Francesco Alberici, classe 1988, tra i cinque finalisti della 56° edizione del Premio Riccione con questo testo (tradotto in quattro lingue), ha preso una storia vera e ne ha fatto teatro, facendo diventare il lavoro parte della vita e la vita parte del lavoro. C’è il mobbing, certo, ma ci sono anche i rapporti famigliari che viaggiano sugli stessi binari delle situazioni lavorative; ci sono le aspettative che gli altri hanno su di noi e quelle che abbiamo su noi stessi.
C’è quel colloquio che speri di non passare e che poi determina la tua vita per quello che sarà; la normalizzazione di un ambiente di lavoro “sbagliato” che ha il suo culmine nella frase detta dal fratello del protagonista e dalla madre: “Lo conosciamo il mondo del lavoro, ci siamo passati già prima di te”.
Bidibibodibiboo è uno spettacolo che fa ridere, commuovere, stupire, arrabbiare, e soprattutto riflettere su chi si è oggi, chi si è stati e chi si può essere, attraverso la lente del lavoro, tuttora fondamentale per costruirsi un’identità.
In tante parti ho pensato “è la mia storia”, visto che conosco il mobbing in prima persona e anche io ho subito determinate situazioni. Ma anche se non si è mai arrivati a questo punto, la sensazione che si ha – l’abbiamo avuta io e l’amica che mi ha accompagnato – è che spesso il lavoro è quel luogo in cui rimaniamo incastrati nostro malgrado. E anche quando siamo contenti può avere sempre qualche nota stonata, che se non ce ne rendiamo conto si può trasformare in poco tempo in un concerto sbagliato.
Da vedere, perché è la storia di tutti. Chi più, chi meno.
P.S.: Se vi state chiedendo il perché del titolo Bidibibodibiboo, ha a che fare con un’opera di Maurizio Cattelan con protagonista uno scoiattolo suicida riverso su un tavolo di fòrmica gialla all’interno di una cucina. La stessa scenografia dello spettacolo si ispira a quest’opera, riproducendo un classico interno di una cucina anni Cinquanta con tavoli in fòrmica, lavelli con piatti sporchi e altro.
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Photo credits: foto di scena di Francesco Capitani