I dati INAPP evidenziano un’altra lezione che l’Italia non ha imparato dal COVID-19: limitare la protezione sociale dei lavoratori rinunciando all’universalismo differenziato mette a rischio milioni di professionisti. Una strada inversa rispetto a quella di altri Paesi europei
Divario retributivo di genere, alle donne un mese di stipendio in meno
Aggiorniamo l’analisi sul gender pay gap in Italia nel 2022 con i dati raccolti dall’ISTAT ed elaborati dall’Osservatorio JobPricing: il fenomeno è ancora presente, è più accentuato nel privato, ma dà segnali di recessione
Quanto pesano le caratteristiche individuali del lavoratore sul suo livello retributivo?
L’Osservatorio JobPricing nel JP Salary Outlook 2023 fa il punto sul gender pay gap nel nostro Paese, prendendo poi in esame altri fattori nella determinazione dei salti: età e istruzione.
Gender pay gap: come se le donne in Italia percepissero un mese in meno di stipendio
ll gender pay gap permane, in Italia.
Se il settore pubblico registra una differenza nei salari pari al 4,1%, tra le più basse in Europa, quello privato ne mostra una tra le più alte (16,5%). L’Osservatorio JobPricing calcola che nel 2022 è come se le donne avessero iniziato a percepire un salario non dal 1 gennaio, ma dal 2 febbraio.
Emerge però un segnale incoraggiante: gli stipendi delle donne hanno subìto una variazione positiva maggiore di quella registrata per gli uomini, sia nell’ultimo anno che nel lungo periodo.
Nel 2022 il divario salariale si riduce a favore delle donne
“I lavoratori rimasti a casa per colpa del COVID-19 sono in larga parte quelli che avevano contratti atipici e non stabili. Questo gruppo, in cui la componente femminile è molto ampia, è rientrato oggi nel mercato del lavoro con la volontà di ottenere un trattamento adeguato rispetto alla propria professionalità”, specifica Matteo Gallina, il responsabile dell’Osservatorio JobPricing.
L’incremento maggiore dei salari femminili lo si è registrato tra le operaie donne, che hanno accettato il posto a condizione di una parità retributiva con il collega uomo. Inoltre, “le industry, i settori di mercato dove le retribuzioni sono cresciute di più sono quelle dove la componente femminile è più elevata, soprattutto alla base dell’organizzazione (tessile, Ho.Re.Ca., servizi alla persona).
Le retribuzioni per classi di età: segnale incoraggiante per gli under 35
La relazione tra età e salari è ben definita: gli stipendi crescono al crescere dell’età, ma l’incremento nel tempo si riduce.
Tra gli inquadramenti, il differenziale maggiore tra inizio e fine carriera si riscontra tra gli impiegati (36,2% per la RAL e 37,9% per la RGA), mentre la variazione minore si registra tra gli operai (11,6% per la RAL e 11,7% per la RGA). Inoltre, per i salari degli impiegati la crescita rallenta dopo i 44 anni. Per i dirigenti, invece, lo scalino più ampio è fra i 44 e i 54 anni.
Da segnalare come negli ultimi sette anni il tasso di crescita delle retribuzioni degli under 35 è stato sensibilmente migliore di quello di tutte le altre classi di età.
“I giovani oggi possiedono competenze che persone più adulte non hanno, e che sono quindi considerate merce rara sul mercato, soprattutto dopo che il COVID-19 ha imposto un’accelerazione nel senso del digitale e del cambiamento di processo. Per i giovani usciti dagli ambiti universitari è stato così più semplice farsi valere sotto il profilo retributivo”, sottolinea Matteo Gallina. A incidere c’è anche un ulteriore elemento: “L’innalzamento dei minimi contrattuali avvenuto nel 2022 ha riguardato le fasce di popolazione con retribuzioni più basse, prima di tutto i giovani, che sono la popolazione media con salari inferiori”.
Uno sguardo alle retribuzioni per livello di istruzione
Anche la relazione tra salari e livello di istruzione è ben definita: a livelli di istruzione più alti corrisponde una retribuzione maggiore.
La differenza retributiva è evidente dal conseguimento di un master di I livello o da una laurea magistrale in poi: tra la RAL media di un laureato triennale e un laureato magistrale ci sono circa 12.000 euro di differenza. Inoltre è evidente che, in media, i diplomati si collocano sulla stessa fascia retributiva dei laureati triennali.
Si conferma la natura accelerante dell’istruzione universitaria rispetto alla carriera, oltre al fatto che nel mercato il livello di competenza sembra erodere progressivamente il premio assegnato all’esperienza. Basta osservare la distribuzione dei laureati tra gli inquadramenti contrattuali: solo lo 0,5% dei non laureati è dirigente, contro il 5,7% dei laureati.
Photo credits: confartigianatomarcatrevigiana.it
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