I bandi fuorilegge delle università telematiche: cercasi docenti “a tempo definito”

Dal precariato all’illegittimità: per far fronte all’obbligo di assumere un numero congruo di professori, gli atenei online stanno ricorrendo a bandi di assunzione a regime di tempo definito, che invece dovrebbe essere frutto della libera scelta del docente. Ne parliamo con Luca Sacchi di FLP CGIL, professore universitario

08.07.2024
Docenti nelle università telematiche: un professore universitario fa lezione in streaming

Possibilità di seguire le lezioni e sostenere gli esami online, costi in genere più contenuti di quelli degli atenei tradizionali. Sono queste le carte vincenti che hanno permesso alle università telematiche di diventare un tassello sempre più importante del sistema formativo italiano, cresciute in modo vertiginoso dal 2016 e ormai in grado di attrarre oltre il 10% degli studenti universitari. Ma sulla marcia trionfale di questo mondo del tutto votato alla logica del profitto si stendono molte ombre, fra cui spiccano in primis le condizioni di lavoro del personale docente, un problema non solo per la tutela dei lavoratori, ma per la qualità dell’insegnamento.

Università telematiche, la metà dei docenti e il doppio dei precari rispetto agli atenei tradizionali

ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca), nel suo rapporto 2023, sottolinea che – al di là dei requisiti minimi – nelle università telematiche c’è un rapporto tra studenti e docenti di ruolo di 384,8, contro i 28,5 degli atenei tradizionali. Un indicatore fondamentale per definire la qualità dell’offerta formativa, in questo caso del tutto inadeguata.

Problemi, belli grossi, anche sul fronte dell’inquadramento del corpo docente. Secondo un rilevazione FLC CGIL su dati USTAT e CINECA, nel 2023 i professori ordinari (a tempo indeterminato) di tutte le università italiane erano 16.086, il 25,23% del totale, mentre nelle telematiche si fermavano al 14.07%. Viceversa, nelle telematiche il personale a tempo determinato è il 29.51%, il doppio rispetto alle tradizionali.

“La legge” spiega Luca Sacchi della FLP CGIL, docente di Psicologia sociale all’Università della Valle d’Aosta, “dice che i docenti universitari, in qualunque ateneo insegnino, hanno lo stesso inquadramento pubblicistico. L’assunzione avviene senza contratto, ma tramite concorso pubblico pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Nelle università telematiche, che dal punto di vista giuridico e formale mostrano un inquadramento profit (come per esempio E-campus), emerge con chiarezza che i docenti hanno un inquadramento diverso. Questi atenei hanno, numericamente, la metà degli insegnanti delle università pubbliche e un numero di precari che è doppio rispetto a quelle pubbliche e private tradizionali”.

Docenti straordinari a tempo determinato: su 300 su 500 sono nelle telematiche

L’inquadramento dei docenti cambia da ateneo ad ateneo e, nelle telematiche, assistiamo a una netta predominanza di docenti straordinari (professori inquadrati come ordinari, ma assunti con fondi esterni per tre anni), una formula che prevede contratti a tempo determinato. Sono i numeri a rendere, più di mille parole, il quadro della situazione: dei 500 docenti straordinari presenti in tutti gli atenei italiani, 300 sono assunti nelle sole telematiche.

“Questo rappresenta un problema non solo per la condizione di precarietà dei lavoratori, ma anche perché ci sono corsi di laurea che partono in totale assenza di professori ordinari, ma con organici coperti esclusivamente da associati. Siamo del tutto all’interno della logica del risparmio”, dice Sacchi.

Sia ben chiaro: si tratta di una situazione che rientra nell’alveo della legalità. Le norme che regolano il reclutamento dei docenti sono state pensate per un sistema universitario che, anche nel caso degli atenei privati, ha finora risposto a logiche no profit, nel quale il numero di docenti ordinari è sempre stato elevato. La predominanza di associati è dunque una novità introdotta nel sistema accademico dalle telematiche, rispetto alla quale la legge non è adeguata. Insomma, per quanto ci si muova in un perimetro legale, non rispetta alcun criterio di opportunità.

Le telematiche costrette ad assumere per legge: il ricorso coatto alle docenze a “tempo definito”

All’orizzonte, però, per le università telematiche si profila una data che, nell’intenzione del legislatore, dovrebbe rappresentare uno spartiacque per allinearle alle altre in termini di inquadramento e volume del corpo docente – e quindi di qualità dell’offerta formativa. Questa data è il 30 novembre 2024, termine entro il quale le telematiche dovranno rientrare nei nuovi criteri minimi di accreditamento fissati dalla legge, tra i quali c’è anche il vincolo di non avere più della metà del corpo docente costituito da professori non ordinari. Ciò ha costretto le telematiche ad avviare un significativo piano di incremento degli organici.

Però, anche qui, fatta la legge si è trovato l’inganno: è l’inquadramento dei professori “a tempo definito”. Di norma esistono due regimi di impegno dei docenti: il tempo pieno, in cui, se un insegnante desidera svolgere anche la libera professione, deve ottenere il permesso dell’ateneo; il tempo definito, nel quale il professore, a fronte di uno stipendio pari al 65% di quello del personale a tempo pieno, destina un terzo del tempo alla docenza, un terzo alle attività di servizio agli studenti e poi può aprire Partita IVA e svolgere la libera professione.

Per legge, la scelta tra i due regimi va esercitata almeno sei mesi prima dell’inizio di ogni anno accademico e spetta al docente, che vi resta vincolato per due anni. Il passaggio da tempo definito a tempo pieno è subordinato all’accettazione dell’ateneo, vincolata alla disponibilità di bilancio, mentre il passaggio inverso è libero.

Tuttavia, nonostante la legge preveda inequivocabilmente che la scelta del regime di impegno sia individuale e variabile, alcune telematiche hanno bandito diversi concorsi a tempo definito, imponendo la scelta dall’alto in modo illegittimo e introducendo al contempo un meccanismo di controllo sui docenti, che, se vogliono ottenere un aumento di stipendio passando al tempo pieno, sono soggetti alla scelta discrezionale della governance dell’ateneo.

“La prassi di ricorrere a bandi così impostati”, spiega ancora Luca Sacchi, “è molto diffusa tra le telematiche: dal 2023 ad oggi, i 39 bandi per professore associato emanati da E-campus sono tutti a tempo definito, così come i 3 bandi da professore ordinario, i 23 per Associato e 13 dei 18 bandi per RTT (figure con una prospettiva di assunzione a tempo indeterminato dopo un certo numero di anni) della San Raffaele Telematica di Roma, e 3 bandi da Associato a Pegaso, oltre a tutti i 52 RTT”.

È la logica del massimo contenimento dei costi, che diventa anche strumento di condizionamento della libertà dei lavoratori. A scapito loro, e degli studenti.

 

 

 

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Photo credits: liveuniversity.it

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