La storia di un trafficante in una Libia in macerie, al di là dei giudizi e di un manicheismo ipocrita. Recensiamo “Io Khaled vendo uomini e sono innocente” di Francesca Mannocchi.
Dati sulle donne: l’essenziale è invisibile agli occhi
Lo dicono i dati: il mondo è costruito dagli uomini per gli uomini, e le donne sono costrette a inseguire. Recensiamo “Invisibili”, di Caroline Criado Perez.
Il primo calendario realizzato nella storia dell’umanità è un osso di renna con 28 tacche. Chi ha bisogno di sapere che sono passati 28 giorni? Una donna. Quindi, con buona probabilità, è stata una donna ad aver inventato il primo calendario.
Non me ne vogliano i lettori se parto dalla fine: non è uno spoiler, e questo libro non è un romanzo che bisogna leggere per intero per sapere come va a finire. Ma l’aneddoto dimostra che la scoperta è il frutto di un recente interesse per la storiografia femminile, poiché per molto tempo i dati sulla storia delle donne sono stati e continuano a essere piuttosto carenti.
Ed è di dati, numeri, ma soprattutto di informazioni sulle donne che tratta Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano di Caroline Criado Perez, e in particolare del vuoto di dei dati di genere che influenza negativamente il ruolo della donna negli ambiti della vita di tutti i giorni. Primo fra tutti il mondo del lavoro.
Invisibili: perché le donne non compaiono sulle banconote inglesi
Perez è una giornalista, attivista e femminista che ha condotto una battaglia legale, vincendola, affinché su almeno una banconota ci fosse l’effigie di una donna (Jane Austen), Regina Elisabetta a parte, quando la Bank of England decise di rimpiazzare l’unico volto femminile, quello di Elizabeth Fry, con il volto di Winston Churchill.
La banca inglese, non per partito preso, stampa sulle sterline volti maschili. I criteri che stabiliscono quali sono i visi dei personaggi che possono essere presenti sulle banconote sono: vasta notorietà, presenza di materiale iconografico di alto livello e contributo durevole e universalmente riconosciuto dalla storia nazionale. Possibile che non ci sia mai stata una donna che si sia distinta per dei parametri così “oggettivi”? La risposta è no, ma l’assenza dei dati di genere nella storiografia ha reso quasi impossibile l’idoneità di un personaggio femminile.
Le informazioni sulle donne che hanno fatto la storia sono limitate, ma non perché nel corso dei secoli le donne non si siano distinte in particolari ambiti. Anzi. Cito solo uno fra i tanti casi descritti da Perez: “L’esempio più macroscopico di questo tipo di ingiustizia è la storia di Rosalind Franklin, che grazie ai suoi esperimenti con i raggi X e alle misurazioni della cella elementare accertò che il DNA è composto da due catene più una spina dorsale zucchero-fosfato, permettendo a James Watson e Francis Crick (che vinsero il Nobel e oggi sono famosi in tutto il mondo) di ‘scoprire’ il DNA”.
Il divario di genere ha origine dal lavoro di cura non retribuito
In un’era dominata dalle fake news e dalle opinioni scambiate per competenza, Perez ha il merito di riportare al lettore che, “dati alla mano”, il mondo è dominato dal sesso maschile, di razza bianca, tra i 25 e i 30 anni, che pesa 70 chili. Un paradigma universale in base al quale vengono raccolti i dati e che plasma scelte e decisioni prese in ambiti importanti della vita, come il lavoro, la politica, la progettazione e la pianificazione urbana, che non tengono conto delle esigenze delle donne. Cioè della metà della popolazione.
La matrice del gender gap è il lavoro di cura non retribuito (ovvero occuparsi della casa e dei famigliari), svolto prevalentemente dalle donne e non conteggiato nei fondi pensionistici e nel Pil delle nazioni, che fa sì che le donne lavorino almeno il doppio rispetto agli uomini, ma senza percepire un adeguato salario.
La raccolta dei dati, disaggregati per genere, permette invece di progettare un’economia fondata sulla realtà, e non sull’immaginario maschile. Colmando il vuoto dei dati, ovvero tenendo conto del tempo, delle energie e dell’organizzazione che il lavoro di cura comporta, è possibile incrementare la partecipazione femminile al mondo del lavoro.
I governi, scrive Perez, possono investire in “infrastrutture sociali”, alleggerendo così il carico di lavoro non retribuito che grava sulle donne. Una donna sarà molto più propensa a a lavorare fuori casa se ha la possibilità di affidare i propri figli a un servizio di custodia comodo, qualificato e non troppo costoso. L’assistenza pubblica all’infanzia permette inoltre di ridurre il divario retributivo di genere. Per raccogliere i dati e le informazioni relative alla vita delle donne, per migliorarla, basterebbe chiedere in che modo impiegano il loro tempo.
Detto così sembra semplice, ma quando si tratta di di raccogliere dati sulle donne vengono accampate un mucchio di scuse. Quella che va per la maggiore è che le donne sono troppo complicate, quindi impossibili da misurare: i loro corpi sono disarmonici, sono ormonali, i loro itinerari quotidiani sono confusi e i loro piani di lavoro irregolari. Semplice è meglio e costa meno!
Perché leggere Invisibili
Perez ha condotto un lavoro di denuncia estenuante ed encomiabile. Non solo ha raccontato quanto il gender gap ha reso per molto tempo (e rende ancora oggi) invisibili le vite delle donne, provocando loro dei danni, ma lo ha anche dimostrato. Ha riportato tutte le fonti che le hanno permesso di scrivere ogni singolo capitolo del libro, ciascuno ricco di note.
Fortunatamente Perez ci lascia con una speranza: sì, le cose possono cambiare. Far uscire dall’ombra le vite e le prospettive femminili costituisce un vantaggio per l’intera umanità. Le donne che conquistano posizioni di prestigio sono più propense, a differenza degli uomini, a ricordarsi delle esistenze femminili e a dar loro più spazio. Infine, per risolvere l’“enigma” freudiano sulla femminilità, la risposta è semplice: basta chiedere alle donne.
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