Il foliage del turismo marchigiano

Il profilo del Monte San Vicino è facilmente distinguibile dagli altri. Avete mai disegnato una montagna da bambini? Un triangolo netto che si stacca leggermente dalla linea delle altre alture, con la cima appena abbozzata a farlo diventare un tronco di cono. Per me che sono del Piceno è una linea insolita, rispetto alle lunghe […]

Il profilo del Monte San Vicino è facilmente distinguibile dagli altri. Avete mai disegnato una montagna da bambini? Un triangolo netto che si stacca leggermente dalla linea delle altre alture, con la cima appena abbozzata a farlo diventare un tronco di cono. Per me che sono del Piceno è una linea insolita, rispetto alle lunghe creste che collegano i monti Sibillini, mentre nel panorama del nord delle Marche è il segnaposto che dice in che direzione si trovano Fabriano, Matelica e San Severino Marche.

Sospesa sulle vallate dei bianchi (il bianco della carta e degli elettrodomestici di Fabriano e il paglierino del Verdicchio di Matelica) la Riserva Naturale del Monte San Vicino e Canfaito ospita una maestosa faggeta di cui, immagino, non avevate mai sentito parlare. Fino a qualche anno fa luoghi come Canfaito e il vicino borgo di Elcito erano sconosciuti anche alla maggioranza dei marchigiani, posti da scampagnata o da fuga per studenti delle superiori, ma quest’anno qualcosa è cambiato.

Approfittando dell’estate di San Martino centinaia di persone si sono accalcate tra gli alberi, entrando con le auto nella faggeta avendo trovato i parcheggi pieni. La Riserva Naturale e il Comune di San Severino hanno reagito, elevando multe, diffondendo informazioni sulle aree preposte ai parcheggi e cercando la collaborazione degli escursionisti.

Perché tutti a Canfaito? Per scattare fotografie nel periodo del foliage, quando i boschi diventano rossi prima che le foglie cadano. Lo stesso fenomeno di overtourism si era verificato pochi mesi prima sui campi di lenticchia di Castelluccio di Norcia, al confine tra Marche e Umbria.

Anche altre piccole località dell’Appennino umbro-marchigiano nell’ultimo anno sono state raggiunte da persone desiderose di fare in prima persona quello stesso scatto che avevano visto già condiviso su Instagram o Facebook.

 

Il turismo è il petrolio delle marche?

Le Marche non sono la regione più turistica d’Italia, eppure da una decina di anni fanno parlare di sé gli addetti ai lavori per le scelte fatte nella comunicazione, a volte portata come esempio, altre no.

Gabicce, Fano, Senigallia, la Riviera del Conero, San Benedetto del Tronto e la sua Riviera delle Palme costituiscono i centri più tradizionali del turismo balneare, il principale segmento dell’offerta e soprattutto della domanda.

Di fronte alla crisi dei distretti industriali iniziata dopo il 2000, inizialmente nel Piceno, poi del calzaturiero nel fermano-maceratese e infine della filiera del bianco tra anconetano e pesarese, il turismo è sembrato una ipotesi di riconversione possibile, cui indirizzare almeno una parte dei lavoratori. Si trattava di passare dal metalmezzadro all’hotelier-mezzadro, puntando sullo stesso spirito del “piccolo è bello” che aveva fatto la fortuna economica della regione in passato.

Nello stesso periodo il turismo balneare mostrava qualche difficoltà a reggere la competizione con altre destinazioni e i prodotti tipici, il borgo selvaggio (ma tra i più belli d’Italia) e il paesaggio, sono diventati l’oggetto principale della narrazione turistica marchigiana, associando a essa la produzione enogastronomica.

La promozione turistica e quella dei prodotti alimentari, da parte della Regione Marche, sono andate di pari passo per diverso tempo, pur dipendendo formalmente da due assessorati diversi. La promozione dell’accoppiata vino-turismo è stata portata avanti in particolare attraverso le fiere e attraverso la radio, con una costante sponsorizzazione sui canali e nei programmi di Radio RAI, a cominciare da Decanter e Caterpillar, il cui raduno si svolge da anni a Senigallia.

Negli anni lo slogan più rilanciato dalla promozione turistica è stato “Le Marche, l’Italia in una regione”, con la sottolineatura di essere “una regione al plurale”. Questi spunti si trovano entrambi in Viaggio in Italia di Guido Piovene pubblicato nel 1957, quando l’industrializzazione era tutta da venire:

“Ogni marchigiano colto usa mettere in guardia contro la tentazione di vedere le Marche come un tutto uniforme. Le Marche sono un plurale. […] Se si volesse stabilire qual è il paesaggio italiano più tipico, bisognerebbe indicare le Marche, specie nel Maceratese e ai suoi confini. L’Italia, nel suo insieme, è una specie di prisma, nel quale sembrano riflettersi tutti i paesaggi della Terra, facendo atto di presenza in proporzioni moderate e armonizzandosi l’un l’altro. L’Italia con i suoi paesaggi, è un distillato del mondo; le Marche dell’Italia.”

Questo è il passaggio fondamentale del testo, che trovate ripreso in forma più o meno estesa su molti siti di strutture ricettive, operatori turistici, enti di promozione di vario genere. Si potrebbe dire che i marchigiani hanno aderito alla descrizione che ne fa Piovene, il quale poi si sofferma sulla laboriosità e sul riserbo, stabilendo una serie di confronti con le regioni limitrofe, Toscana e Umbria su tutte. Per molti versi siamo ancora lì, secondo una dinamica per cui le Marche sarebbero una seconda Toscana (ma se seconda, perché non preferire l’originale?).

 

Passaggio di testimonial

Nel 2009 la Regione Marche affidò al regista Giampiero Solari (già direttore artistico del Teatro Stabile delle Marche, Assessore Regionale alla Cultura e regista di spettacoli televisivi) la realizzazione di uno spot promozionale con un budget importante che vedeva la partecipazione di un testimonial d’eccezione. Fino a quel momento le Marche si erano affidate per lo più ai figli illustri Raffaello, Leopardi, Rossini o a sportivi contemporanei come Valentino Rossi, Roberto Mancini, Giovanna Trillini.

Per fare un salto di qualità nella comunicazione lo spot doveva raccontare il paesaggio marchigiano, marginalizzando il prodotto balneare, affidando la recitazione dell’Infinito di Giacomo Leopardi a Dustin Hoffman.

Il risultato fu questo:

 

Lo spot raccolse da subito parecchie contestazioni da parte degli addetti ai lavori, sia per lo stile che per le cifre dell’investimento pubblicitario. Quindi l’anno successivo si volò a Los Angeles per far fotografare Dustin Hoffman con i prodotti marchigiani da Bryan Adams.

Nello stesso anno, per l’Expo 2010 di Shangai vengono chiamate a presentare le Marche le Winx, fatine a cartoni animati ideate e prodotte a Loreto dalla Rainbow.

 

Una strada tra i canali social

Il 2012 è l’anno in cui la strategia viene totalmente modificata. Sull’onda delle scelte di Toscana ed Emilia Romagna, tra le prime ad avviare e costruire un modello di gestione dei social media, anche le Marche intraprendono questo percorso. Per avviare un progetto di social media management nell’ambito della Pubblica Amministrazione, in un momento in cui non è possibile fare assunzioni, si sceglie di affidare la gestione dei canali social alla Fondazione Marche Cinema, che si occupava già della promozione turistica attraverso i film. Il social media team ottiene da subito risultati significativi su Twitter, come rilevato da Vincos, fino a ottenere negli ultimi anni riconoscimenti in diversi eventi di settore e da parte di diversi osservatori.

Una delle intuizioni del social media team è stata quella di lavorare molto sulle fotografie e sulle community di appassionati. Le Marche sono state una delle prime regioni italiane in cui hanno preso consistenza e visibilità gli Instagramers, che hanno messo in luce la voglia di aggregazione intorno al tema della fotografia. Sono nati così i photowalk, un calendario di visite guidate a località marchigiane aperto agli appassionati di fotografia e ai quali collabora l’altra community degli Yallers.

 

La riorganizzazione del sistema di promozione turistica

Dal 2014 si è deciso di sostituire ai Sistemi Turistici Locali definiti geograficamente una organizzazione per cluster di prodotto, intorno a sette tematiche:

  • Marche in blu, che punta al turismo balneare, forte delle certificazioni delle bandiere blu che ne fanno la quarta regione in Italia;
  • The Genius of Marche, che si concentra sulla cultura, sulle opere presenti in regione e sul sistema degli spettacoli;
  • Dolci colline, antichi borghi, che punta a valorizzare i centri più piccoli, anche grazie ai riconoscimenti dei Borghi più belli d’Italia e delle bandiere arancioni;
  • Parchi e natura attiva, per quello che riguarda soprattutto le aree dell’Appennino;
  • Made in Marche, che punta sulle produzioni industriali e artigianali, come nel caso del calzaturiero;
  • Spiritualità e meditazione, che trova il suo centro principale intorno al santuario della Basilica di Loreto;
  • Wedding, per agganciare la tendenza dei matrimoni di stranieri in Italia.

 

Riprendere un discorso spezzato

Dopo la sequenza di terremoti del 2016-2017 gli effetti sul turismo marchigiano sono stati particolarmente significativi, e si sono moltiplicate le iniziative che tra slancio di solidarietà e pianificazione hanno cercato di sostenere il settore. In effetti si tratta di un’operazione particolarmente complessa, perché i media hanno individuato Amatrice per il Lazio e Norcia, per l’Umbria come centri, mentre la narrazione del dopo-terremoto nelle Marche non ha avuto un punto unico su cui concentrare l’attenzione, con l’effetto opposto di scaricare su un’area molto più ampia di quanto non fosse stata coinvolta gli effetti negativi delle paure.

In questo contesto si inserisce RisorgiMarche, l’iniziativa promossa da Neri Marcoré, di Porto Sant’Elpidio, che ha portato in due anni decine di concerti in alcuni dei luoghi più suggestivi dell’Appennino, con un’organizzazione particolarmente attenta agli aspetti ambientali, ma che è stata fortemente criticata da alcune associazioni per il suo appuntamento clou, un concerto di Jovanotti a cui hanno assistito circa 70.000 persone.

 

Turismo marchigiano, gita o vacanza?

In comune tra le persone che hanno riempito i boschi di Canfaito, gli utenti più attivi sui social e i partecipanti a RisorgiMarche c’è la provenienza dal territorio. Finora l’effetto principale di queste azioni è stato quello di attivare il turismo interno alla regione, portando i marchigiani a scoprire il proprio territorio, arrivando in località di cui prima non aveva neppure sentito parlare perché si trovano oltre due crinali di collina (se non vivete in una regione con le valli a pettine, probabilmente non sapete di cosa sto parlando). Con oscillazioni più o meno positive, legate magari alla stagionalità o agli eventi già ricordati, l’afflusso di turisti nelle Marche è in leggera crescita costante e concentrato sul turismo balneare, in cui continua la competizione tra Senigallia e San Benedetto del Tronto per la leadership regionale, ma che le vede fortemente distanziate rispetto a molte località dell’Adriatico.

Nonostante gli investimenti in comunicazione, infatti, il numero di posti letto è rimasto sostanzialmente invariato sulla costa ed è aumentato nell’entroterra, secondo quel principio di frammentazione tipico delle piccole imprese marchigiane. Il turismo balneare offre un prodotto troppo maturo; quello dell’entroterra è ancora in una fase di sviluppo in cui mancano, probabilmente, modelli di riferimento locali sui quali costruire un’identità di prodotto più forte.

 

 

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