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Milano è stata svenduta ai (e dai) suoi patrizi, che dopo decenni di abusi di potere stanno riuscendo ad allontanare il popolo dalla città, verso le periferie, a suon di grattacieli e archistar. Ma tra le nuove fazioni del patriziato ce n’è una solida quanto inaspettata
Ospitiamo molto volentieri questo “cameo” di Riccardo Ruggeri, editore di ZafferanoNews, perché, come Riccardo ci ha abituato negli anni, ha sempre un punto di vista ben argomentato che si apre a riflessioni mai banali. Ma soprattutto, è un punto di vista di chi è in grado oggi di unire davvero i puntini fra passato e futuro, non solo grazie alla ricchezza di pensiero, ma anche alle tante esperienze maturate nel mondo imprenditoriale che hanno visto Riccardo prima operaio, poi dirigente e oggi editore, reinventandosi mille volte con la forza di una grande curiosità e la voglia di cercare sempre risposte.
Osvaldo Danzi, editore di SenzaFiltro
Questo cameo non ha alcuna pretesa di dare giudizi su un mondo in disgregazione come l’attuale, governato da classi dominanti (“ruling class”) convinte che il futuro sia rappresentato da città-stato disegnate da archistar che si credono i nuovi Apollodoro da Damasco.
Cari lettori, leggetelo in scioltezza, vivetelo come un divertissement agostano, con la possibilità di una sua evoluzione in un paradigma dicembrino. Dall’alto dei miei novant’anni, osservo divertito il solito, immutabile caravanserraglio della politica, dell’imprenditoria, dell’accademia, lo stesso da tre generazioni. Sono però molto incuriosito da questa nuova generazione di magistrati.
Mi chiedo: come perseguirà i reati compiuti dai nuovi patrizi, dai nuovi popolari, dai maranza? Ora la corruzione parrebbe non esplicitarsi più con denaro contante o accrediti in paradisi fiscali. Siamo entrati nel magico mondo del capitalismo di relazione, che origina la corruzione di relazione. Questa supera, in termini temporali, il vecchio, volgare do ut des da bar sport, tendendo a configurarsi come reciproco investimento, proiettato nel tempo. In questo senso, da tempo, l’America sta tracciando il solco.
Da qui il titolo: trent’anni fa abbiamo vissuto la Milano da bere, seguita poi dalla Milano da mangiare; ora ci toccherà la Milano gentrificata da digerire?
Nulla di nuovo sul fronte occidentale, se non la solita lotta fra fazioni patrizie per il dominio della città-stato che vuole sostituirsi alla politica. Mi pare di tornare a rivivere il post Sessantotto, quando percepivo la nascita di un mondo all’apparenza fuori dal mondo, in realtà con le stesse regole gerarchico-burocratiche di sempre, solo dominate da una curiosa scenografia e da un buffo linguaggio, zuppo di fuffa sociologica.
La favoleggiata Milano da bere degli anni Ottanta la vissi e la digerii come CEO di IVI (Industrie Vernici Italiane) durante il giorno dal mio ufficio alla Bovisa, e a sera al Riccione, dove il tuo status era definito dalla distanza dal tavolo del clan dei patrizi certificati. Poi cadde il mitico Muro, ci convincemmo di esserne usciti vincitori, in realtà eravamo “butler” dei nuovi padroni del mondo. Ebbi l’incarico di vendere la IVI agli americani della PPG: esperienza sconvolgente ma arricchente.
I primi anni Novanta coincisero con lo scoppio, proprio a Milano, di Mani Pulite. Li vissi scrivendoci un libro, Il Processo di Achille K. Il patriziato si arricchì di una nuova fazione, quella di (giovani) magistrati milanesi determinati ad uscire dalle “nebbie romane” dei vecchi ermellini patrizi del primo dopoguerra. In pochi anni, grazie all’impeccabile “lei non poteva non sapere”, divennero un vero potere, addirittura con un proprio sindacato, inserendosi a pieno titolo nel mondo dell’informazione politico-culturale.
Le altre fazioni patrizie, terrorizzate dal tintinnio di manette, si affrettarono a cooptarli, offrendo loro quello che sognavano: la visibilità sui loro media. In pratica, costoro hanno acquisito sul campo uno status che li rende oggi la fazione patrizia più compatta della compagnia. Superato lo scoglio di Mani Pulite, il patriziato, grazie all’antica alleanza sindaco–procuratore, ancora oggi sbandierata senza pudore, getta le basi per la Milano da mangiare.
Come finirà lo stiamo leggendo in progress direttamente sui loro quotidiani, sulle loro tv. Fanno tenerezza quelli che invitano il sindaco (nella sua nudità politica ormai declassato a funzionario) a resistere, resistere, resistere. Nel frattempo, per seguire il sogno della Milano da mangiare, con tanto di status internazionale, il popolo viene spinto (usando il raffinato termine “gentrificazione” che ne nobilita l’atto) nelle periferie, destinate a diventare prima banlieue, poi favelas. Sperando di non diventare come l’Alby di Stoccolma.
Che fare? Non abbiamo alternative: o digerire la nuova Milano gentrificata o no.
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