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I negozi di vicinato tornano a nuova vita con la pandemia: sfavoriti i centri commerciali. Ma anche l’emporio all’angolo oggi esiste in versione 4.0.
Dalla grande distribuzione si torna al quartiere. Sembra in declino il concetto dei grandi “hub” di acquisto costruiti alle periferie delle città, mentre si sta riscoprendo il piccolo negozio sotto casa che vende prodotti di qualità, talvolta a km zero. A dirlo è una ricerca condotta da Format Research, secondo cui i negozi di vicinato nel 2020 sono cresciuti del 47,3%: una percentuale straordinaria.
La pandemia ha di fatto accelerato il processo di innovazione del retail che era già in embrione prima della crisi sanitaria. Il distanziamento sociale ha forzato i consumatori a “tenere le distanze” da luoghi di potenziale assembramento e a preferire per i loro acquisti superfici più vicine, sicure, controllabili. Un dato per tutti: il 40,7% delle imprese del food ha avviato le consegne a domicilio e il 14,2% ha attivato servizi di asporto, mentre l’e-grocery, ovvero la spesa con smartphone, in generale è cresciuta del 132% (fonte InvestireOggi).
La profonda trasformazione del modello di business del retail tuttavia non è spiegabile solo con l’emergenza sanitaria. Di fondo vi è una nuova idea emergente e dirompente di come gli spazi del futuro andranno ripensati: il punto di svolta della nuova architettura urbana smart e tecnologica è il concetto di reclaim your time, riappropriarsi del proprio tempo nella ricerca di un sano equilibrio vita-lavoro, che si traduce in riduzione dei tempi di transito e accesso ai servizi primari in prossimità.
L’urbanismo del futuro ridisegna i servizi ad una distanza di quindici minuti da casa, un’idea che varie catene di grandi supermercati sembrano aver già adottato nella loro strategia di espansione “multicanale”.
Accanto al modello tradizionale, Esselunga ha inaugurato da qualche mese il format sperimentale laEsse, versione negozio e cafè di quartiere, dove si fa la spesa in modalità tecnologica, si ritira l’ordinato online e si può gustare cibo al tavolo. Carrefour e Despar stanno aprendo urban store in varie città metropolitane. Non da meno Mediaworld con il suo Smart Point-of-Sale, con area espositiva di cento metri e la possibilità di fare ordini online o il ritiro di prodotti ordinati in rete. Anche la multinazionale Leroy Merlin è partita in Brasile con l’esperimento Express, un concetto di store di centro città focalizzato su prodotti di emergenza per lavori di casa e riparazioni.
Il fenomeno del sizing down, o riduzione delle superfici, è già avanti negli Stati Uniti, mentre da noi è appena iniziato.
Qual è il punto di svolta del cambiamento? La prossimità per rispondere con rapidità al bisogno del consumatore (secondo Netcomm il click&collect è salito dal 2020 del +349%), ma soprattutto l’esperienza di chi acquista, che deve diventare “memorabile” per indurre ripetibilità e fidelizzazione. E qui il focus della progettazione è sul design degli ambienti (legni naturali, colori), la freschezza del prodotto, l’artigianalità dell’offerta, l’intrattenimento delle persone, la digitalizzazione di molti servizi – inclusa l’informazione – ed etichette RFID (Radio Frequency Identification).
La sensorialità del percorso è fondamentale, con odori, sapori e colori che avvolgono il visitatore in un viaggio attraverso diverse culture enogastronomiche. È il caso di Edeka, la catena dei freschi nata in Germania che offre una nuova idea di negozio tutto centrato sul prodotto fresco e sicuro con la cura del dettaglio, dove il cliente può realizzare in modalità self-service una crema di noci o godersi un caffè da grani appena macinati. La forte crescita del retail passa naturalmente attraverso la tecnologia digitale con click&collect nel negozio sotto casa, pagamenti digitali senza casse, packaging parlanti che incorporano sistemi anticontraffazione e di origine del prodotto, e codici QR che propongono ricette salutari.
Il risultato è una maggiore scelta di negozi a due passi da casa per un consumatore attento alla sostenibilità.
In copertina l’interno di una storica salumeria bolognese. Foto di Giulio Di Meo
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