500€ una tantum vs 50.000€ a serata: ai lavoratori della musica un centesimo di Ibra e Fiorello

Nonostante l’interesse dei privati e i tardivi aiuti statali, il settore musicale e dello spettacolo resta in piena agonia. Alcuni dati per inquadrare la situazione.

Ieri sera, durante il Festival di Sanremo, sul palco dell’Ariston, assieme a Francesco Pannofino e a Lo Stato Sociale, c’era anche una rappresentanza dei lavoratori dello spettacolo, tra le categorie più colpite della pandemia.

Il gruppo bolognese e l’attore hanno voluto dare voce a chi da un anno non può lavorare e ha avuto grandi difficoltà ad accedere ai ristori. Anche le iniziative di solidarietà, che nei primi giorni di pandemia sembravano essere tantissime, hanno prodotto meno di quanto ci si aspettava. Per attori teatrali, piccoli musicisti e maestranze si sono mossi tutti, ma alla fine il ricavato è risultato insufficiente rispetto ai bisogni di un mondo in crisi perenne già da prima della pandemia. Nelle varie sottoscrizioni c’erano i grandi nomi dello show business, i grandi marchi, le principali banche e molti privati.

A un anno esatto dall’inizio della pandemia e dalla chiusura totale, i teatri sono ancora chiusi, di concerti nemmeno a parlarne, e chi vive di questo ha visto arrivare pochi spiccioli, sia dal governo che dalle iniziative di solidarietà.

Pochi e per pochi. Gli aiuti al settore musicale non bastano

La piattaforma che si è mossa per prima e in maniera più concreta è Music Innovation Hub, associazione che ha come principale obiettivo il supporto del settore musicale e che ha organizzato la raccoltaSosteniamo la musica”. La raccolta fondi è stata realizzata in associazione con FIMI (Federazione Industriale Musicale Italiana) in collaborazione con PMI, Nuovo IMAIE altre realtà del mondo musicale.

In questo caso il metodo di accesso ai contributi era piuttosto selettivo, ma allo stesso tempo esaustivo. Erano ritenute valide le candidature che rientrano nelle categorie interpretazione ed esecuzione, audiovisivi e supporti fonografici, comunicazione, formazione, management, produzioni di eventi e produzione di strumenti musicali. Non tutti però sono stati ammessi, dal momento che la raccolta fondi era riservata a liberi professionisti in partita Iva o ritenuta d’acconto, dipendenti di cooperative o società a tempo determinato o indeterminato (con contratto a chiamata intermittente).

In tutto sono stati raccolti 774.000 euro (l’obiettivo era 500.000 euro entro il 31 dicembre), poi divisi tra 1.548 aventi diritto che di fatto hanno percepito 500 euro a testa una tantum. Le richieste andavano presentate a un link con tanto di certificazione ISEE. Ne hanno usufruito soprattutto gli artisti, in prevalenza cantanti e musicisti con età superiore ai 30 anni.

La mia banca suona il rock: la solidarietà alla musica da parte dei privati

Il progetto aveva come partner grandi nomi dell’industria musicale, a partire dal colosso Spotify.

«Per ogni euro donato a Music Innovation Hub attraverso la pagina “Spotify COVID-19 Sosteniamo la Musica” – spiegavano all’inizio con un comunicato – Spotify ne donerà un altro, fino a un totale complessivo di 10 milioni di dollari a livello globale (includendo tutte le organizzazioni partner fino ad oggi).»

Sono molte le realtà private che hanno deciso di sostenere iniziative di questo tipo, a fronte di una serie di ritardi ed esclusioni dei ristori predisposti dal governo per i lavoratori autonomi. I musicisti, e in generale quanti operano nello spettacolo, in particolare nei primi mesi di erogazione di fondi, sono stati esclusi dai contributi, nonostante per ovvi motivi la loro categoria fosse la più colpita. Entro fine anno il Ministero della Cultura ha stanziato poi 56 milioni di euro per tamponare la falla. Intanto era scattata la gara di solidarietà, che ha visto anche grandi nomi, come quello di Fedez o Gianni Morandi, tra quelli di chi ha effettuato donazioni.

L’altra grande mobilitazione è quella che ha avuto come testimonial Fedez, e si chiama “Scena Unita”. Qui i partner erano molti e blasonati: Music Innovation Hub e Cesvi, associazioni attive anche in altre raccolte fondi; ma anche nomi importanti come Amazon Prime e Intesa San Paolo, che ha donato 300.000 euro. In totale è stato raccolto un milione di euro, diviso tra 1.000 aventi diritto per un totale di 1.000 euro a testa, indirizzati in prevalenza a liberi professionisti e precari.

Anche in questo caso la platea degli aventi diritto è apparsa inferiore a quanti effettivamente lavorano nel settore musica e spettacolo. L’intenzione in questo caso è di aprire altri bandi che raccolgano fondi per i musicisti in difficoltà.

Musica e spettacolo, in bilico già prima del COVID-19

“Se potessi avere mille lire al mese…”, si cantava negli anni Trenta. In realtà un cantante in quel periodo ne guadagnava molte di più, anche grazie a una singola canzone. Altri tempi.

I dati oggi dicono che il mondo della musica e dello spettacolo, tolti i pochi fortunati, riserva cifre da capogiro. Secondo l’analisi dell’Inps del 2019, il numero di lavoratori dello spettacolo con almeno una giornata retribuita nell’anno è risultato pari a 327.812, con una retribuzione media annua di 10.664 euro e un numero medio annuo di 100 giornate retribuite.

Il gruppo professionale più numeroso è quello degli attori (25,4%), seguito dai gruppi dei lavoratori degli impianti e circoli sportivi (11,2%), degli impiegati (11%) e dei concertisti e orchestrali (9,4%). Analizzando la struttura per classi di età di questa collettività di lavoratori emerge che, nel 2019, la classe di età modale è quella tra i 25 e i 29 anni con 45.408 lavoratori (il 13,9% del totale). I lavoratori maschi rappresentano il 57,5% della collettività considerata. Confrontando gli ultimi due anni disponibili, nel 2019 si registra una lieve diminuzione pari a -0,8% del numero dei lavoratori mentre le retribuzioni medie annue aumentano dell’1,3% e le giornate medie retribuite sono stabili, pari a 100.

Elio e le storie… generose: il bando (sospeso) per finanziare le band emergenti a Bergamo

C’è chi si è invece mosso “a progetto”. È il caso di #insiemeperlamusica, iniziativa che aveva inizialmente lo scopo di portare, a giugno 2021, la reunion di Elio e le storie tese a Bergamo, città tra le più colpite dal COVID-19, e che ha visto la partecipazione del Trio Medusa, di Radio Deejay, di Cesvi e della stessa amministrazione comunale bergamasca guidata dal sindaco Giorgio Gori.

Il metodo elaborato da Elio e le storie tese in questo caso è quello del bando a idea. In tutto sono stati raccolti 150.000 euro, parte dei quali assegnati a 35 progetti (3.000 euro a testa) per realizzare un disco, ma nei prossimi mesi ne saranno finanziati altri con la rimanenza. Si tratta di un bando in divenire, visto che l’idea di organizzare il concertone raccolta fondi ufficialmente non è ancora tramontata.

«Al momento – spiegano a Cesvi – abbiamo sospeso tutto, non sapendo se a giugno si potrà suonare. Però l’intenzione è quella di tornare a suonare dal vivo.»

«Nessuno sta investendo sulla musica». E i musicisti cambiano lavoro

In realtà molti musicisti hanno preferito non cimentarsi nemmeno con la richiesta, visto lo sconforto che ha colpito la categoria.

«A parte i 600 euro – dice il batterista jazz Renato Tassiello – che mi sono arrivati in quanto libero professionista, non ho fatto altre richieste. In effetti 500 euro non cambiano la vita, e visto che insegno anche musica non so nemmeno se ne avrei avuto diritto. Al momento il problema è che nessuno, né piccole né grandi case discografiche, sta investendo sulla musica. Io stesso sono uscito con un disco l’anno scorso; aspettavo di vendere i cd nei live, ma con il blocco della pandemia sono saltati tutti.»

Negli ultimi mesi molti musicisti, in particolare i “turnisti” (ovvero chi suona nei concerti per vari artisti), hanno deciso di cambiare completamente lavoro, dimenticando quella che per loro era nata come una passione.  

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