Dall’Albania all’Italia: “La cultura non sfama, ma cura”

Çlirim Muça arriva in Italia ormai nel 1991 dall’Albania. Dopo aver attraversato la Jugoslavia e in seguito a un periodo trascorso in clandestinità, regolarizza la sua permanenza da noi e fonda una casa editrice, la Albalibri. Già, perché Çlirim nella scrittura e nella cultura trova la sua vita. A causa della pressione fiscale, però, è […]

Çlirim Muça arriva in Italia ormai nel 1991 dall’Albania. Dopo aver attraversato la Jugoslavia e in seguito a un periodo trascorso in clandestinità, regolarizza la sua permanenza da noi e fonda una casa editrice, la Albalibri. Già, perché Çlirim nella scrittura e nella cultura trova la sua vita. A causa della pressione fiscale, però, è costretto a chiudere la sua azienda, e ora fa per sei mesi l’albergatore a Castiglioncello (in provincia di Livorno) e per sei mesi lo scrittore. Il poeta, invece, lo fa per tutto l’anno.

Le origini

“La consapevolezza di essere un poeta l’ho avuta presto, a quindici anni circa, come risultato di una forte passione per la lettura – di libri di autori e generi diversi – e per la scrittura – esercizio rigorosamente quotidiano. Nell’era comunista l’arte, la cultura e lo sport venivano promossi e sponsorizzati dal potere, soprattutto nell’ambito della propaganda di regime, non per sviluppare l’indole artistica del popolo o il pensiero libero, ma per perpetuare la dittatura. Molti intellettuali, artisti, poeti, scrittori, avevano abbracciato così il realismo socialista e prodotto opere scadenti o mediocri, ma erano di più coloro che per una coraggiosa opera letteraria erano finiti in carcere o nell’oblio. Fin dai miei primi passi ho fatto parte di questa seconda categoria”.

Quando Muça ha deciso di fuggire, “il contesto politico era ricco di grandi cambiamenti e tumulti. Era crollata la cortina di ferro e i regimi comunisti cadevano come birilli, consegnandosi anima e corpo al capitalismo, che non era per niente umano. La parola d’ordine in quegli anni era: distruggere ogni traccia del socialismo e ricominciare da capo con l’economia di mercato. In quegli anni finì ogni tipo di assistenza alla popolazione, ogni protezione. La risposta a tutto questo fu l’immigrazione, anche grazie al bombardamento continuo delle televisioni commerciali, che raccontavano di un miraggio inesistente”.

La fuga e l’arrivo a Milano

Il viaggio del migrante è sempre un viaggio verso l’ignoto, si è in mano a uomini senza scrupoli e scrupolose burocrazie. Ho optato per il viaggio via terra, se quella di poteva chiamare scelta. Ho attraversato montagne, fiumi, ho visitato città; sono stato spremuto per guadagnare due soldi al fine di continuare il mio viaggio verso l’Italia. Ho attraversato la Jugoslavia in apparente calma, ho vissuto in campi profughi di fortuna, fatti di roulotte o capannoni militari dismessi; sono scappato per cercare fortuna a Milano o, per meglio dire, cercare la normalità e un lavoro dignitoso, prendere in mano le sorti della mia vita. Il mio bagaglio culturale, il mio essere poeta mi ha aiutato in questo. La poesia ha tenuto ferma la bussola della mia vita.”

A Milano Çlirim trova in quegli anni un clima accogliente: “Milano è una città aperta, accoglie tutti, e non importa chi governa la città. Pochi anni nella Milano da bere e si è formattati milanesi. Ognuno si realizza a Milano: l’onesto e il malvivente, l’artista o il nullafacente, ma per di più la gente onesta lavora e vive in questa città come fosse la sua. E lo è e lo sarà sempre, perché Milan l’è un gran Milan”.

La casa editrice

Ho fatto l’editore per dodici anni, pubblicando centinaia di testi senza far pagare nulla agli autori, come fa di solito la maggior parte dei piccoli editori. Ho dovuto chiudere la mia piccola impresa poiché le tasse erano più del guadagno. È stata la pressione fiscale ad affossare la mia piccola azienda. Io continuo a scrivere, non solo poesie, racconti e drammi. Mi sto cimentando nel romanzo e sono soddisfatto del risultato.”

“La piccola editoria per funzionare ha bisogno di distribuzione e visibilità sui media. Entrambi questi due rami sono in mano ai grandi editori. Per ciò che riguarda il fisco, ogni euro speso dai piccoli editori dev’essere considerato investimento a lunga scadenza e non bisogna tassarlo. I nostri governi, sia di destra che di sinistra, hanno ucciso e continueranno a uccidere la cultura. La crisi in cui ci troviamo non è solo economica, ma anche morale e culturale, per colpa del potere. Così facendo si va verso il sonno della ragione e per la seconda volta in cent’anni ci stanno spingendo a questo”.

Çlirim Muça: “Dobbiamo cambiare mentalità”

Gli stereotipi, certo, ci sono ovunque. Çlirim Muça su questo punto è chiaro: “Il lavoro non c’è e non ci sarà più come l’abbiamo conosciuto, perché le élite capitaliste hanno deciso così, perché la rivoluzione tecnologica, nei paesi sviluppati, sta cambiando il mondo del lavoro; perché grazie ai robot i capitalisti non hanno più bisogno di manodopera umana. In un capitalismo finanziario e transnazionale anche la forza lavoro è diventata fluttuante e senza confini, e la schiavitù è diventata internazionale”.

“La competitività per il lavoro ancora rimasto porta verso la schiavitù e a una guerra fra poveri: il disegno è questo e il cerchio si sta chiudendo. Se vogliamo far riprendere il mondo del lavoro dobbiamo cambiare mentalità e anche bersaglio. Il vero nemico non è l’immigrazione, ma il capitale, aiutato da una politica corrotta e dalla sottrazione continua di diritti costituzionali. Dobbiamo smettere di bombardare e rapinare paesi poveri, ma ricchi di materie prime. Lasciare in pace gli altri paesi, rispettare il diritto internazionale, senza il metro occidentale con due pesi e due misure: ecco che cosa serve per risolvere i problemi del mondo.”

L’integrazione?  “Servono nuove case, asili e più insegnanti”

Allo straniero residente in Italia si deve chiedere di imparare la lingua e la cultura italiana; gli si devono insegnare i diritti, ma anche e soprattutto i doveri. Se richiede la cittadinanza, gli si deve chiedere di difendere la Costituzione italiana. Solo così sarà una ricchezza per tutti.  Se invece dovesse chiedere di sostituire la legge italiana con una qualsivoglia legge religiosa, allora perderà immediatamente la cittadinanza italiana e se ne dovrà tornare al suo paese, a vivere secondo la legge religiosa da lui invocata.”

“Una vera integrazione dovrebbe prevedere costruzioni di nuove case, nuovi asili, nuove scuole, più educatrici, più insegnanti. Oggigiorno le case scarseggiano per tutti, anche per gli italiani; mancano i posti negli asili, nelle classi aumenta il numero degli studenti fino a non essere più gestibile dagli insegnati. Tutto questo diventa poi conflitto intestino. L’Europa vuole che l’Italia prenda più immigrati? Si faccia carico di queste spese e investimenti e la smetta con l’elemosina! Smettiamo di guardare agli altri Paesi come baluardi di giustizia. Per quanto seri siano i nostri problemi, non sono sbocciati in razzismo. In Francia, Germania, Belgio, Olanda, ci sono quartieri interi di soli immigrati musulmani, dove neanche la polizia può entrare e purtroppo il fanatismo impera. Fortunatamente da noi questo non succede ancora”.

La cultura per diventare “cittadini della galassia”

E allora ecco che ritrovare la cultura diventa fondamentale per essere davvero cittadini del mondo, senza più pregiudizi. “Cittadino del mondo per me non è abbastanza, qualcuno potrebbe risentirsi di questo. Vorrei essere cittadino della galassia: solo così metto d’accordo tutti. All’incontro con un extraterrestre vorrei trovare le cose in comune più che le divisioni, parlare a lui di Mozart, di Leonardo, di Ungaretti, di Bashō, e ascoltare da lui degli idoli della sua civiltà, con la curiosità che ci contraddistingue. Come può succedere questo? Attraverso la cultura, l’arte, la scienza, la musica. Innalzandoci moralmente da questa polvere in cui tendono a buttarci ogni giorno di più: la competitività, il mercato, lo spread, il fiscal compact, il jobs act, i quiz e gli show, la pubblicità continua e martellante, la violenza nei film e telefilm, la preparazione di futuri assassini nei videogiochi, la pornografia, le chiacchiere vuote e gridate in tv. Se non altro la poesia ci può salvare da tutto questo”.

 

Il reportage continua con i seguenti articoli:

Stranieri al lavoro: almeno i numeri non sono razzisti

Dal Cairo all’Italia: “Sono imprenditore ma lavoro con spirito da operaio”

Dalla Siria all’Italia: “Ho tre lauree, sono giornalista, faccio la barista”

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