I dati nazionali nascondono una varietà di disomogeneità interne, a vari livelli.
Il dato di genere, per esempio, è marcato fin dalle prime rilevazioni, con riscontri più bassi per le studentesse in matematica (si parla di un -4,7% rispetto ai maschi nella II primaria, che si aggrava in un -8% all’ultimo anno di scuola superiore) e più alti in italiano in inglese (per l’italiano, un +0,9% in II primaria che diventa un +6,2% per le ragazze al termine delle superiori, e per l’inglese un +1,3% in lettura e un +1,8% in ascolto in V primaria che, in quinta superiore, diventano +2% e +1,6%).
Le differenze di apprendimento sono accentuate in modo particolare a livello geografico, secondo il quale le distanze rispetto alla media nazionale sono più marcate per gli studenti di Sud e Isole (Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna), che presentano i numeri più bassi di raggiungimento dei traguardi educativi previsti – sebbene, specie nell’area meridionale, si riscontri un aumento generalizzato delle performance in matematica. All’interno di tutte le aree di rilevazione, però, è riscontrata una variazione importante anche a livello comunale, che nei centri urbani più estesi si estende ai singoli quartieri.
Proseguendo nell’analisi, gli studenti stranieri mostrano maggiore propensione per la lingua inglese, con risultati superiori a quelli italiani, dato che sta facendo discutere sull’opportunità di inserire l’insegnamento di altre lingue nel corso del curriculum scolastico obbligatorio.
“Il dato più bello di quest’anno è il calo così rilevante della dispersione esplicita (l’abbandono scolastico, N.d.R.), al minimo storico del 10,5%. Basti pensare che nel 2001 era al 25,9%” commenta il presidente INVALSI Roberto Ricci. “Per i ragazzi (per i quali era più frequente) comportava un altissimo rischio di esclusione sociale e di mancata capacità di ottemperare ai doveri sociali. Il dato che mi preoccupa di più riguarda la scuola secondaria di primo grado: è quello allarmante sulla matematica, ed è più grave per le ragazze che per i ragazzi; che solo quattro su dieci raggiungano il livello desiderato è molto problematico in vista della futura richiesta di ingegneri, medici, chimici, e anche pedagogisti”.
È possibile che il calo delle capacità di comprensione del testo sia dovuto all’interferenza dei dispositivi digitali, per delle generazioni di “screenager” presenti e futuri? “È tutto da dimostrare che la quantità di risorse digitali corrisponda a un impoverimento delle capacità di lettura” commenta Ricci. “Riteniamo invece che lo sviluppo delle competenze digitali possa essere una risorsa straordinaria per l’apprendimento della lingua. Tuttavia è vero che questo dato c’è, ed è un discorso soprattutto di didattica, di risposte che diamo come sistema a simili necessità. Perché la scuola” conclude Ricci, “non è qualcosa che riceviamo dal passato, ma qualcosa che prendiamo in prestito dal futuro”.
Un prestito che va restituito con gli interessi.
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