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Il potere eccita chi non ce l’ha
Nonostante si parli sempre più spesso del necessario equilibrio tra lavoro e vita privata, passiamo ancora la maggior parte del nostro tempo lavorando e per questo frequentiamo con più assiduità i nostri colleghi e colleghe che non la nostra famiglia, i nostri figli o le nostri madri e fidanzate. Se a questo aggiungiamo che al […]
Nonostante si parli sempre più spesso del necessario equilibrio tra lavoro e vita privata, passiamo ancora la maggior parte del nostro tempo lavorando e per questo frequentiamo con più assiduità i nostri colleghi e colleghe che non la nostra famiglia, i nostri figli o le nostri madri e fidanzate.
Se a questo aggiungiamo che al cuor (e non solo) non si comanda è naturale che le probabilità che nascano improvvise passioni tra colleghi, capi e collaboratori sono alte.
Ma esiste ancora la convinzione che il potere – oltre a logorare chi non ce l’ha – sia anche uno dei più potenti afrodisiaci? Sembra proprio di sì, secondo numerosi studi nonché illustri pareri, in primis quello di Henry Kissinger il quale più di qualche decennio fa affermava che il potere è il supremo afrodisiaco.
Potere, che definizione hai?
Mentre è più semplice definire l’afrodisiaco (dal nome della dea greca Afrodite) come una qualsiasi sostanza atta ad esaltare la libido e migliorare le prestazioni sessuali, ben più difficile è trovare una definizione esaustiva di potere che ne rifletta e descriva tutte le sfaccettature e implicazioni.
È forse la ricchezza materiale, il successo oppure la fama? E chi è l’uomo di successo? E’ chiunque occupi una posizione di potere oppure un vero leader naturale? Io propendo sempre per la seconda ipotesi. Il vero leader ha cieca fiducia nelle proprie capacità ma non è mai arrogante, si circonda di persone capaci senza temerne il confronto e le aiuta nella crescita, esaltandone i pregi.
Una delle più belle definizioni di potere che ho letto recentemente e che mi ha colpito per sintesi ed efficacia è quella di Francesco Ferzini, professione coach, secondo il quale il vero potere consiste nella capacità di essere fedeli alla propria immagine del cuore.
Amo il Capo (uomo o donna che sia)
Mi accorgo che usando il maschile per indicare la persona che comanda in un’azienda devo aver pensato automaticamente ad un capo uomo anche se oggi spesso accade che le posizioni siano invertite.
Da sempre le aziende hanno osteggiato, più o meno velatamente, le relazioni tra colleghi ma soprattutto quelle tra capi e collaboratori. Le motivazioni sono sempre le medesime: rischio di perdita di autorevolezza nei confronti degli altri dipendenti o collaboratori e per la partner il rischio di vedere attribuire alla sua posizione privilegiata eventuali progressi di carriera che probabilmente avrebbe ottenuto comunque per i suoi soli meriti.
Ma le posizioni dell’azienda non sono mai riuscite ad impedire che la passione si accenda.
Diverse però sono le motivazioni alla base di una relazione tra capo e collaboratore: quando il capo è una donna è facile che il collaboratore veda in questo rapporto una sorta di rivalsa, un ridimensionamento dei ruoli che secondo le più antiche tradizioni, vedono l’uomo prevalere sulla donna. Quando invece si tratta di flirtare con un capo uomo, è indubbio che il potere possa costituire un potente afrodisiaco ma nella stragrande maggioranza dei casi si tratterebbe solo di un ingrediente aggiuntivo che come tale non riuscirebbe mai da solo ad accendere la passione.
Resta il fatto che, dai risultati di vari inchieste e sondaggi in giro per l’Europa, il sesso con il capo o il collega è considerato dalle donne tra il più eccitante per definizione.
Il risultato non ci sorprende più di tanto in quanto a tutti è noto lo stretto legame esistente tra sesso e potere: la sveltina con il boss è ancora in cima alle fantasie erotiche di molte giovani donne.
Eccitati dall’intelligenza
Recentemente un interessante articolo apparso sul Corriere della Sera trattava il tema dell’attrazione sessuale da un punto di vista totalmente nuovo e originale, ovvero l’attrazione fisica per l’intelligenza.
Il fenomeno è nato nel 1998 quando un tale Darren Stalder di Washington utilizzò per primo il termine sapio sexual per definire le persone che provavano forte eccitazione sessuale non per corpi scultorei e sguardi seducenti ma per idee geniali, o per sintonia intellettuale.
Il sapio sexual infatti è colto, conosce il valore del silenzio e non lo teme, predilige tutto ciò che non è patrimonio della massa, ha un linguaggio forbito che sfiora l’aulico e non segue le mode.
L’affinità intellettiva non escluderebbe emozioni e fisicità anche se alla mente è attribuito il ruolo fondamentale dell’attrazione.
In conclusione la seduzione sta nel ruolo o nella persona? Potremmo dire in tutte e due e che molto dipende sia dal ruolo che dalla persona e che la somma di entrambe ha potenzialità attrattive devastanti. Ma, purtroppo per le colleghe, nel 99% dei casi capi così si vedono solo nei film.
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