Tessile, non più tessile, non solo tessile

Biella, il cuore mondiale della produzione tessile di alta qualità; il Biellese, uno dei più antichi distretti industriali del mondo, conosciuto per la lavorazione a ciclo completo delle fibre nobili. Descrivendo questo territorio, stretto fra la pianura e le Alpi, è inevitabile ripercorrere i due secoli di storia che hanno segnato le tappe della prima […]

Biella, il cuore mondiale della produzione tessile di alta qualità; il Biellese, uno dei più antichi distretti industriali del mondo, conosciuto per la lavorazione a ciclo completo delle fibre nobili. Descrivendo questo territorio, stretto fra la pianura e le Alpi, è inevitabile ripercorrere i due secoli di storia che hanno segnato le tappe della prima e della seconda rivoluzione industriale, e che oggi, agli albori della quarta, è alla ricerca di una nuova identità.

A gettare il seme per la nascita del distretto tessile fu Pietro Sella, figlio di lanieri e i cui discendenti oggi sono bancari, il primo in Italia a introdurre il telaio meccanico a inizio Ottocento, dove la produzione della lana era realizzata a domicilio e nelle piccole manifatture. L’intuito, la curiosità e l’irrequietezza individuali furono determinanti, ma l’elemento chiave per lo sviluppo del distretto fu l’operosità della comunità, capace di rispondere al cambiamento, di diffondere le competenze e di farne la propria forza creativa. La veloce trasmissione dei saperi informali, della manualità, dello spirito imprenditoriale, fornirono al Biellese i fondamenti per competere nel mondo.

Alle prime fabbriche di produzione di filati e tessuti si affiancarono le officine meccanotessili e una rete di approvvigionamento di lane pregiate. Così prese forma un’industria ad alta specializzazione, fortemente integrata con le caratteristiche di un territorio montano, impervio e ricco d’acqua, e delle sue persone laboriose, caparbie e creative, ma allo stesso tempo poco inclini alle relazioni. L’isolamento geografico, unito a un contatto con l’esterno consapevolmente evitato, sono ora un limite attitudinale, più che logistico.

 

Il tessile biellese si confronta con il digitale

Oggi la competizione economica e il necessario adattamento a un mercato volubile impongono alle imprese di emanciparsi da una filiera di competenze specialistico-verticali verso la contaminazione trasversale fra saperi, luoghi, settori e persone. La sapienza secolare nella lavorazione della lana richiede con urgenza l’integrazione delle tecnologie digitali, l’apporto dei centri di ricerca e di figure professionali che uniscano competenze tecniche alla creatività: le competenze ibride richieste dai nuovi mercati.

 

Le stanze della moda sostenibile, photo@EnricoAmici

 

Siamo un po’ tutti abituati a pensare che “tessile” sia solo abbigliamento o arredo. Pochi ricordano che il processo tessile regala anche prodotti altamente tecnici, come le fibre aramidiche resistenti al fuoco o ai proiettili, la fibra di carbonio con cui si fanno i telai delle auto, i filtri per gli apparati biomedicali, le vele delle barche, le tute degli astronauti, parti di satelliti, strutture per abitare, vestiti intelligenti che monitorano i parametri vitali di una persona (proprio come in Alien!). Sembra fantascienza? È una realtà quotidiana decisamente attraente, che avrebbe naturale sviluppo in un luogo d’eccellenza come il Biellese.

A raccontare questa visione è Davide Dellarole, Innovation Manager di Città Studi, storico polo formativo del distretto, che ospita un Master unico nel settore per specialisti in “Fiber design e Textile Process”, in partnership con oltre trenta brand di prestigio del settore moda e a cui accedono studenti provenienti da tutto il mondo. Un polo di cultura industriale che ospita anche una neonata società di ricerca, impegnata a supportare le imprese innovative.

Ricerca e sviluppo sono temi fondamentali del tessile attuale sia per l’innovazione di processo che per l’innovazione di prodotto. Tuttavia, a fronte di questo scenario, nel Biellese non si investe ancora abbastanza nell’evoluzione della manifattura, che prima di divenire una trasformazione tecnologica deve essere una rivoluzione sociale e culturale. E infatti siamo al punto in cui un diplomato tecnico preferisce un contratto da cassiere al supermercato, piuttosto che valutare gavetta e carriera in un’azienda tessile. Perché?

A Biella abbiamo un approccio ambivalente: da un lato si incontrano persone che vogliono strappare i fili col passato al grido di “il tessile è morto”; dall’altro i nostalgici, che tra i fili continuano ad avvolgersi a bozzolo. Entrambi gli atteggiamenti non orientano correttamente i più giovani in vista delle future scelte professionali. Infatti, nel Biellese, quasi ogni famiglia ha vissuto la crisi del settore e l’incertezza causata dall’instabilità di mercato. La fabbrica, nell’immaginario dei giovani, viene percepita come un ambiente sporco e faticoso, non premiante di quella stabilità lavorativa dei tempi d’oro. L’orgoglio e il senso di appartenenza alla comunità-azienda si sono affievoliti, lasciando spazio a pregiudizi da scardinare. Un gap generazionale di almeno dieci anni, soprattutto nel comparto tessile, dove sono ancora un’eccezione le imprese che investono sulle persone, sull’organizzazione e i luoghi lavoro, fattori indispensabili per attrarre i giovani.

 

Creatività, digitale e comunicazione tra pubblico e privato: il futuro di Biella

Ed è proprio percorrendo la linea del torrente Cervo, che alimentò le turbine dei primi lanifici sorti in città, che si viene a contatto con un ecosistema emergente capace di connettere la tradizione all’innovazione, grazie a scelte imprenditoriali capaci di investire anche e soprattutto nei momenti in cui l’ottimismo è stato in calo. Così, nuovamente, al suono scrosciante del torrente, nei luoghi oggi ascritti a patrimonio dell’archeologia industriale, dialogano realtà fisiche e di rete a rappresentare i nuovi semi di rinascita: creatività e digitale.

Su una sponda troviamo spazi per uffici, eventi culturali, mostre, gallerie d’arte e un vivace centro artistico: Cittadellarte, dove l’arte diviene uno strumento di trasformazione sociale responsabile a partire dall’importanza data agli spazi, come luoghi abitativi e di lavoro. Splendida la ristrutturazione del lanificio Trombetta, a cui ha ridato nuova vita, già nel 1991, Michelangelo Pistoletto, maestro del movimento dell’Arte Povera e uno dei maggiori ambasciatori della candidatura di Biella Città Creativa per UNESCO, assieme a Nino Cerruti, stilista e imprenditore tessile che, poco più a valle, mantiene la guida del Lanificio F.lli Cerruti (1881), grande produttore di tessuti pregiati. A dirimpetto Sellalab, un polo di aggregazione digitale, testimonianza dell’impegno del Gruppo Banca Sella, da sempre innovatore nell’ambito del digital banking; un luogo aperto alle imprese e ai cittadini per diffondere nel territorio la cultura digitale. 22.000 metri quadri progressivamente rinnovati a partire dal 2013, in cui hanno sede l’università aziendale e circa trentacinque imprese che operano in ambito fintech e comunicazione digitale, per un totale di settecento presenze giornaliere, a cui si mischiano anche gli studenti della scuola superiore “Big Picture Learning”, innovativa metodologia di apprendimento importata dagli USA e riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione.

A osservare bene il Biellese e la sua gente, notoriamente operosa, troviamo altri importanti segnali di trasformazione sociale e culturale: esempi di rete dove è davvero visibile la volontà di percorrere nuove strade. È il caso di Agenda Digitale Biellese, la public utility per la trasformazione digitale del territorio, che in cinque anni ha creato un consorzio di ben ventidue enti pubblici e aziende private (Patto del Battistero) in grado di trainare una serie di azioni a cavallo tra la co-progettazione territoriale e la responsabilità sociale d’impresa. Una rete costituita da cittadini attivi, aziende private e pubbliche, e istituzioni, associazioni e scuole che collaborano a beneficio della comunità per trasferire le risorse di competenza all’ecosistema locale. Grazie a una pianificazione condivisa i risultati ottenuti dalla messa a fattor comune dei bisogni territoriali sono molteplici, e riguardano attività di marketing territoriale (con la creazione di una vivace community di storyteller agli hashtag #innamoratidelBiellese e la recente #Biellacittàcreativa, a sostegno della candidatura UNESCO), la realizzazione di infrastrutture e servizi digitali, lo sviluppo di competenze digitali diffuse e alta formazione; il tutto gestito con logiche di economia di scala e consistenti risparmi.

Parallelamente ai canali istituzionali emergono movimenti in forma di associazioni, reti di professionisti, congreghe studentesche: persone che si organizzano non per perseguire interessi privati, ma per occuparsi della cosa pubblica, senza utilizzare il canale politico. Cittadini attivi a servizio del territorio, in grado di aprire l’ambiente a contaminazioni e rinsaldare i rapporti locali. Per citarne alcune: Fuoriluogo, che porta in centro città eventi di alto contenuto culturale; la rete di professionisti delle risorse umane, Officine Lavoro, impegnata nella diffusione della cultura manageriale e la creazione di sinergie fra imprese; BI Young, l’associazione di giovani studenti impegnati nel campo dell’orientamento, intrattenimento, attualità e cultura. Fili a collegamento fra le istituzioni che conservano i saperi della tradizione e, talvolta, lo status quo.

Qualcuno a Biella dirà che gli esempi appena citati non sono sufficienti e forse ancora troppo deboli per parlare di una vera trasformazione. È vero, i processi sono lenti, ma il fermento è innegabile osservando le sempre più frequenti occasioni di aggregazione, di dialogo e cooperazione, di networking e alta formazione presenti in città, impensabili anche solo un decennio fa, quando imprese e istituzioni raramente condividevano risorse per fini comuni.

Nei distretti, di cui l’Italia è costituita, è chiaramente necessaria una crescente interazione tra pubblico e privato per realizzare modalità d’azione in cui condividere risorse, esperienze, obiettivi, in un rapporto di reciprocità come antidoto alla sfiducia e alla nostalgia del passato. Tornando al punto da cui siamo partiti, i modelli di rete qui descritti ci riportano alla centralità della comunità che generò il distretto a inizio Ottocento. E se comunità sta per operosità, cura e amore per un territorio, lì allora è possibile riconoscersi e generare valore.

 

 

Foto di copertina by Eleonora Angius, Cittadellarte, Biella. Opere di Michelangelo Pistoletto.

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