Se gli europarlamentari si portano a casa ogni mese uno stipendio considerevole, c’è da dire che nel corso degli anni sono diventati sempre meno rappresentativi della popolazione italiana.
I numeri relativi all’affluenza alle urne in occasione delle precedenti elezioni, in Italia, parlano di un costante calo: nel 2019 l’affluenza è stata del 54,50% degli aventi diritto al voto, rispetto al 57,22% del 2014 e al 66,47% del 2009. Nel 2019 il nostro Paese si è comunque collocato poco sopra la media europea, che è stata del 50,66%, ma in una posizione “medio-bassa” rispetto alle percentuali degli altri Paesi; basti pensare a percentuali come quelle di Belgio o Lussemburgo, che superano l’80%.
Scende, quindi, sempre più la fiducia nelle istituzioni europee. Secondo il rapporto CENSIS Lo stato dell’Unione, diffuso di recente, circa il 49% tra gli italiani dichiara di avere fiducia nel Parlamento europeo, e il 46% nella Commissione europea, un dato in linea con la media dei Paesi UE e i numeri, ad esempio, della Germania, ma molto distante dal 72% di Svezia e Danimarca.
Per il CENSIS “la ridotta partecipazione elettorale e la scarsa fiducia nelle istituzioni europee si legano al lungo ciclo del declassamento storico e sociale che ha investito l’Europa a partire dal 2008, che interessa direttamente un terzo dei cittadini europei e si manifesta nella bruciante percezione di aver perso posizioni sul terreno del proprio benessere, delle proprie disponibilità economiche e del tenore di vita”.
I cittadini italiani, ma anche buona parte di quelli dei Paesi UE, non vedono l’Unione europea come un’istituzione di cui fidarsi, anche alla luce delle recenti inchieste che hanno visto coinvolti diversi europarlamentari – vedi Qatargate. Il tutto nonostante da Strasburgo si stia lavorando sempre più per rafforzare la trasparenza relativa all’operato delle istituzioni: il riferimento è in particolare alle regole anticorruzione per gli europarlamentari, che riguardano soprattutto ambiti come lobbying, conflitto d’interessi e regole di fine mandato; disposizioni che però, al momento, sono state giudicate non del tutto efficaci e convincenti.
Il quadro europeo fa però il paio con la situazione nostrana, per cui si può parlare di una disaffezione generale degli italiani verso la politica. Lo dimostra anche il dato relativo alle ultime elezioni politiche: nel 2022 si è infatti registrata una delle percentuali più basse di affluenza nella storia della Repubblica, pari al 63% degli aventi diritto, con un crollo di ben nove punti percentuali rispetto al 72% del 2018.
Il risultato è, come spesso accade, un paradosso: in un mondo che si fida sempre meno della politica, continuiamo a pagare profumatamente chi ci dovrebbe rappresentare, ma è percepito sempre più distante da noi e dai nostri interessi.
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