Il lavoro povero – un ossimoro, giacché lavorare dovrebbe essere veicolo di emancipazione e autonomia – è un fenomeno grave e diffuso in tutto il settore, anche in Europa. L’Italia, fanalino di coda in UE per perdita di potere di acquisto dei salari negli ultimi vent’anni, primeggia per numero di lavoratori poveri, quasi 3,5 milioni secondo le stime, con donne e giovani in testa.
Il crollo dei salari in Italia è avvenuto nonostante la forte tradizione contrattuale, a causa della lenta erosione dei diritti generata da leggi che hanno indebolito la protezione dei lavoratori e aumentato la precarietà, che oggi affligge cinque milioni di persone. Lavoro povero, atipico e sommerso sono un problema endemico della nostra economia, da cui non è esente l’industria della moda, che anche in Italia beneficia delle condizioni di vulnerabilità riscontrabili nei Paesi dell’Est Europa o dell’Asia.
Per questo è urgente che anche in Italia si faccia una buona legge sul salario minimo, affinché nessuno sia costretto a lavorare per salari da fame. Il salario minimo dignitoso è un diritto umano previsto nel diritto pubblico internazionale e dalla nostra Costituzione, serve a rispondere ai bisogni primari dei lavoratori e delle loro famiglie, perciò non può essere una variabile dipendente dal mercato. Per questo i contratti collettivi e le leggi nazionali, ove esistenti, dovrebbero stabilire minimi e soglie giuste che non condannino chi lavora alla povertà.
La direttiva europea sui salari minimi adeguati approvata nel 2022, nonostante le lacune e le debolezze, ha il pregio di imporre ai Paesi membri una revisione delle proprie politiche salariali e una verifica dell’effettivo accesso dei lavoratori a salari minimi adeguati da aggiornare con periodicità. Una bella sfida per l’Italia, dove i salari reali sono fermi da decenni nonostante l’alto livello di copertura sindacale, ma anche per l’intero settore moda, dove come abbiamo visto, man mano che scendiamo in basso nelle filiere, aumentano le violazioni e le diseguaglianze.
Insomma, il pesce puzza dalla testa. Se nelle parti basse della filiera si sta male, è nella parte alta che si deve cambiare. Non possiamo affidarci alla speranza che le aziende lo facciano da sole, perché non accadrà. Ci vogliono leggi chiare ed efficaci, sanzioni deterrenti e una vera presa di responsabilità collettiva.
L’articolo è a cura di Deborah Lucchetti e Priscilla Robledo.
In copertina e nel pezzo: La campagna Pay Your Workers, sostenuta da 260 organizzazioni in tutto il mondo, è scesa in piazza in una settimana di mobilitazione globale, dal 24 al 30 ottobre 2022, per chiedere ad Adidas di rispettare i diritti dei lavoratori nella sua catena di fornitura. Foto@CCC