Il giurista Sabino Cassese, intervistato da SenzaFiltro, spiega il rapporto tra Pubblica Amministrazione, burocrazia e politica.
Omicidio sul lavoro, la proposta di legge: “Pene più aspre, oggi i datori non rischiano nulla”
L’attuale normativa trascura le responsabilità datoriali, ma è in arrivo una proposta di legge popolare che inasprisce le sanzioni e rafforza l’effetto deterrente. L’analisi di Fabio Galati di USB: “I responsabili della morte di Luana D’Orazio non sconteranno neanche un giorno di galera”
Sono stati 1.208 i lavoratori che nel 2022 sono morti sul lavoro, circa cento al mese, tre al giorno. Una vera e propria strage silenziosa, a cui i media e la politica non hanno dato il giusto risalto. Nonostante la diminuzione del 15,2% rispetto all’anno precedente, per via del forte calo dei morti legati al COVID-19 – passati da 230 a 8 casi – il numero rimane preoccupante.
Crescono, invece, gli infortuni sul lavoro: quelli denunciati sono stati 703.432, (+24,6% in un anno), sui quali incide l’impatto dei contagi da COVID-19 sul lavoro. Se escludiamo i dati legati alla pandemia, le denunce di infortunio “tradizionale” registrano comunque un incremento di oltre il 13% rispetto al 2021.
Questi alcuni dei principali risultati contenuti nel rapporto annuale dell’INAIL. Se poi allarghiamo lo sguardo agli ultimi vent’anni, scopriamo che sono oltre 20.000 i morti sul lavoro “ufficiali” (il numero effettivo, come testimonia l’osservatorio indipendente di Carlo Soricelli, è ben più alto). Migliaia di morti che, in molti casi, si sarebbero potute evitare, se fossero state rispettate le misure di sicurezza e la tutela della salute dei lavoratori e delle lavoratrici.
Le motivazioni per l’introduzione del reato di omicidio e lesioni gravi o gravissime sul lavoro
Per questo motivo, a maggio 2022 si è costituito un comitato che ha presentato una legge di iniziativa popolare per l’istituzione del reato di omicidio e lesioni gravi o gravissime sul lavoro.
Un’iniziativa sostenuta da diverse realtà associative e politiche – Rete Iside ONLUS, USB (Unione Sindacale di Base), ManifestA, Potere al Popolo – che nel corso di questi mesi ha raccolto grande partecipazione e consenso tra i lavoratori e nell’opinione pubblica.
“La mobilitazione nazionale è partita ufficialmente dal 4 settembre”, spiega Fabio Galati, membro dell’esecutivo confederale di USB. “La proposta nasce dal lavoro fatto da noi di USB e da Rete Iside, associazione che da anni si occupa di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. In questi anni abbiamo capito che la legge 81 del 2008, che regola tutti gli interventi sulla salute e la sicurezza sul lavoro, ha dei limiti. Dal punto di vista teorico è una buona legge, ma nell’applicazione è manchevole sotto diversi aspetti, in particolare nell’attribuire responsabilità precise al datore di lavoro”.
La proposta di legge di iniziativa popolare intende introdurre nel nostro ordinamento il reato di omicidio sul lavoro, sulla falsariga di quello di omicidio stradale, realizzato attraverso l’introduzione dell’articolo 589 bis del Codice penale. L’obiettivo è strutturare un sistema di sanzioni e di pene che determinino un potere di deterrenza efficace nei confronti di chi, con l’obbiettivo di ridurre i costi e aumentare il profitto, violi gli obblighi di legge e provochi con il suo comportamento infortuni mortali e lesioni gravi per lavoratrici e lavoratori.
L’attuale assetto normativo prevede, infatti, all’art. 589 comma 2 del Codice penale, il reato di omicidio colposo aggravato, con pene dai due ai sette anni di reclusione, qualora l’evento mortale avvenga in conseguenza di violazioni delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro: quelle ad oggi stabilite dal Decreto legislativo 81/2008. “La genericità degli obblighi e le entità delle pene previste rendono, de facto, poco efficace il potere di deterrenza nei confronti dei responsabili”, si legge sul sito ufficiale della campagna.
La mancanza di sicurezza non fa paura: "Oggi il datore di lavoro non rischia nulla"
“La richiesta di introduzione del reato di omicidio sul lavoro è un modo per accendere i riflettori su questo problema”, spiega Galati. “Laddove il comportamento del datore di lavoro mette davvero a rischio la vita del lavoratore per i profitti, è necessario che ci sia una nuova fattispecie di reato. In Italia, infatti, è ancora diffusa una cultura che vede nella salute e nella sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici un costo da ridurre per aumentare i profitti. Lo scopo delle sanzioni previste dalla legge è quindi di avere un effetto deterrente, perché oggi se il datore di lavoro mette a rischio la vita dei lavoratori non rischia nulla”.
Clamorosa, in questo senso, è la vicenda di Luana d’Orazio, l’operaia toscana ventiduenne morta in fabbrica il 3 maggio del 2021 a Montemurlo, dopo essere stata risucchiata e stritolata da un macchinario che, secondo le indagini, fu manomesso per velocizzare le operazioni di lavoro e fare quindi maggiori profitti. Per questo fatto, i due titolari dell’azienda hanno patteggiato la pena e sono stati condannati rispettivamente a due anni e a un anno e sei mesi. Una sentenza che la madre di Luana ha definito ingiusta e che non ha mai accettato. “È stato un atto voluto”, dice Galati. “I titolari hanno modificato volutamente l’orditoio per ottenere ricavi maggiori dell’8% e per questo non sconteranno neanche un giorno in galera”.
Non solo mancanza di controlli e la sottovalutazione dei rischi sul lavoro. Per Galati di USB a questi fattori si devono sommare “i tagli alla spesa pubblica, che hanno ridotto all’osso gli enti che dovrebbero effettuare controlli. È stato calcolato, ad esempio, che le aziende della provincia di Roma rischiano un’ispezione ogni ventidue anni. Troppo poche. Il nostro è un Paese di piccole e piccolissime imprese: questo fa sì che il lavoratore operi spesso a stretto contatto con il proprio datore di lavoro, vivendo in un condizione psicologica complicata. In questo modo è difficile rifiutare lavori pericolosi e contestare le procedure: se non c’è un soggetto terzo, ovvero lo Stato, che interviene, il mondo del lavoro rischia di diventare una giungla. Non a caso, l’Italia registra migliaia di morti sul lavoro ogni anno. Numeri indegni per un Paese civile”.
Che cosa contiene la proposta di legge (e in che cosa è diversa dalle precedenti)
In realtà, non è la prima volta che si parla del reato di omicidio sul lavoro in Italia. Già nel corso della XVII e XVIII legislatura sono stati presentati al Senato della Repubblica due disegni di legge molto simili (il primo DDL a firma dei senatori Barozzino e Casson, il secondo a firma della senatrice Valeria Valente), assegnati alla II Commissione Giustizia, il cui iter di discussione non è però mai iniziato, e che prevedevano, anche questi, l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro e del reato di lesioni personali sul lavoro gravi o gravissime.
“Ci sono diverse proposte di legge, bipartisan, che vanno in questa direzione”, commenta Galati. “Ognuna parte da un punto di vista diverso e va in direzioni divergenti. Noi abbiamo deciso di presentare la nostra e di non sostenere quelle già presentate perché le riteniamo insufficienti. Quando finirà la campagna di raccolta firme, chiederemo un incontro alla Commissione Giustizia del Senato e chiederemo se ci sarà una volontà di appoggio della nostra proposta da parte dei vari partiti”.
I due DDL già presentati in Senato introducono nuovi articoli nel Codice penale aventi per oggetto, rispettivamente, il reato di omicidio sul lavoro (589-quater, 589-quinquies) e quello di lesioni personali sul lavoro gravi o gravissime (590-septies e 590-octies).
In entrambi si conferma l’entità della pena già definita nell’art 589 c.p. in vigore, e si prevede un aumento da otto a dodici anni di reclusione in caso di morte del lavoratore, e da tre a sette anni per lesioni gravi o gravissime, qualora risulti che il datore di lavoro non abbia adempiuto ai due obblighi base previsti dal D. Lgs. 81/08 per la tutela della salute e la sicurezza: la valutazione dei rischi e la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (RSPP); agli obblighi per la prevenzione e protezione dai rischi da agenti fisici, sostanze pericolose, agenti biologici, incendio, previsti da capitoli specifici del D. Lgs 81/08; e/o per mancata consegna ai lavoratori di attrezzature di lavoro e DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) a norma.
La nuova proposta di legge intende invece rafforzare ulteriormente il sistema di “obblighi-sanzioni-pene”, sia per il reato di omicidio che per le lesioni gravi. In più si propone, oltre a un aumento rilevante delle pene, di risolvere le criticità rispetto alla violazione dei cosiddetti obblighi di base del D. Lgs. 81/08, in particolare rispetto alle caratteristiche della Valutazione dei Rischi e del relativo Documento (DVR). I sostenitori della legge di iniziativa popolare ritengono infatti insufficiente introdurre la previsione di un aumento di pena – in caso di morte o lesioni gravi del lavoratore – solo nel caso in cui il datore di lavoro non abbia predisposto il DVR, mero assolvimento di un obbligo burocratico.
A che punto si trova la campagna: “Lavoratori entusiasti di firmare”
Le firme raccolte dal comitato vanno consegnate entro sei mesi dal momento della certificazione della prima firma raccolta: “A fine gennaio terminerà la raccolta firme e a metà febbraio pensiamo di consegnare in Senato la proposta”, dice Galati. Il numero minimo di firme utili si attesta a 50.000.
“Ad oggi abbiamo solo dati parziali sulla raccolta firme, che non possiamo condividere”, spiega Galati, “ma la campagna sta andando molto bene: sono ottimista e credo che raggiungeremo senza problemi il numero minimo di firme. Organizziamo banchetti in tutte le province d’Italia, dove è sempre presente qualche volontario del comitato promotore, in modo tale da dare a tutti la possibilità di firmare”.
“Il riscontro – conclude – è stato sorprendente: quando ci presentiamo dai lavoratori, sono tutti entusiasti di firmare e convinti che il Paese debba fare di più per proteggere e tutelare meglio la loro salute e sicurezza. Già solo per questo consideriamo la nostra campagna un successo.”
Photo credits: lanazione.it
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