Yvan Sagnet, NoCap: “Al Nord il 50% del caporalato”

Se la nostra fosse una società in cui le etichette non contano nulla, potremmo parlare solo di vergognoso sfruttamento: pratica indegna, disumana e a quanto pare, nel 2020, non ancora diventata quantomeno anacronistica. Invece le etichette qui ci sono tutte: chi sfruttava è di discendenza nobile, è bocconiano, è uno che con la sua start […]

Se la nostra fosse una società in cui le etichette non contano nulla, potremmo parlare solo di vergognoso sfruttamento: pratica indegna, disumana e a quanto pare, nel 2020, non ancora diventata quantomeno anacronistica. Invece le etichette qui ci sono tutte: chi sfruttava è di discendenza nobile, è bocconiano, è uno che con la sua start up milanese StraBerry è stato premiato da Coldiretti con l’Oscar green per due anni di seguito, nel 2013 e nel 2014, per l’attenzione all’innovazione e alla sostenibilità ambientale.

Il titolare, indagato per sfruttamento del lavoro dalla Procura di Milano, è Guglielmo Stagno d’Alcontres, 31 anni, di origini messinesi. È anche consigliere provinciale della stessa Coldiretti per Milano, Lodi, Monza e Brianza. Mentre veniva invitato alla Bocconi a raccontare la sua esperienza agli studenti e Coldiretti lo premiava e lo intervistava sul proprio portale, anche la città di Milano accoglieva le sue “api” colorate con i prodotti del terreno a Cassina de’ Pecchi, dove la famiglia gli ha lasciato in eredità diversi appezzamenti. Come quello finito sotto sequestro.

Non ci sono in questi anni tracce di riconoscimenti, di best place to work. Sarebbe stata un’ulteriore etichetta, difficile da togliere, senza cadere in una delle retoriche ipocrite di questi tempi dove vige troppo spesso un vecchio refrain: tanta immagine e poca sostanza.

Se nel 2016 non fosse stata approvata una legge, la 199/2016 (Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo), parrebbe strano dover constatare che ancora ci si trovi di fronte a situazioni limite, non più accettabili dal punto di vista etico e morale.

 

Nobili e braccianti: da Sud a Nord siamo ancora al latifondo?

Personalmente non riesco a immaginare, nel 2020, un “nobile” trattare con tale arroganza i braccianti che gli capitavano sotto tiro, ma come afferma Gian Battista Vico nei suoi corsi e ricorsi storici, la storia si ripete. E si ritorna ai tempi di Giuseppe Di Vittorio, il grande sindacalista della Cgil, bracciante autodidatta che sin da bambino lavorò nei campi dei Marchesi Rubino Rossi di Cerignola. Erano i primi del Novecento. Oggi, per chi l’avesse scordato, siamo nel 2020.

E se il caporalato dopo 100 anni esiste ancora, c’è da affrontare un’altra ipocrisia: il caporalato non è solo nel Mezzogiorno d’Italia. Il caporalato e lo sfruttamento dei lavoratori nei campi esistono e sono forti anche al Nord.

Secondo il IV Rapporto agromafie e caporalato – Osservatorio Placido Rizzotto Flai Cgil del 2018: “Sono tra 400.000/430.000 i lavoratori agricoli esposti al rischio di un ingaggio irregolare e sotto caporale; di questi più di 132.000 sono in condizione di grave vulnerabilità sociale e forte sofferenza occupazionale”. Ma i dati sono in continuo aggiornamento, e diventa difficile tracciare ciò che è sommerso, irregolare.

E se nel grafico qui sotto elaborato su dati del 2017 emergono numeri che vedono appaiate regioni come Puglia, Emilia-Romagna e Veneto, qualcosa ancora sembra in evoluzione, sugli aumenti delle regioni del Nord nella distribuzione territoriale degli arresti e denunce per caporalato. L’ultimo caso di StraBerry è lì a dimostrarlo.

 

 

Yvan Sagnet: “Al Nord più del 50% delle inchieste per sfruttamento”

Abbiamo intervistato Yvan Sagnet, da sempre attivo nella lotta al caporalato e allo sfruttamento dei lavoratori braccianti, fondatore e presidente dell’associazione anticaporalato NoCap, premiato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel febbraio del 2017 con l’onorificenza al merito della Repubblica italiana: “Per il suo contributo all’emersione e al contrasto dello sfruttamento dei braccianti agricoli”.

Jean Pierre Yvan Sagnet premiato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Jean Pierre Yvan Sagnet premiato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

 

La vicenda dello sfruttamento dei braccianti avviene a 15 minuti dal Duomo di Milano, per intenderci. Che cosa ne pensi?

Il caporalato c’è sempre stato al Nord, dove lo sfruttamento è molto più “sottile”. Dalla vicenda di Saluzzo, in provincia di Cuneo, durante la raccolta della frutta, ci sono tantissime sacche di sfruttamento: dalla Franciacorta alla raccolta delle mele in Trentino, oppure nella raccolta del mais in Veneto, e anche nei vigneti del Chianti in Toscana. D’altronde lo dicono i numeri, più del 50% delle inchieste per sfruttamento lavorativo avviene al Nord.

Guglielmo Stagno d’Alcontres è consigliere provinciale di Coldiretti. Non suona strano?

Il 55% delle aziende sotto inchiesta per sfruttamento è iscritto alle principali organizzazioni sindacali, quindi vuol dire che c’è un problema all’interno di queste organizzazioni. Credo che non divulghino e non promuovano la legalità tra i loro associati, e questo è un problema, perché nascondono un’ipocrisia enorme. Sempre loro poi si ergono a paladini dei diritti, organizzando convegni sul caporalato; si siedono ai tavoli istituzionali, mentre le inchieste della magistratura ci dimostrano il contrario: molte delle imprese che sfruttano sono tra i loro iscritti. Se vogliamo davvero sconfiggere questa piaga occorre che si parta dal loro interno. Queste organizzazioni hanno la capacità e gli strumenti per poterlo fare, hanno un potere di convincimento che possono utilizzare nei confronti dei loro associati e fare la loro parte senza delegare allo Stato: si può partire da se stessi per cambiare le cose.

Nonostante la Legge 199 del 2016 siamo ancora qui a parlare di sfruttamento.

Per lavoro grigio intendiamo tutte quelle forme di sfruttamento. Lì a Cassina de’ Pecchi si trattava di 4,50€ all’ora (al 50% del salario legale) e lavoravano non per 6,5 ore al giorno, come stipulato dai contratti collettivi, ma per 10/12 ore al giorno. Queste sono forme di sfruttamento – a differenza del caporalato – che fanno parte quell’area grigia molto spesso assai difficile da debellare, e che riguarda l’85% dei lavoratori. Il sottosalario è la norma, gli orari eccessivi di lavoro che spesso non vengono né computati né pagati come straordinario. Un danno enorme per i lavoratori.

Parliamo delle condizioni in cui sono costretti a vivere molti lavoratori.

Non è possibile che le persone si ritrovino a dover coabitare in dieci in stanze progettate per due.

E i controlli?

C’è molta carenza. Si va a fare il controllo sul povero contadino che non ce la fa e si lascia che le grandi aziende, anche multinazionali, che spesso vengono qualificate come eccellenze nel nostro Paese, non vengano controllate. E allora dico che non si deve avere paura a fare controlli anche sui nomi altisonanti e su ranghi sociali elevati, visto che ci sono inchieste che lo stanno dimostrando. Serve poi una riforma dell’ispettorato del lavoro nel nostro Paese. I controlli non vengono fatti: occorre un reclutamento del personale, e se c’è inefficienza o mancanza di strutture che vengano messe a disposizione. E, ancora, se non fosse presente la collaborazione tra ispettorato e forze dell’ordine, che si faccia un coordinamento per rendere la collaborazione tra loro attiva e proficua.

 

 

Se una legge ancora non è sufficiente, se i tavoli, i convegni, le premiazioni rischiano di lasciare il tempo che trovano, se l’etica non risulta tra gli elementi valoriali di molte realtà raccontate, esaltate, osannate, occorre davvero ripensare a come spesso si guardi con entusiasmo frivolo a etichette che vengono appiccicate troppo frettolosamente e senza merito alcuno. Noi siamo diventati troppo pigri e creduloni per impegnarci a staccarle e vedere davvero che cosa c’è sotto.

Ipocrisia portali (e portaci) via, verso una nuova visione che sappia volare, ma anche planare; magari anche con gli applausi finali non richiesti dei passeggeri. In fondo, si tratta solo di aver fatto bene il proprio lavoro, da persone perbene. È diventato davvero così difficile?

 

 

Nella foto di copertina: Jean Pierre Yvan Sagnet all’edizione 2019 di Nobìlita, il Festival della Cultura del Lavoro di Senza Filtro.

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