciato da novembre a gennaio da FiordiRisorse all’interno della propria community, oggi mettiamo a disposizione di tutti quanto abbiamo raccolto. Da dentro il mondo del lavoro sono emerse tante voci che con le loro parole e le loro esperienze ci dicono tanto, molto, rispetto a cosa è il sessismo sul luogo di lavoro e a quanto è diffuso e dannoso.

I risultati del sondaggio di FiordiRisorse sul sessismo sul posto di lavoro

Le 669 risposte arrivate ci permettono di avere uno sguardo più chiaro sulla situazione, che non appare affatto rosea.

Sono 4 su 5 le donne che dichiarano di aver subito almeno un episodio di sessismo durante l’orario di lavoro, mentre gli uomini solo 1 su 5 (Grafico 1).

Tuttavia, se domandiamo se si è mai assistito ad un episodio di sessismo, il 90% delle donne e l’80% degli uomini dichiara di essere stato protagonista o testimone di tale evento. Dato che ci indica un’elevata diffusione del fenomeno, oltre che, parrebbe, una certa conoscenza sul tema, anche da parte maschile (Grafico 2).

La diffusione del fenomeno è decisamente omogenea tra Nord, Centro e Sud (Grafico 3), così come non si presentano differenze rispetto alla grandezza dell’azienda: episodi di sessismo sono similmente riscontrati a partire dalle realtà più piccole, sino a quelle più grandi (Grafico 4).

Che cosa succede quando si denunciano i casi di sessismo?

I dati veramente interessanti emergono allorché viene domandato se ci si sia rivolti all’ufficio personale in seguito a un episodio di sessismo subito: mediamente il 60% delle vittime non lo fa. Degna di attenzione è la distribuzione rispetto al genere, dal momento che ci segnala che circa l’80% degli uomini non si rivolge all’ufficio personale, mentre le 1 donna su 2 lo fa (Grafico 5). Questi valori ci segnalano una mancanza di fiducia rispetto alla possibilità di una presa di posizione da parte dell’azienda nei confronti di atteggiamenti sessisti; inoltre, la ancor più scarsa propensione degli uomini a rivolgersi all’ufficio personale indica la persistenza di consolidati stereotipi di genere per cui un uomo non può mai domandare aiuto in situazioni di difficoltà.

Ma cosa succede quando ci si rivolge all’ufficio personale? E nel caso in cui ciò non avvenga, quali sono le motivazioni? Come si apprende dal Grafico 6, il 25% delle vittime di episodi di sessismo non denuncia neanche il fatto, e le ragioni sono svariate: timore di ripercussioni, la paura di non essere creduti o semplicemente per mancanza di fiducia. Tra chi invece si rivolge all’ufficio personale ci sono esiti diversi; purtroppo, però, solo nel 10% dei casi questo comporta una sanzione, un richiamo o il licenziamento per il colpevole. Nel 45% dei casi è tutto perfettamente inutile: la denuncia non viene neanche ascoltata, oppure vengono promesse azioni che non si concretizzano mai. Tuttavia il dato ancora più preoccupante è quel 20% di vittime che, in seguito alla denuncia, vede il fatto minimizzato, talvolta giustificato, e nei casi più estremi è la vittima stessa subire il licenziamento.

Questi valori diagnosticano una situazione di tremenda gravità: sono infatti 9 su 10 le persone che affermano che vivere in un ambiente di lavoro sessista può condurre a lasciare il posto di lavoro.

Le frasi sessiste rivolte alle donne sul posto di lavoro

Fino a ora abbiamo messo in luce i dati, freddi e crudi nella loro trasparenza, che tuttavia, probabilmente, non rendono in maniera abbastanza chiara che cosa possa significare subire violenze verbali sul posto di lavoro. Ma quali sono allora le frasi che una donna si sente dire?

Si parte con la domanda per eccellenza in sede di colloquio: “Lei vuole avere figli?”. Una domanda sottile, ma che spesso traccia un invalicabile confine tra chi può ambire a un’assunzione e chi invece si deve rassegnare a essere lasciato a casa. Si passa poi al consolidato stereotipo del “nervosismo da ciclo” (“Siamo nervose oggi, sei mestruata?”), il più delle volte per screditare la reazione di una donna a frasi o atteggiamenti non graditi da parte di un uomo, come: “Bella quella gonna, si toglie anche facilmente!” oppure sproloqui di offensività senza pari come “Più che una crescita verticale, la vedrei meglio in posizione orizzontale”.

Ci sono poi gli apprezzamenti, o le denigrazioni, dell’aspetto estetico delle donne, un evergreen del sessismo: dai complimenti non richiesti come “hai proprio un bel c*lo”, sino a “potresti truccarti quando vieni a lavoro? Altrimenti i clienti si lamentano”. E non mancano le calunnie: si accusa di aver concesso favori sessuali per ottenere promozioni: “Quella ha fatto carriera sotto le scrivanie” e svalutazioni rispetto alla capacità di svolgere un compito: “Dai, è una donna, non è capace a fare questo”.

Le risorse umane inermi nella gestione dei casi di sessismo

Il sessismo è strisciante, sopravvive, e talvolta prospera con atteggiamenti di tolleranza e passiva accettazione. Ma i comportamenti e le frasi sessiste sono più delle maschere goliardiche di cui vengono ammantati: sono vere e proprie forme di discriminazione e violenza. E come si può intuire, sul posto di lavoro questo origina un ambiente non adatto a trascorrere un terzo della propria giornata. Inevitabilmente si generano scompensi, come riporta l’EIGE, l’Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere: “È stato dimostrato che le aspettative e i comportamenti sessisti influenzano negativamente le prestazioni, il senso di appartenenza, la salute mentale e la soddisfazione sul posto di lavoro”.

Come mostrato dai dati, non di rado è una questione sottovalutata, soprattutto se si considera che l’organo preposto alla gestione delle risorse umane nel 65% dei casi si rivela inutile se non dannoso. Come ricorda sempre l’EIGE, un primo passo per affrontare diversamente queste situazioni è la formazione del personale destinato alle risorse umane: una conoscenza del tema deve essere un prerequisito fondamentale, oggi, per chi intende svolgere in maniera adeguata questo ruolo professionale. E le stesse aziende dovrebbero essere le prime a valutare con maggior attenzione la gestione dell’ambiente lavorativo, per il benessere dei lavoratori, per l’immagine dell’azienda e, anche in maniera egoistica, per la sua efficienza.

L’osservatorio completo è scaricabile a questo link.

Per ulteriori informazioni si consiglia la lettura del manuale fornito dall’UE.


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Foto di copertina di Tima Miroshnichenko da Pexels

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