La rapida trasformazione turistica del capoluogo sta portando alla luce fragilità sedimentate in decenni di assenza di una politica abitativa di lunga durata, dove la progressiva apertura all’iniziativa privata è andata tutta a detrimento dell’edilizia pubblica.
È vero però che per fronteggiare l’emergenza il Comune ha stanziato 1,3 milioni per incentivare i proprietari a stipulare contratti a canone concordato e ha chiesto una regolazione nazionale dei contratti Airbnb. Inoltre, ad aprile ha presentato il “Piano per l’abitare”: 10.000 alloggi in dieci anni, di cui 3.000 dedicati alle fasce marginali, 5.000 di edilizia privata e 2.000 destinati alle alte professionalità occupate nel Tecnopolo e nelle aziende del territorio. Ma, ancora una volta, le proporzioni sono tutte a vantaggio dei privati.
Per rendersene conto basta guardarsi intorno e vedere i nuovi edifici sorti in città, a partire dagli studentati. Sì, perché l’altra categoria penalizzata dall’inaccessibilità del mercato immobiliare felsineo sono gli studenti fuorisede, 41.000 ragazzi nel 2022, quasi la metà degli 86.000 iscritti all’Alma Mater.
Il primo attore locale in questo settore è stato Camplus, un colosso con 170 case private in gestione, sei residenze studentesche, tre collegi di merito (strutture all inclusive con vitto, alloggio e servizi come tutor, workshop e career service) e 60 camere per studenti, turisti e lavoratori. I prezzi possono superare i 100 euro a notte per una camera matrimoniale.
Nel 2020 è poi arrivata la catena olandese The Social Hub, che accoglie sia studenti che professionisti e viaggiatori. In tutto, 361 sistemazioni per oltre 600 posti letto. I prezzi partono da 850 euro al mese per una stanza singola e 650 per una doppia.
Infine, a ottobre 2022, sbarca a Bologna Beyoo Laude Living, della britannica Stonehill: un grattacielo di 16 piani con 513 posti letto che seguono il modello del microliving, miniappartamenti dotati di letto, spazio studio, angolo cucina, bagno. I prezzi vanno da 899 a circa 1.100 euro al mese.
Per chi non si può permettere questi prezzi, la realtà è fatta di alloggi piccoli in condivisione con altri studenti, spesso fatiscenti e sempre a prezzi esosi.
“Io sono studentessa lavoratrice e quest’anno ho rischiato di saltare la sessione estiva degli esami perché ho dovuto lavorare il più possibile per pagare l’affitto”, dice Valentina, studentessa di Lettere moderne. “Fino alla fine dell’anno scorso vivevo in nero in un appartamento con altre quattro ragazze, pagando 400 euro una doppia. Quando ho chiesto di essere messa in regola il padrone di casa mi ha chiesto come garanzia un contratto a tempo indeterminato o una fideiussione bancaria, così me ne sono dovuta andare. Attraverso il passaparola ho trovato un’altra stanza, sempre in condivisione, ma la casa è fatiscente, il bagno è pieno di muffa e siamo in sei a dividerci un bagno e una cucina piccolissima”.
E dire che gli immobili sfitti, pubblici e privati, in città sono migliaia. Sono 167 quelli dell’ASP, l’Azienda pubblica di Servizi alla Persona, e oltre 700 quelli di ACER, Azienda Casa Emilia-Romagna, mentre secondo i dati di Confabitare Bologna gli alloggi privati sfitti nel capoluogo sono 7.000, cui bisogna aggiungere i 4.000 della provincia. Insomma, una città nella città che potrebbe essere messa a disposizione delle fasce deboli della grassa Bologna. Per realizzarlo, però, c’è bisogno di una politica che abbia un progetto di città aperto e inclusivo.
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